La Luna vigliacca
si ritira all'orizzonte;
sfatta, ormai tramonta.
Un materasso di pioggia e asfalto
mi culla in un abbraccio ferito.
Legato alle tue lunghe gambe,
a quelle gambe bianche
di lettere non scritte,
di parole appassite nell'arsura del tempo.
Sono immobile.
Non scivolo sui sassi dei tuoi occhi,
sulle lame di quelle labbra
rosse del mio sangue.
Tre parole bastano per una poesia;
Ne ho quattro e l'ultima,
la preziosa,
l'insaziabile sposa dell'infinito,
la regalo a te.
Non darle voce,
non darle sapore;
è fragile
come i sogni del mattino.
Conservala,
nascondila
come ereditá del mio impero,
come una promessa rubata in un sospiro.
Dimenticala
tra fogli alla rinfusa,
in un libro che hai giá letto;
La ritroverai
quando il sole si vestirà di neve,
quando la rugiada del mio viso
sarà sabbia portata dal vento;
Ti aspetterá fedele,
arresa, inerme
e sorriderai scomposta
alla brezza della mia voce per te.