Lasciammo andare gli ultimi rimasugli di decenza proprio nel momento in cui Jess vomitò sul prato del parco. Fino a quel momento eravamo ancora intenti in discussioni metafisiche e allucinanti, prodotte esclusivamente da quelle droghe leggere e squallidamente affascinanti. Ma fu proprio quando Jess vomitò che la serata prese una piega diversa. Eravamo abituati, certo. Eravamo tutti abituati a quel peso dolce sulla nuca, dopo il quinto tiro di canna saggiamente rinforzato da una bevuta collettiva di vino rosso. Ma l'aria si fece velenosa, Jess continuava a biascicare bestemmie, Winona si grattava il collo appiccicoso per la lacca sui capelli, Francis masticava uno stuzzicadenti ridotto in uno stato pietoso. E io arrotolavo e srotolavo una rivista di prodotti farmaceutici. Mi era venuta in mente l'idea di aiutare Jess, tanto per riacquistare uno sprazzo di lucidità, ma quel sacco di merda si tirò su passando la manica della felpa sulla bocca. "Erv... Eravate li a guad... a guardarmi." mugugnò con una nota barcollante di biasimo, sembrava che volesse solo descriverci. Io, Winona e Francis. Avevo voglia di chiudere gli occhi e aprire la bocca, come se fossi in estasi religiosa. Avevo voglia di sentire il mondo girare silenziosamente fino a farmi salire la nausea. La panca di cemento che ci ospitava traballava appena, e potevo divertirmi a spingere con gli stivali incrostati di fango. Su. Giù. Su. Giù. Su. Vomito. Winona mi guarda apatica. "Fate una gara?" "Vahanhulo". Vomito. Era stato bello, conservare la decenza fino al punto massimo di fusione totale. L'alba ci dipinse le facce pallide ed emaciate, senza vergogna ci alzammo dalla pancaltalena. "Possiamo morire un altro giorno." sentenziò Francis. "Immagino di si." rispose Winona passandosi un dito sul collo appiccicoso. "Saremo pronti." ci stavamo solo allenando a morire.