racconti » Racconti surreale » La Stirpe
La Stirpe
Quella sera l'aria avvolgeva con la sua tiepidezza i campi arsi dal sole e il mio umore stava lentamente tornando ai livelli abituali. Truman, un amico conosciuto due anni fa durante un viaggio d'affari, non poteva avere un'idea migliore a ospitarmi presso la sua casa di campagna. Mi disse che quella non era la solita campagna, era "la" campagna... e non potevo dargli torto. C'era nell'atmosfera di quell'assembramento di graziose cascine una particolare, indefinibile "magia", ovvero uno di quei posti dove realtà e fantasia si mescolavano e creavano nello spettatore più sensibile una sorta di sopore benefico che causava una certa assuefazione... un luogo ancora incontaminato dalla modernità e operosità dei grandi agglomerati. Ma c'era di più. Un alone di bellezza d'altri tempi permeava terra e cielo come a formare una vasta "cupola", un'area quasi del tutto estranea a ciò che si presentava oltre l'orizzonte.
Me ne stavo accovattato su una comoda sdraio a rimirare il sole calante gettare la sua ombra rossastra sulle piante, sui rovi, sui sassi...
Non mi vergognavo ad ammettere che non me ne sarei andato da lì con facilità anche se la miglior cosa da fare era quella di recuperare quanto prima le forze. Quell'incidente non ci voleva: aveva scosso atrocemente i miei nervi in un periodo alquanto cruciale della mia vita lavorativa. L'aereo che portava me e altri tre collaboratori verso la meta fissata per quel pomeriggio aveva avuto un serio danno strutturale in fase di atterraggio provocando il distacco di una parte della fiancata destra. Su 110 passeggeri ci furono otto vittime e una ventina di feriti. L'uomo che sedeva accanto a me si ruppe l'osso del collo rimanendo ucciso all'istante... mai nella mia vita riuscii a vedere la morte a pochi centimetri e ne uscii malconcio in quanto oltre a una seria frattura al braccio, ebbi un grave shock psicologico. Da allora vidi la vita sotto un altro aspetto. La forma che davo alla realtà era di assoluta precarietà e caducità e il solo fatto di pensare a dei progetti a lungo termine mi prostrava da capo a piedi. Spinto da una sincera amicizia verso di me, Truman non esitò a immedesimarsi nel mio stato e si offrì di ospitarmi fino a quando non fossi ritornato ad un umore almeno decente. Speravo in una rapida ripresa, almeno fisica, anche se quella psichica avrebbe avuto i suoi pesanti strascichi in futuro.
Quella vita forzatamente tranquilla a volte mi pesava. Praticavo quindi lunghe passeggiate con Truman fino anche al tramonto. La mia sensibilità era, soprattutto grazie alle avversità, diventata molto sviluppata e vedevo e consideravo cose che prima non notavo. Pensavo allora all'umanità che perdeva il proprio tempo dietro al denaro mentre la vera ricchezza si trovava a pochi chilometri dalla città. Ammiravo ora le svariate specie di piante e di erbe, le foglie multiformi nel vento, gli insetti multicolore sul terriccio, i funghi cha sbucavano come ombrellini nel muschio,
i colori caldi gettare intorno i suoi riverberi... mi sentivo davvero in pace ed in armonia con ciò che mi circondava. Ma stavo cambiando, di questo ne ero totalmente cosciente, il mio spirito ora vagava verso spazi che mi erano stati preclusi da troppo tempo.
Credo che anche Truman l'avesse in qualche modo percepito: difatti mi gettava di tanto in tanto sguardi tra il serio e il preoccupato.
Era una giornata di tarda estate e di sera iniziava a fare fresco. Tornammo dall'abituale passeggiata e subito il gatto certosino del mio amico ci venne incontro oscillando dolcemente il bacino. Ho sempre considerato i felini come facenti parte di un mondo incantato che forse noi un tempo adoravamo e che oramai inevitabilmente avevamo perduto. Stavo dunque sviluppando sensi maggiori? L'incidente aveva provocato in me un risveglio di coscienza?
Forse conoscevo già la risposta...
Tre settimane erano trascorse da quando arrivai e i risultati acquisiti erano stati eccellenti. Il braccio guariva a vista d'occhio e la mia psiche sembrava destinata verso un lento ma sicuro miglioramento. La vetusta campagna era decisamente in antitesi con i luoghi da me sino ad allora frequentati fatti di cemento, indifferenza, grigiore architettonico. Nel contempo, quella campagna possedeva del miracoloso, un fascino cha andava oltre le normali idee che solitamente un cittadino aveva per le aree non industrializzate. La cosa però più strana era che solo io sembravo provare questo sentimento nei confronti della campagna. Truman era da tempo separato e aveva una figlia adolescente che viveva con lui. I due non parevano affascinati quanto me del loro piccolo paradiso terrestre, giusto quel che poteva bastare a gustare la sua tranquillità e il suo fascino. Presi l'abitudine di soffermarmi su ogni singolo particolare, anche il più microscopico. Mi stavo immergendo senza volerlo in un mondo lillipuziano dove recitavo la parte della comparsa e piante, fiori, animali, insetti avevano un ruolo di primo piano. Eppure folle non lo ero, almeno per il momento...
Questo mio insolito interesse andò avanti per giorni: mi allettavo nel guardare le coccinelle saltare da una foglia all'altra, i grilli stridere nell'alta vegetazione, il grano maturare, le lucertole crogiolarsi al sole, le farfalle ballare nel cielo azzurro ciano, la rugiada colare dai petali profumati.
Per qualche tempo mi sembrò di essere un marziano avido di conoscenza ma poi il mio passatempo mi divertì alquanto. Quell'universo microscopico mi interessava molto di più di quello delle dimensioni normali e questo mi avrebbe aiutato durante la convalescenza. Notai che Truman era sempre più pensieroso sul mio conto e mi sarebbe davvero piaciuto conoscere la sua opinione in merito. Non osavo domandarglielo perchè probabilmente non avrebbe capito e rischiavo di essere preso per uno stralunato. Avrei atteso prima il suo intervento.
Quanti giorni trascorsero dalla prima volta che praticai un tal singolare "hobby" non lo avrei saputo dire... il tempo non era più importante nella mia vita anzi cominciai a considerarlo superfluo e un nemico alla mia serenità. Ammiravo il comportamento del gatto di casa, sempre nel suo mondo incantato e dotato di un sano menefreghismo per le faccende umane. Un giorno però avvenne qualcosa che cambiò la dolce routine nella quale mi ero fatto trasportare. Me ne stavo con Truman su un ponticello sovrastante un fiumiciattolo, all'improvviso vidi ciò che nessuno aveva mai visto prima di allora... era un animale, anzi no, un... un... i pensieri mi si affardellarono in testa senza trovare alcuna definizione della creatura... era straordinariamente graziosa nella forma e nel colore ma non seppi riconoscere l'essere tra gli animali presenti in natura. Ma il dettaglio più sconcertante era il volto: esso sembrava assumere fattezze umanoidi dai lineamenti di una finezza straordinaria.
Quasi agghiacciato davanti a quel mistero, con la scusa di voler starmene un po' da solo, convinsi Truman a rivederci per cena. Volsi subito lo sguardo nel punto di prima.
La creatura era ancora lì, per nulla spaventata dalla mia presenza. Ci fu un incrocio di sguardi: sembravano quelli tra due ESSERI UMANI... poi, di scatto, la creatura balzò su un cespuglio e rigettò un'occhiata verso di me. Ebbi la sensazione che volesse che lo seguissi: così feci, in uno stato di torpore totale. Credo di aver percorso centinaia di metri, forse cinquecento o seicento. L'essere si fermò davanti a un fosso non profondo. Mi arrischiai ad afferrarlo e il risultato fu che caddi rovinosamente sotto terra dentro una specie di lungo e largo cunicolo. Fortuna volle che non mi feci nulla poichè precipitai per un metro soltanto. Gli andai dietro carponi fino a quando non mi trovai entro una "rotatoria" ai lati della quale confluivano diversi tunnel. Purtroppo persi di vista la creatura ma... in compenso, svariate altre incrociarono me... era troppo, per i miei nervi già scossi... non che le creature fossero strane o orribili... al contrario, erano di un'accecante beltà, fuori davvero dall'ordinario... i miei occhi non erano preparati a questo spettacolo... fui sul punto di svenire quando un luccichio fece capolino in uno dei tunnel. Il destino volle che riprendessi le forze e andassi verso la sorgente luminosa. Annaspai sino a farmi inondare da essa e entrai in una sorta di altra dimensione... vidi decine, centinaia, migliaia di esseri che non potevano appartenere al mondo conosciuto! Poi il mio sguardo si posò su uno in particolare: le orbite gli lampaggiavano vorticosamente e sembravano esprimere un tipo di comunicazione a me sconosciuta. Guardai con più attenzione e improvvisamente una forza oscura si impadronì della mia mente. L'essere stava comunicando con me, era fuori di dubbio... dapprima non riconobbi il linguaggio ma secondo dopo secondo iniziai a capire... non era una lingua, non seppi dare un nome a quell'idioma, era una sorta di telepatia e ora che sono guarito posso trascrivere ciò ch'egli proferì:
"Apparteniamo a una specie aliena, assai diversa dalla vostra. Migliaia e migliaia di anni fa, prima che la vostra razza iniziasse i primi passi verso la civiltà, Noi, esploratori di antiche galassie, visitammo il vostro grazioso pianeta alfine di creare un nostro satellite, uno tra i milioni che avevamo conquistato. Ma qualcosa non andò come previsto: non trovando forme di vita che, a differenza di molti altri pianeti, assecondassero le nostre esigenze di esseri altamente spiritualizzati, facemmo l'errore di legarci geneticamente alle forme di vita presenti. Quelle forme erano contaminate dalla materia e dal peccato che mai avevamo incontrato sul nostro cammino.
Peccammo di ingenuità e così fummo costretti a vivere dentro il carcere della corruzione della materia più insulsa che ci poteva essere tra milioni di pianeti! La nostra razza intatta e pura degenerò sino a perdere l'antico splendore dei nostri antenati. Quando l'uomo comparve, non osammo incrociarci con lui onde evitare un ulteriore contaminazione, non solo per noi ma anche per voi, essendo spirito e materia incompatibili. Tu sei riuscito a guardare oltre, a elevare il tuo spirito. Ci auguriamo che anche la tua razza possa un giorno evolvere come la nostra, anche se siamo intrappolati in un corpo che non ci appartiene. Siamo nascosti da generazioni e quando questo corpo perirà, ritorneremo laddove siamo partiti per riunirci con la nostra stirpe in una resurrezione dello spirito per l'eternità. Ora va per la tua strada e racconta ciò che ti ho rivelato solo ai tuoi simili di cui ti puoi fidare... sento che sei puro e affidabile...". Ritornai nel mondo in fretta poichè non potevo reggere tanta beltà... quanto tempo era trascorso proprio non lo seppi e non mi importava affatto... corsi a casa e vidi che Truman era spaventato perchè l'ora della cena era passata da due ore. Mi abbracciò focosamente e mi invitò a consumare la pietanza che aveva lasciato per me. Non sapevo come l'avrei affrontato ma era certo che potevo fidarmi di lui.
1234
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0