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La principessa ranocchia
Non ne poteva più di stare rinchiusa nel suo bel maniero; seppur circondata da dame servili e paggetti attenti sentiva il bisogno di stare da sola per poter fare ciò che voleva senza il controllo di nessuno.
La reggia era ancora addormentata: raggi di sole tiepido attraversavano le bifore e riscaldavano i freddi pavimenti di marmo.
Non riusciva a stare in quell' ambiente ricco di arredi, popolato di servi, dame e cavalieri frenetici; era giunta l'ora di uscire, provare cosa vuol dire cavarsela da sola.
È, sì, perchè una principessa non poteva svolgere piccole e banali mansioni in totale autonomia, c' era sempre qualcuno che preveniva la sue azioni per soddisfarla prontamente.
Si tolse di dosso le sottogonne voluminose e il corsetto aderente, liberò il corpetto allentandone i lacci e sciolse i capelli. Già così cominciava ad assaporare la libertà di indossare un abbigliamento comodo. Anche i gioielli vennero abbandonati con noncuranza e, camminando silenziosamente in morbidi stivaletti di pelle, attraversò i larghi corridoi del palazzo.
Discese le scale ampie, attraversò il cortile addobbato a festa e giunse nelle stalle reali.
Sempre in silenzio liberò il suo cavallo Furio, un giovane morello e, dopo averlo sellato per la prima volta da sola, aiutandosi con la sua criniera lucente diede un balzo e gli saltò in groppa.
Il ponte levatoio era aperto e le guardie distratte sentirono il rumore degli zoccoli calpestare le tavole di legno.
Esmeralda, capelli sciolti nel vento, galoppava leggera nella brughiera: la brezza pungente le sfiorava le gote mentre si dirigeva decisa verso la spiaggia.
Lì giunta, affannata per la lunga corsa, scivolò giù dalla sella per rinfrescarsi. Ondine delicate le lambivano i piedi rosa, mai aveva camminato sulla sabbia, nè fatto un bagno in mare.
Quell'immensa vastità di acqua in continuo movimento l'attraeva, sentiva un richiamo potente e si lasciò cadere in quel liquido lentamente, tutta vestita.
Era un incredibile piacere sentire che gli abiti si inzuppavano e l' acqua li penetrava avvolgendola.
Una sensazione di grande abbraccio la pervase.
Il peso di quell' elemento la sommergeva ora che era scesa sott' acqua, occhi aperti, si sentiva circondata di azzurro.
Il freddo la costrinse ad uscire da quel rifugio liquido e distesa al sole, tolti gli abiti bagnati, lasciò che quel calore l'asciugasse.
Occhi chiusi che vedevano quando arancio, quando rosso, si sentì finalmente bene.
Godeva di questo suo nuovo stato, la mente libera in ascolto del rumore delle onde.
Dormì un tempo incalcolabile: minuti, ore? Non sapeva.
Si svegliò diversa. Sentiva le membra leggere, non avvertiva le gambe e gli occhi giravano intorno in modo convulso: non riusciva a direzionare lo sguardo, nè a mettere a fuoco.
Ed i piedi? Non li sentiva più, cercò di chiudere le mani, ma anche quelle non rispondevano. Cercò di sollevarsi da quella posizione scomoda e, solo quando credette di avere ancora le braccia, si alzò, non in piedi, ma in volo.
Era ormai una farfalla della specie delle Esperidi e Furio la guardava con occhi tristi.
Perchè quella metamorfosi? Forse l' acqua salmastra l' aveva trasformata in insetto?
Certo era un guaio perchè nessuno l' avrebbe più riconosciuta e neppure considerata, ma forse era il prezzo da pagare per la libertà.
Ormai le ali battevano agili e potè sorvolare la spiaggia svolazzando tra fiori ed erbe aromatiche.
Si sentiva stordita per i profumi pungenti, si miscelavano all'odore del vento che la sballottava dolcemente.
Planò con facilità su una siepe di timo e, dondolandosi su un rametto, rimase in attesa, non sapeva di cosa, però.
Tra la semioscurità del chiaro di luna scorse un grosso rospo, le zampe allargate, i piedi incollati a terra, la osservava curioso.
Finalmente un essere vivente! Voleva fargli capire che lei non era una farfalla ma una principessa donna perchè temeva il peggio, ma non sapeva come.
Intanto al bestiola cominciò a girare gli occhi roteandoli velocemente.
Ora la guardava fisso, con la lingua cercò di sfiorarla ma lei gli svolazzava intorno spaventata e, mentre cercava di allontanarsi, sentì una voce lamentevole.
"Baciami, ti prego! Sono il solito principe imprigionato per un incantesimo nel corpo di un rospo, liberami!"
Come crederlo? Se si fosse avvicinata di più poteva essere ingoiata in un solo rapido movimento della lingua.
Eppure gli occhi di quel mostriciattolo la intenerivano e la voce supplichevole la commuoveva.
No, era troppo rischioso, spesso era stata vittima di inganni: a corte le tessevano tranelli per indurla in errore e così il re la rimproverava aspramente; mai sarebbe potuta divenire regina, per quel suo carattere ingenuo, ripeteva spesso il sovrano.
Ecco perchè era fuggita, per dimostrare a se stessa che era forte, poteva affrontare avversità e pericoli da sola e prendere decisioni sagge anche di fronte a imprevisti, insidie.
Infatti era questo il momento di mettersi alla prova.
Volò decisa proprio sul muso di quell' essere verde e viscido, baciò senza troppa fretta la sua bocca fredda ed appiccicosa,
e pensò che forse sarebbe morta.
Invece? Lui rimase sempre il solito rospo e lei sentì che ancora una volta avveniva una metamorfosi: non più ali, ma zampe, non più un corpo leggero e colorato, ma un goffo e peso busto che però agilmente saltellava attorno al maschio soddisfatto per aver finalmente trovato una compagna.
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