Germoglia tra tremori gelidi
di soffi di parole incontrastabili,
questa fede che scolpisce incerta,
diari di ricerca e solitudine;
Dire non so,
se la mis missione di rivestirmi
dell'eburnea coperta di stelle di quel Dio,
che si manifesta in ribollente anafora,
tra balbettii palpitanti di preghiere,
abbia potuto stringere la mano alla vittoria.
Cara, adorata vergine Maria,
ti ebbi presenza di saldo focolare
ma anche testimone silenziosa
del mio ontologico smarrimento;
tu soltanto fosti,
ombra di luce tenue e discreta,
che leggere sempre sapeva,
oltre quanto la mia poesia non diceva.
E tu, Chiesa,
ebbra delle tue inviolabili risposte,
ignara, o forse consapevole,
di quel tuo essere talora,
meretrice scomposta
di una mondanità tentatrice
che lasciasti essere sonnifero pugnalante
della tua fragile coscienza,
per quante notti scegliesti
di nasconderti dalle tue stesse domande,
di ritrarti dalle onde purificatrici,
delle contrizioni cui ti conduceva,
quel Vangelo che spesso hai svergognato?
Guarda, laggiù,
dove l'orizzonte si scorge
barbaro tramortitore del sole,
c'è tutto il senso inesplorato
del mio inventarmi poesia,
piangere sulle spalle invisibili
ma in fondo così palpabili
del Padre Nostro,
rigurgiti di lacrime del cuore,
che sgorgano dal grembo infuocato,
di qualche ancestrale salmodia.
Ricomponi la tua missione,
ecclesia omnium,
sii ancella di vitrea evidenza,
d'una verità che scuote,
e strappa l'uomo per sempre,
all'effimero sonno
di un'abbagliante mortalità.