Da bambino ed anche adesso per me il Ferragosto è una giornataccia. Torrido e infido, troppo lontano dalla primavera e molto più prossimo all'autunno di quanto sembri.
A Ferragosto si pativa e si aspettava. A casa tutti i "grandi", genitori e nonni e zii di passaggio, dicevano che non era il caso di spostarsi in macchina, per andare al mare come negli altri giorni d'estate, essendo, quella del ferragosto, una giornata "ricordevole". Neologismo efficace, a significare che le disgrazie vengono rievocate più spesso e volentieri, anche a distanza di molto tempo, quando avvenute in un giorno che ben risalta sul calendario. "Povero Antonio, lo hanno investito il giorno di Natale", nella tradizione orale era ben più probabile da sentire che "Povero Giuseppe, lo hanno investito il 19 dicembre". Eppure neanche a Natale erano così forti i tabù e le proibizioni dei giorni "ricordevoli", come a Ferragosto. Ciò è dovuto, credo, al carattere spiccatamente rituale della festa del Natale, per cui il muoversi, anche in macchina, a visitare per esempio un presepe vivente, era pienamente giustificato; così come, a Pasquetta, non era sconsigliato l'andare a godere dell'aria salubre della campagna.
A ferragosto era diverso. La ritualità non impediva al sole a picco di dare alla testa ai vacanzieri, più inclini a perdere la calma e a provocare incidenti. E se, invece del sole a picco, c'era la pioggia... succedeva anche di peggio. Avete mai visto la faccia di un vacanziere immerso nel traffico sotto una fitta pioggia di ferragosto?
"A ferragosto è voluto andare al mare. Non sapeva nuotare ed è annegato." Non ha saputo vivere con le belle giornate, è finito allagato.
Così, nella giornata "ricordevole", si restava a casa, aspettando che passasse. La mamma e la zia cucinavano il gallo ripieno (giorno "ricordevole" anche per esso gallo). Ed io non ho più gradito, da allora, quello che tutti a ferragosto continuano a decantarmi come un magnifico sapore.
Il lamentevole giorno fu anche condito, in un'occasione, da un trauma psicologico. Ero andato, con la famiglia, in un ferragosto di domenica (doppiamente ricordevole, dunque) alla messa serale all'aperto, nel Convento di Serracapriola. (da lì, sospetto io, un giorno fuggì inorridito il giovane Padre Pio da Pietrelcina, per rifugiarsi in quel di San Giovanni Rotondo). Un severo officiante, durante l'omelia, invitò alla risposta i numerosi fedeli: "Oggi è il 15 di agosto: sapete che giorno è il 15 di agosto?"
Nel silenzio totale, io riemersi dal mio torpore e gridai, alzando la manina di scolaro: "Ferragosto!"
Si voltarono verso di me, quasi tutti. In un attimo fui martirizzato dalla violenza di quegli sguardi, che mi apparivano la somma dei mali di quel giorno. Rividi l'espressione di mio padre, imprecante alla ricerca di un parcheggio di spiaggia sotto il sole ferragostano; quella di un bagnino trafelato; quella del vacanziere triste sotto la pioggia e quella del galletto in pentola, che si voltolava senza fretta e senza sosta con gli occhi chiusi e la cresta bassa. E vidi infine l'espressione dolente del monaco officiante, che aveva trovato un motivo palese per dar corpo ai suoi dolori in quella giornata di ferragosto, e li urlava a tutti i fedeli: "Ecco, per voi è questo il 15 di agosto... No! Il 15 di agosto è il giorno dell'Assunzione di Maria!"