Il mutare delle stagioni, l'incessante scorrere del tempo che dissipa e ci rivela l'inspiegabile precarietà dell'essere umano...
Era l'autunno del 1964, un giorno di fine settembre immerso nel rosso dei faggi ed ero impaziente per il ritorno a casa di mia sorella Anna, dopo una lunga degenza ospedaliera. Il suo ricovero risaliva alla primavera di quello stesso anno, era stata per mesi sul punto di morire, a causa di una brutta meningite.
Aveva solo cinque anni quando si ammalò, io più grande di due anni, la nostra vita, prima di allora, era stata serena come un mattino a primavera, ci adoravamo ed eravamo praticamente inseparabili, quel distacco fu, per me, traumatico.
Aspettai tanto prima che riuscissi a convincere i miei genitori a portarmi in ospedale da Anna e a nulla valsero le lacrime della mia disperazione, ma non mi rassegnavo. È incredibile come nel corso degli anni questi fatti scorrano, nella mia testa, simili ad una pellicola inalterabile e le immagini una dopo l'altra si susseguano in quell'ordine cronologico di sempre.
Poi arrivò il tanto agognato giorno, non ero nella pelle e le raccomandazioni atte a placare il mio entusiasmo servirono a ben poco, finalmente, dopo lunghi mesi avrei rivisto Anna: starle vicina e parlare con lei voleva dire, sebbene per poco, ricongiungermi con quella parte preziosa della mia vita, quale era ed è tutt'ora Anna.
Quando arrivai al suo capezzale, tutta l'euforia, che avevo accumulata, si spense di botto, rimasi impietrita e il dolore che provai non l'ho più dimenticato. Dai miei occhi scendevano lacrime come cascate, addirittura arrivai a pensare che non fosse lei, era completamente cambiata dall'ultima volta che l'avevo vista: il suo volto era sofferente e molto magro, stava immobile, aveva gli occhi chiusi, ma non so se dormisse, mi sembra ancora di vederla, in quel lettino d'ospedale e sento ancora un nodo alla gola che stringe come allora.
L'autunno ci riportava Anna proprio quando l'odore del mosto si diffondeva nell'aria ormai frizzante e le prime piogge stagionali su sterpaglie ancora fumanti producevano effluvi inconfondibili, gli stessi che, ogni anno, di questi tempi, mi riportano a quel periodo. La scuola era iniziata già da un po', quell'anno mia sorella avrebbe dovuto frequentare la prima elementare ed io la terza, ma ancora non sapevo che lei, purtroppo, non era più in grado di seguire un normale corso didattico e ben presto mi resi conto di molte cose.
Anna, in seguito alla malattia, aveva subito gravi lesioni cerebrali, questo determinò in lei profondi cambiamenti e non fu più la stessa. Da quell'autunno la vita di noi tutti cambiò totalmente: "Gli umori, alienati da depressioni croniche, in un'età dove piccoli e grandi, in un modo o nell'altro, vivono realtà troppo pesanti e per cui si lasciano andare come foglie in autunno e come queste anche loro hanno colori tristi e privi di vita".
Spesso, quando di sera prego per lei, ripenso alle cose che mi dice nei giorni in cui vado a trovarla, sovente parla di noi due e di quando eravamo piccole, ha ricordi confusi ma li conserva molto gelosamente. Anch'io ripenso a quelle due bimbe e le vedo mentre giocano serene ed inconsce di quello che poi sarebbe stato.