Non è compito di chi soffre
quello di dar giudizi
né di appellarsi
ad una benefica
rabbia
ma
di guardare all'autunno
che viene nella primavera
mèmore di un passaggio
repentino alla tirannia...
Un cervello oligarca che disprezza
gli infiniti scampoli della sopravvivenza
con i suoi corollari di parole che fanno
poesia
non vuole amici trovati
nei se di una vita quasi
adulta
nei desideri degli altri
pagati sempre a caro prezzo.
Un cervello oligarca
non si preoccupa
di una chiusura
non riuscita
che ha disperso
emozioni
nere senza ritmo
o suoni.
Non questo l'aiuta
ma il rumore improvviso
della paura
in un bosco distante
che sembra quasi amore
non ascoltato
e che si appoggia
ad un silenzio non voluto.