Il volto austero eppur dolcissimo,
del campanile che urlò più forte di mille secoli,
in una ragnatela di macerie giace,
svergognato
dal vigliacco frammento di un istante,
in cui la terra scelse
di rinnegarsi terra,
di protrarsi alla seduzione ingovernabile,
di un tremore assassino.
Che mai sopravviverà di te,
laboriosa, fiera attività produttiva,
che salì con me sul cavallo dei giorni,
per farsi felicità
di chi potesse godere
dei frutti prelibati
del suo instancabile procedere?
Resta il mio respiro affannoso e incenerito,
il sentiero maledetto di lacrime,
per ricordare chi con me
diede fiato a questo celestiale sogno,
e ora più non può udirlo nè carezzarlo,
Tornerai a ruggire, lo so,
dolce, gioviale Emilia,
tra il luccicare ineffabile del Po,
e l'orgoglio contadino e industriale,
della semplicità della tua gente;
udirai, ne sono certo,
il risveglio del grembo
di campi gravidi di sole,
che si inchineranno ai baci del mattino,
sì, cara Emilia,
risorgerai.