Aiello,
dolce, ineffabile diadema
che per me scelse
di inventarsi culla
di intarsi onirici indomabili,
rivelami, te ne prego,
chi mai spiegarmi seppe
che la vita aveva forma
di un pallone carezzato
da mille, bizzarre traiettorie?
Il calcio, lo so,
ha l'inscalfibile, insidioso fascino
di una muta e sorda montagna,
il calciatore non è che in fondo,
un cacciatore insaziabile di vette,
innevate di gol e trofei.
Eccoti, panchina adorata,
ti leggo in un sussurro di sguardo
che ora si è scoperto più leggero,
come donna inebriata dal primo amore,
assistere sapesti
amorevole e paziente
alle mie prime, infuocate sfide
con i miei indiavolati schemi di gioco;
rivedo, sai,
come mi sorridevi
quando alfiere del sogno azzurro,
prendevo per mano i miei leoni,
e a condurli provavo
tra i gauchos argentini;
la vetta rimase lì,
a soli tre gradini,
Argentina, Olanda e Brasile,
maggior fiato ebbero,
per donare sangue alla loro salita.
E ricordi, quattro anni dopo,
ci ritrovammo amanti come sempre,
tra toreri e chitarre andaluse,
la cima fu davvero nostra,
i miei leoni
smarrito non avevano
il primitivo ruggito.
Vincendoti, Italia del mio respiro,
imparasti forse,
ad amarti di più,
tra le nuvole di fumo color cristallo,
della pipa di nonno Sandro partigiano,
che gaudioso ci seguì in quest'avventura,
e ci insegnò con le sue battaglie fiere
che nessun campo,
anche soltanto di calcio,
deve rapirci il coraggio,
e infonderci la paura.
Non dimenticatemi,
vostro Enzo,
vi ho riservato uno spicchio di cuore,
sapete:
Zoff, Collovati, Scirea, Gentile,
Cabrini, Oriali, Bergomi, Tardelli,
Conti, Graziani, Rossi, Baresi, Wierchowod,
Antognoni, Dossena, Marini, Bordon, Causio,
Massaro, Altobelli, Selvaggi, Galli.
Forza azzurri, nunc et semper.