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Vizio di forma
È successo l'altra sera, per la prima volta, o quantomeno per la prima volta è accaduto con inattesa evidenza e inusitata forza, che uscisse dalle mie labbra una serie di suoni senza senso, o almeno che m'apparvero tali in una maniera così poco ortodossa da farmi temere il peggio, ossia una catastrofe, ovvero il vuoto... uno scoppio insensato di risa.
Avevo apparecchiato il tavolino della cena, ché il tavolo serve per il pranzo, con le solite suppellettili, un tovagliolo, uno solo, tanto io non mi macchio mai, tre forchette, una potrebbe servire per un imprevisto, per esempio potrebbe cascare in terra, due coltelli, un cucchiaio per servirsi, tre piatti piccoli, (il mio commensale ha la mania del cambio di piatto), una caraffa d'acqua di rubinetto, una bottiglia di minerale non gassata (il commensale ha paura del cloro), vino bianco per me, vino rosso per il commensale, due bicchieri uno più alto uno più basso ( ho la passione per il calice, chiudo gli occhi e mi pare di bere dalla corolla d'un fiore), un po' di pane da affettare al momento..
Avevo messo tutto, anche se il dubbio mi prese d'aver dimenticato qualcosa, quel qualcosa che m'avrebbe fatto alzare proprio sul più bello, quando il boccone ancora fumante sarebbe stato lì lì per raggiungere la golosa fauce, per andare a cercarla; ma qualsiasi cosa fosse ora era del tutto assente dalla mnemonica lista e poi, mi parve non esserci posto alcuno per essa sul piccolo tavolino della cena.
A lavoro ultimato mi sentii soddisfatto, ero stata bravo, ordinato e puntuale, questa sensazione saziò tutto il mio essere, tanto che me ne stetti lì seduto, un po' discosto, in prospettiva d'angolo, assaporando il piacere più puro che si possa aver la ventura d'incontrare: l'assenza dei pensieri molesti, il silenzio delle inquietudini, contemplazione allo stato elementare, che è poi il più elevato, della forma delle cose e delle cose della forma.
E fu così che il composto, composito quadretto posto al mio fianco catturò tutta la mia attenzione, afferrandola per i quattro angoli del tavolinetto, rimbalzandola come pallina da flipper tra i cilindretti dei bicchieri, le sferette dei piatti, i brevi segmenti delle posate, il cilindro panciuto e deforme della brocca... sembrava non potessi più uscire da lì e li osservai tanto fin quando non ebbero perduto consistenza e significato.
e... le bottiglie? Che forma hanno le bottiglie? Semplice, mi si dirà: di bottiglie! Le bottiglie hanno forma di bottiglie, né più né meno... che forma vuoi che abbia una bottiglia!
Né meno, né più.
Già, di bottiglia! ma se ci siamo appena tranquillizzati assumendo quale assiomatico assioma che ogni cosa ha la sua forma e ogni forma la sua cosa: che forma ha la bottiglia?
Non può aver forma di bottiglia, poiché bottiglia è il nome della cosa, la qual cosa deve necessariamente avere una forma, se non si vuol relegarle nell'inconsistente, se non si vuol fare a meno delle bottiglie... insomma!
Ammettere che la bottiglia non ha forma è ammettere la sua fondamentale inconsistenza, ammettere la sua insussistenza è ammettere la fondamentale sconsideratezza di tutte le cose pensate come esistenti, è lecito dubitare di tutto, anche della reale esistenza del proprio naso.
Invece la bottiglia esiste, si può vedere, toccare e persino frantumare... e si può rompere solo ciò che esiste, per farla smettere di esistere.
Accettare l'assurdità: forma di bottiglia, vuol dire che "bottiglia" è una forma, ma la forma deve avere una "cosa" da rivestire, per non finire nell'astrazione inconcludente, e non può essere la bottiglia, poiché cosa e forma hanno nomi diversi.
Bisognerà, allora, trovare un nome diverso alla bottiglia, per dire appunto che la "tal cosa" ha forma di bottiglia; o bisognerà trovare il nome della forma della bottiglia: che forma ha la bottiglia?
Vediamo un po', fino a un certo punto è facile, essa è un cilindro, ma solo fino a un certo punto, diciamo fino a tre quarti d'altezza... oltre è il capolavoro di fantasia dell'"homo bibendus", che nella notte dei tempi, dato il perenne buio e pesto, s'è preoccupato d'escogitar il modo più agevole di succiare in pace, dissacrando indelebilmente l'ardore metafisico dei geometri d'alta quota, rendendo la bottiglia un inclassificabile ibrido.
Eppure non è altro che un cilindretto, il collo della bottiglia, ma un cilindretto dotato di sommità ma non d'appoggio, che all'improvviso, mentre allunga il suo tubicino così snello ed elegante si perde nello slargo, è fuso, è obeso, e il tutto rimane indeciso.
Un cilindro? Manca il pezzo superiore. Un tronco di cilindro! Cos'è mai un tronco di cilindro, il cilindro è già un tronco; e ammesso che lo fosse, vi sarebbe una parte in più, il collo.
Una piramide! S'è mai vista una piramide tondeggiante? Un prisma? Non ha angoli.
Un cubo? No, non ci siamo. Che diavolo di forma ha la bottiglia?
Giro l'indomita questione al mio commensale ignaro, sul tardi, quando il contenuto della suddetta è stato completamente trasferito in altra sede e lei, vuota come un nido abbandonato di ragno, fa di tutto per riacciuffarmi i pensieri.
- È un cono!- sento dire. Un cono!?
E avrei almanaccato fin qua, per sentirmi arrivare una risposta così: un cono! Così scandalosamente semplice, così perfidamente immediata, un poemetto diffamatorio, un'ode allo sragionamento, oplà! Un cono! Una saetta, un fulmine, una mannaia che cade sul mio arzigogolo costringendolo alla resa.
Come dire, tutto questo non vale l'inchiostro sprecato per scriverlo, né la carta per contenerlo, né l'occhio sinistro del lettore in procinto di prender sonno.
Chi mai potrebbe perdersi nella fondamentale inconsistenza delle sconsiderate considerazioni precedenti?
Forse lo scriteriato che chiede al commensale: vuoi due olive? E gliene mette in tavola venti? O il dissennato che tutte le sere aspetta di prendere l'autobus e tutte le sere torna regolarmente a casa a mani vuote?
O è forse il candido che ha perso il sonno e si rigira tutta la notte nel letto per cercarlo?
No, di certo. Per essi è naturale e sottinteso che la bottiglia abbia forma di bottiglia e di null'altro, anche se, interrogati rispondono: il cono!
Ma io, nel dubbio sono immerso, sono un sub esperto in questo mare, un mare dove galleggiano milioni di bottiglie ma, ahimè! Non vedo veleggiar un cono!
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l'autore rosaria esposito ha riportato queste note sull'opera
dagli "Esercizi di stile"
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