La boscaglia ti attende indifesa,
innocente, inviolata, profumata,
svela una ragnatela di impotente
lacerante silenzio,
mentre tu sbuffante incedi,
con la tua grassa, compiaciuta risata;
si srotola codardo il compiersi
del sanguinolento rituale,
con cui vuoi fotografarti vero uomo,
e finisci per rivelarti bestiale;
di un uccello cui spezzato hai
l'irripetibile, sublime canto,
quel tuo vuoto che si staglia dentro l'anima,
mena il suo sogghignante vanto;
non senti la tua carta d'identità,
scalpitare di vergogna e ribrezzo,
mentre un battito d'ali
si sta sfracellando,
su una cartuccia traditrice
che muore sul suolo sibilando,
tetra, ignara attrice d'una missione,
di un frammento di natura,
fosse anche la più piccola estensione?
Sentirai un cielo che non ti abbandona,
che ti annienta col suo soffocante canto,
perchè ha caricato su di sè la voce del fagiano,
di cui spezzasti per sempre l'incanto?
Ma son gli uccelli che ci insegnano a volare,
che ci addestrano i pensieri a sognare,
aeroplani divini che custodiscono un volare,
che qualche uomo non si è mai allenato ad amare.
E io scoiattolo che ho per casa la radura,
correrò veloce più della mia paura,
e stanne certo mi saprò beffare,
della tua codarda precisione nello sparare,
potrai metter mille tagliole per il mondo,
ma il tuo occhio che odora ormai
di rivoltante polvere da sparo,
mai potrà scorgere dove davvero mi nascondo.
Solo ti auguro che tra i trofei di morte,
che fiero appendesti alla parete,
germogliare sappia il seme del tuo rimorso,
che chiederai a te rinato di ascoltare la natura,
di cui come acqua pura berrai ogni sorso,
senza pretendere di ridurlo a tuo comando,
senza alterare il corso degli eventi,
ma con lo sguardo proiettato più lontano,
dove gli alberi si sanno prendere per mano,
e gli usignuoli intrecciano corolle di melodie,
che risplenderanno nel sole,
con la forza carezzevole di poesie.