Un sorriso timido ma aperto
in un viso magro e biondo a ricci
due occhi trasparenti
sofferti ma non dolenti
un marito operaio, due figli piccoli
e un diploma di maestra elementare
e sei qui a pulir la casa mia
e le nostre scale
scontando un debito atavico
e un disprezzo idiota
ed autosqualificante.
E come te ce ne son tante.
Una era (ed anche allora
i suoi datori di lavoro,
come noi con te,
la chiamavano signora)
appena una generazione fa
la mamma mia.
Lavorava, come te, in casa d'altri
anche se non era diplomata
e non aveva dovuto andarsene via
e quando guardo te,
anche se più giovane di me,
io vedo lei.
Per questo ogni volta che passo
sotto il cavalcavia
che porta a montichiari
(e lo scriverò in minuscolo
finchè la scritta "rumene..."
non verrà tirata via)
io mi sento male
come se, attraverso te,
insultassero mia madre.
Ma un giorno tornerai al tuo paese
per fare finalmente
la casa tua e il tuo mestiere:
quel giorno, se vorrai, verremo
come amici a visitarti
come non possiamo adesso
anche se già vorremmo
e tu lo sai, ma anche sai
come sappiamo noi
che non può essere lo stesso.
Quel giorno ti chiederò scusa
anche se non vorrai
ma certo capirai il perchè
e ti commuoverai.