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Chiamato Desiderio
M'ero alzata presto, quel giorno, perché la mamma aveva detto che la signora Melchiorri gradiva la puntualità. La mamma era già sveglia. In una nebbia che invitava al sonno, o almeno così pensavo mentre tiravo fuori la macchina dal garage, guidai per mezz'ora tra rade tonalità, cercando di soffocare gli sbadigli. Il corpo era asservito all'assopimento, ma il dovere diceva tutt'altro.
Perché dovessimo pulire da cima a fondo la casa di una riccona che il giorno dopo sarebbe partita per le vacanze, era cosa che, credo, neanche alla diretta interessata era dato sapere. Ad ogni modo, ci demmo la buona volontà con uno sguardo e cominciammo a dividerci i compiti: la mamma iniziò col vasellame, e io con l'argenteria.
Non fu sconforto quello che mi prese quando vidi le enormi vetrine che occupavano un'intera parete, ma, piuttosto, la sensazione che il tempo si fosse, o si sarebbe, fermato. Stavo pulendo il candeliere più grande, quando le sue tre cavità s'illuminarono all'improvviso. Pure, non c'erano candele: e, ad ogni modo, un candeliere non s'accende da solo. Possibile che mi fossi già addormentata? Sperai di starlo facendo in maniera perlomeno decorosa.
Se stavo dormendo, notai, conservavo però la posizione verticale, come mi accorsi immediatamente, il che era piuttosto insolito, considerando che di solito non mi faccio mettere le redini. Poi sentii una voce a me molto vicina che mi chiamava ripetutamente: - Rebecca! Rebecca! -
- Eh? - girai la testa, per quel che poteva valere.
- Qui! Nel candeliere! -
Normalmente l'avrei considerata una frase piuttosto strana, ma, dato che ero certa di star sognando, cos'avevo da perdere? Guardai il candeliere che, nel frattempo, era diventato lucido e splendente - fosse stato sempre così facile! -, e vidi una figura che si librava sopra di esso, avvolta in una luce verde, forse fosforescente. Somigliava a un essere umano, benché il naso, la bocca e le mani lo smentissero.
- Posso esaudire i tuoi desideri, se lo vuoi! - disse con voce profonda.
Scoppiai a ridere. Il Genio si offese. - Scusa, - dissi - ma questi sogni sono un po' troppo fuori moda! Cioè... non pensavo di avere un'immaginazione così antiquata! - e risi di nuovo.
- Cosa ti dice che tu stia sognando? -
- Il fatto che questa situazione non sia reale, no? - Gesù, ma in che dialoghi si andava a impelagare, il mio inconscio?
- Lo vedremo - replicò asciutto - Tornerò da te stanotte, Rebecca, e voglio che tu abbia un desiderio pronto, per allora. -
Era una minaccia? Comunque, credo che allora non gli avessi detto che quella sera avrei fatto una nottata sulla spiaggia, e dunque non avrei dormito, ma non fa niente.
***
Finito il lavoro - fortunatamente non ero stata scoperta -, ci pensai un po' su. Non era reale, certo: ma se avessi voluto qualcosa in particolare, cosa sarebbe stato? Era un rovello piuttosto stimolante, a dire il vero. Il mio desiderio doveva essere espresso in maniera particolareggiata, innanzitutto: non ci dovevano essere scappatoie, manipolazioni o fraintendimenti di sorta - ho letto un po' al riguardo -, però non doveva essere una formulazione eccessivamente complicata. Che poteva essere? Ma un vitalizio, no? Aggiudicato.
Quella sera, prima di uscire, scrissi tutto su di un foglio. Non ci misi molto, anche se riempii entrambe le facciate. Me lo ficcai in una tasca e me lo scordai all'istante.
***
Ero stata mandata a prendere le birre dalla macchina, uno dei miei doveri preferiti, quando la presenza in verde riapparve. Eppure non pensavo di avere già così tanto sonno alle dieci e mezzo di sera.
- Allora? -
Faceva pure il severo! Presi il foglio e glielo diedi di malagrazia.
- Interessante - esclamò scorrendolo - Interessante, interessante, interessante. - Sembrava essersi innamorato dalla parola. - Se me ne fai fare una fotocopia, l'appendo nel mio ufficio. Giuro che questo è uno dei desideri meglio espressi che abbia mai sentito. È davvero un peccato che non possa esaudirlo, però. - concluse scuotendo la testa lentamente.
Non mi scomposi. - Come mai? -
- Nessuno di noi può esaudire i desideri più lunghi di quattrocentoottanta caratteri. È la regola. Cioè, è un vincolo magico. Non guardarmi male, non sono io che l'ho deciso! Io posso fare qualunque cosa per te, ma solo se mi sai dire cosa vuoi brevemente. Te l'ho detto, le regole non le scrivo io! -
Allora riflettei. ¬- Puoi fare davvero tutto? -
- Sì. -
- E se lo fai non puoi rimangiartelo? -
- Esatto. -
- Neanche se la cosa ti danneggiasse? -
¬- Sì, anche se non vedo perché dovresti volere una cosa del genere... -
Perfetto. - Allora voglio che non esista più nessun Genio, per sempre, in qualsiasi luogo esistente o non esistente, che muoiano tutti all'istante, senza poter rivivere, e che nessuno possa esaudire più i suoi desideri, e resti per sempre insoddisfatto e infelice, e che tu faccia tutto questo nel più completo silenzio e senza attirare l'attenzione. -
Intravidi una fiammella che si spegneva con la coda dell'occhio. Poi presi la cassa, e quando mi chiesero con chi stessi parlando e perché avessi tardato, risposi che mi aveva chiamato un tizio che aveva sbagliato numero e che al buio avevo sbagliato macchina.
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