Scorre il veliero mio lungo il tracciato
che il destino immutabile ha segnato
ed io resto al timone a decretare
una rotta che mai potrò cambiare.
Ruoto le vele, cambio direzione,
e credo d'esser dell'andar padrone,
ma assecondarmi proprio non lo sento,
obbedisce alle onde, ai flutti, al vento.
Lascia una striscia lungo la sua via
ed è uno squarcio di malinconia,
il ponte è carezzato dalla brezza
ch'è solo un soffio antico di tristezza.
I fianchi son battuti dalle onde
quasi ad aprir ferite già profonde,
ed una d'esse d'altre più possente
sembra un grido d'angoscia prepotente.
Il mio veliero segue la sua via
verso un'isola lunge, la Follia,
e passa in mezzo al mare in confusione
sfiorando il golfo di Disperazione.
Vai, mio veliero, dunque dove vuoi,
tu sei padrone, schiavi siamo noi,
credevo comandarti e poi m'accorsi
ch'eran di già decisi i tuoi percorsi.
E dunque nulla d'altro ormai mi resta
che vagare con te nella tempesta
fino a poterci insieme noi acquietare
nella calma auspicata, in fondo al mare.