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Nello scrigno di Giuseppe Mazzini
Rifulge come un dardo di miele
tra i polmoni immacolati
di un vivido firmamento
questo afflato di anime intarsiate
che ha nome Risorgimento
che ha per madre la libertà,
e per padre la carezza
dell'umana dignità;
Italia,
una sei nella vocazione e nel cuore,
una sei
nel dono che possiedi
di saper rinascere da ogni tuo dolore,
e come conchiglia di marzapane
offri ristoro agli echi effervescenti
di una storia lontana
che condurre intendi fiera
in una maestosa forma repubblicana.
Grazie,
mia Genova superba e marinara
che cantasti il tuo indomito navigare
con la voce di una timida lanterna
che con la sua luce da sempre gioca
a rincorrersi con la pelle del mare;
mi fosti grembo
ti pensai città
ti scoprii patria,
che mi chiamava a lottare
per affermare il dolce primato
di una patria assai più grande;
quanto profuma di te,
mai forse lo saprai
il fiato coraggioso e amorevole
di questa Giovine Italia,
sogno pazientemente cesellato
tra un articolo di giornale
e il mio portamento altero di avvocato;
più mi arrestavate,
egregi censori delle mie aspirazioni,
e più i miei sogni di libertà
spiccavano il volo
come dispettosi e indomabili aquiloni;
la patria, mai lo sapeste o saprete,
non è un'ignobile puttana,
che si lasci maneggiare
da qualunque fetida impronta
di dita opportuniste,
"la patria è la casa dell'uomo,
non dello schiavo";
non vi è democrazia che non passi
dal lento, lacerante comporsi
di una graffiante sofferenza,
ma non vi è succo più grande da assaporare
che essa, quando sorge,
è figlia anche della nostra esistenza;
ragazzo che dalla tua finestra piovosa,
guardi negli occhi il futuro
e lo interroghi sul senso di ogni cosa,
avvinciti al carro alato
della tua scintillante generazione,
e comanda al tuo cuore
di pregare la tua libertà
come fosse una religione;
"il corpo a Genova,
il nome ai secoli,
l'anima all'umanità".
come
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