Mute serate d'abbandono,
ricordando i bagni di gioia.
Tremori tra coperte lise,
è il tempo dei sogni offesi.
Il più bel dono del Creato,
il tuo sorriso, è svanito.
E stupido, oh, stupido io,
che il calco non ne presi.
Spenti l'ingegno, il fiuto,
siedo con la penna inerte.
M'attende il Nulla sovrano,
ghignante, a braccia conserte.
Allora, da non so dove,
un fiato ravviva la fiamma;
"Se lacrime t'avanzano" mi dice
"incidi l'epitaffio del tuo dramma".