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Galleria
Erano venti minuti che la guardava, per poi nascondersi dietro il suo libro dalla copertina scura.
L'atmosfera malsana del vagone contribuiva a rendere la scena inquietante. Nella folla, nel buio inframezzato dalla cattiva illuminazione della galleria, con il sordo rimbombo delle rotaie, le sembrava di vedere la scena come in un sogno.
I passeggeri di uno stesso vagone condividono un destino comune, lanciati in velocità eppure immobili nell'ignoto, tra una fermata e l'altra. Quella volta, però, tutti gli altri presenti si ridussero a ombre scure: mendicanti, uomini in cravatta con valigetta al seguito, giovani dall'aria trasandata divennero contorni di quel gioco di sguardi, ornamenti sul palcoscenico dove stava avendo luogo quel dramma.
Aveva imparato a memoria tutti i dettagli del suo abito elegante.
Aveva preso a contare, in un assurdo gioco, i secondi che passavano tra un tic e l'altro. Una volta si aggiustava gli occhiali, un'altra si passava una mano nei capelli, con un intervallo costante di venti secondi tra un gesto e l'altro.
Doveva essere piuttosto giovane, forse sulla trentina: il viso scarno non presentava rughe, e la folta barba nera sembrava accordarsi perfettamente a quegli occhi assorti.
Erano quegli occhi che l'avevano stordita. Quegli occhi che la fissavano furtivi, che saggiavano la sua modesta figura avvenente e melanconica di donna stanca, che doveva essere stata bellissima. Senza dubbio, lei in quegli occhi non vedeva alcuna virtù: l'uomo forse non era bello, e non lasciava trasparire alcuna qualità particolare. Anzi, sembrava mimetizzarsi perfettamente con l'atmosfera di decadenza che regnava in quel vagone. Tuttavia, quello sguardo l'aveva turbata profondamente. Lo sentiva su di sé, come una carezza inquietante, un rivolo di acqua fredda sulla schiena.
Rabbrividendo, si voltava continuamente verso di lui, giusto in tempo per vederlo chinare la testa di scatto, imbarazzato. Ogni volta che ciò accadeva, dentro di lei cresceva inspiegabilmente un piacere feroce, di rivalsa. Sapeva che anche in lui stava crescendo quello strano misto di paura e desiderio, un'inquietudine che dettava il ritmo di quella strana danza dei volti.
Si stava chiedendo se il senso di sporcizia che la pervadeva stesse montando anche in lui: ad ogni carezza di quello sguardo lei cercava di ritrarsi, come una bambina lorda di fango, come se lasciarsi esaminare da quegli occhi costituisse la più terribile delle lussurie.
Un tradimento, ecco cos'era. Un colpo secco.
Una cannonata che avrebbe frantumato tutto ciò che aveva costruito in quegli anni, al prezzo di enormi sofferenze.
Una passata di spugna, che avrebbe purificato il suo animo dal peso dell'impotenza, dalla ruggine che l'aveva resa indifferente alla vita.
L'uomo che l'aspettava a casa non sarebbe stato contento di questo. Come tutti i giorni, l'avrebbe insultata, forse picchiata. Sicuramente si sarebbe sfogato poi sulla bambina, decisamente meno inerte e più sensibile al dolore delle percosse.
Suo marito amava vederle soffrire. Il dolore nei loro occhi era una medicina per il suo spirito di uomo frustrato.
Più che mai, però, amava rigirare nel suo cervello la consapevolezza della loro impotenza: non sarebbero mai potute fuggire, nessuna delle due. L'una, non ne aveva il coraggio. L'altra, non ne aveva i mezzi, almeno per il momento.
Ma anche nell'istante in cui sarebbe diventata adulta, la sua bambina avrebbe portato per sempre nella sua psiche il marchio dell'amore paterno.
Il treno era entrato in galleria.
Il buio aveva inghiottito il paesaggio esterno.
Il movimento non era più: il tempo e lo spazio erano scomparsi.
Lui finalmente la stava guardando in volto, quasi sfrontatamente. La studiava attento, quasi fosse stata una candida scultura di marmo, la rappresentazione di una sofferenza che va oltre l'esprimibile.
Il dolore delle vita perduta in un passato lontano, l'orribile catena di eventi che l'aveva sepolta viva, prematuramente e definitivamente. Tutto questo era nel suo sguardo e la rendeva infinitamente bella.
Ma una mano tremante uscì dalla tomba. Un'idea antica riemerse dal gorgo nero della coscienza, e la bellissima statua divenne viva, di nuovo.
Il treno uscì dalla galleria e fu inondato dalla luce di quella mattina soleggiata. Il mondo esisteva di nuovo.
Lei sorrise all'uomo barbuto, e scese con tranquillità alla sua fermata.
Lungo la via di casa, si fermò per comprare un coltello. Lama ampia, lucente e affilata.
Quella notte, sarebbe tornata a vivere. Sarebbe stata più viva che mai.
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