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Cinderella ovvero?
Aveva ripreso a fumare, dopo anni di astinenza sentiva l' irrefrenabile bisogno di accendere una sigaretta per sfogare la noia:sempre chiusa in casa, spesso in cucina intorno ai fornelli, mai una piccola soddisfazione.
Uscì, percorse lentamente il vialetto alberato del giardino e, mentre osservava le chiome verdi dei pini, accese quel cilindretto bianco, quasi inoffensivo.
Aspirò senza troppa convinzione le prime boccate, non era un granchè.
Insomma doveva pur fare qualcosa di proibito altrimenti che vita era?
Intanto le tinte del tramonto sfumavano ed una lieve brezza ristorava la campagna intorno, arsa, bisognosa di rigenerarsi con una pioggia ristoratrice. Anche lei si sentiva così, arida come quella terra asciutta che si sgretolava sotto i suoi passi.
Arrivò vicino al belvedere, i contorni di una montagna scura si delineavano netti contro un cielo sempre più turchino.
Non sapeva se fermarsi di fronte a tanta bellezza per assaporarne i colori rimasti oppure riprendere a passo veloce la via del ritorno.
Ritornare però verso cosa?
Meglio continuare per quel sentiero stretto, sconosciuto.
S' inoltrò tra i cespugli, con difficoltà, un leggero stordimento la prese, sentì la testa girare e un lieve tremore
attraversare le sue membra. Certo poteva essere l' effetto del fumo a cui non era abituata, ma sentì che anche i muscoli cominciavano a tendersi, il collo le faceva male e le labbra secche vibravano ritmicamente; erano sensazioni che la facevano impaurire.
Il cuore batteva veloce e un'inquietudine l' assalì.
Ma dov'era? Quella radura non la conosceva e la casetta di legno non l' aveva mai vista prima.
Ripresasi dall' intontimento decise di entrare dalla porta semiaperta. Una piccola stanza spoglia l' attendeva: il fuoco acceso nel camino, una poltrona confortevole e più niente.
Si sedette per riprendersi un po', avvertiva una strana stanchezza, non riusciva a capire il perché.
Nella stanza, sul fondo, notò un grande baule celato dall' oscurità. Curiosa, dopo averlo osservato bene, si avvicinò sospettosa ma lo aprì.
Un abito di broccato blu piegato ordinatamente sembrava invitarla a liberarlo da quel nascondiglio. Lo prese con delicatezza, vide che era lungo, incuriosita da quel modello demodé decise d' indossarlo, le stava a pennello e dire che per lei era così difficile trovare quella misura!
Si sentì subito rassicurata, tranquilla.
Man mano che girava su se stessa per gonfiare la gonna, avvertiva una forza sconosciuta, un impulso nuovo.
Ma dove si trovava?
In casa di qualcuno, certo. E se fosse sopraggiunta la proprietaria come si sarebbe giustificata?
Ma il senso di libertà , la potenza interna la fecero agire senza timore. Il colore del vestito le aveva ricordato il giorno della laurea di Giuseppe, infatti lui aveva indosso un completo dello stesso colore.
Prese il cellulare, compose quel famoso numero che ricordava bene a memoria e, appena la voce rispose, disse senza esitazione:
"Sono io, vieni ti aspetto."
L' altro meravigliato:
"Ma dove sei? Mi è impossibile raggiungerti e poi dopo tanto tempo non ha senso, sei un ricordo."
"Proprio per questo devi raggiungemi subito perché abbiamo poche ore."
"Vorrei rivederti ma sono troppo impegnato e poi c'è la famiglia e domani devo partire per Palermo."
"Fai tu, se vuoi ti aiuto a trovarmi non è difficile: inviami una tua foto adesso con il cellulare e vedrai."
"Dai non scherzare!"
"Fallo e vedrai."
Chiuse la comunicazione. Lei aspettò trepidante, forse non l' aveva presa sul serio.
Dopo pochi minuti sentì bussare alla porta. Aprì sorridendo, il sangue delle tempie le pulsava forte.
In abito blu, la sua valigetta ventiquattrore, fermo in piedi la guardava. Lo abbracciò come aveva sempre pensato doveva essere quell' abbraccio, d' impeto senza timidezza.
"Ma come hai fatto? Non ci posso credere ero a Catania pochi secondi fa ed eccomi qui dopo aver scattato la mia foto."
"Sono un po' maga, forse un po' strega, tu che dici?"
"Dico che hai fatto bene! Da solo non ci sarei riuscito, era una decisione troppo difficile, ma, adesso che sono qua, sono
contento di vederti."
"Non solo vedermi ma anche sentirmi. Vieni vicino al fuoco, raccontami di te, no, anzi non mi dire niente, stiamo abbracciati, in silenzio."
Nel buio della sera, in quella stanza vuota, due persone si stringevano come era stato molti anni prima e come non sarebbe più accaduto.
Lui la cingeva e le soffiava sui capelli dandole i baci a farfalla, lei si schiacciava contro quel corpo tanto atteso.
Di nuovo bussarono alla porta, lei imbarazzata andò ad aprire.
"Ma Giuseppe? Come di nuovo qui?
"Sono il secondo scatto, la prima foto non era venuta bene."
"Allora entra, ci sei già, ma non importa se siete in due!"
L'amore venne naturale, lentamente si stesero sul pavimento di legno sentendo che la fiamma riscaldava la loro pelle rossa, si strinsero in abbracci e baci dolcissimi, interminabili.
I corpi si unirono senza impacci, come pilotati a distanza.
Ogni vibrazione, ogni sussulto scaturiva da un'energia misteriosa a cui non si potevano sottrarre: era come cavalcare un'onda infinita, un'onda che li trasportò in un mare profondo, vasto dove loro continuarono a nuotare vicini tutti e tre.
Il fumo della sigaretta si levava leggero, ormai era finita.
La porta di casa si aprì per ingoiarla ancora una volta, forse per sempre.
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