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I colori dell'animo parte I
Era una delle solite giornate della bella stagione. Una di quelle giornate così calde e afose che non potevo fare altro che starmene stesa in panciolle a fissare la ventola da soffitto che scandiva il tempo con il suo ronzio monotono. Avevo sete, ma alzarmi dalla mia posizione sembrava una fatica di ercole.
Ero prigioniera della nonna quell'estate. I miei avevano avuto la bella pensata di ristrutturare casa e, mentre loro si sarebbero arrangiati a dormire tra vernice fresca e scatoloni per qualche mese, io dovevo restare qui in modo da "non essere d'intralcio" e "socializzare con la nonna che non vedevo mai". Quella sarebbe stata un'estate che non avrei dimenticato per il resto della vita, ma allora ancora non lo sapevo.
Ero senza internet, avevo letto tutti i libri che mi ero portata, sentito l'ipod fino alla nausea e ora non sapevo proprio che fare. La nonna era di sotto, sonnecchiava davanti all'unico televisore che possedeva e con cui avevo cercato di distrarmi, ma con poco successo.
Avevo sostenuto gli esami di maturità da poco, ero libera dalla scuola e dai compiti delle vacanze e mi iniziavo proprio ad annoiare. Le settimane precedenti avevo esplorato tutto il quartiere, conoscevo a memoria ogni palmo di terra - secca per via della siccità- dei miei vicini. Era un quartiere abitato per lo più da anziani, non c'era traccia di ragazzi tranne la domenica quando qualche famiglia si degnava di far visita ai nonni.
Il mio cellulare era muto da mesi, escludendo i messaggi promozionali che il gestore telefonico mi mandava. Ma a me non servivano messaggi gratis, internet, chiamate... tanto non avevo nessuno con cui comunicare. I miei chiamavano regolarmente dalla nonna e loro erano gli unici ad interessarsi a me. Non ero un tipo solitario, avevo avuto amici, ma con la maggior parte ci avevo litigato perché ero stanca di dare tutto e non ricevere niente. E speravo nella svolta post liceo, in una nuova vita e bla bla bla.
Mi dovevo alzare, la mia pelle a contatto con quella sintetica del divano non faceva altro che farmi sudare di più. In uno slancio mi alzai e mi avviai giù per le scale, la nonna attaccava non so quale bottone seduta su una sedia, con in sottofondo una televendita di un attrezzo contorto che prometteva addominali da urlo usato solo per dieci minuti al giorno.
Aprii svogliatamente il frigo, sperando di trovarci qualcosa che un'ora prima non c'era messa da chissà chi. Bevvi a piccoli sorsi da una bottiglia ghiacciata. La nonna mi consigliò di prendermi un ghiacciolo per rinfrescarmi un po' e attaccò a lamentarsi del suo mal di schiena e a blaterare del tempo che non aiutava per niente le sue condizioni fisiche.
La ascoltavo a malapena intenta a scartare il ghiacciolo, i suoni che uscivano dalla bocca mi arrivavano come se si trovasse sotto una campana di vetro. Ero intenta a guardare una mosca che gironzolava stonata e volevo scoprire se avrebbe avuto il coraggio di posarsi sul mio gelato. "Marta, ma mi ascolti?" La donna richiamò a sé l'attenzione. Come dicevo oggi è la giornata dell'antiquariato e devi portare quei due scatoloni da Regina così mi disfo di un po' di roba vecchia e vediamo se ne ricavo qualcosa. Vai appena puoi, molte bancarelle dovrebbero essere già allestite, magari trovi qualcosa che ti può interessare. Stai sempre a casa, io alla tua età ero sposata.." Portai gli occhi al cielo l'ultima cosa che volevo era risentire la storia della vita della nonna per la centesima volta. "Certo nonna" la interruppi "Ci sto andando!".
Senza voglia presi i cartoni e mi avvia da Regina, una noiosa vecchietta che parlava sempre dei suoi gatti e che mi offriva dolcetti conditi con peli di questi ultimi.
Appena messo il piede fuori di casa l'aria calda mi avvolse in una morsa soffocante, rimpiansi subito il divano appiccicaticcio.
Però notai in strada un insolito movimento, che fino al giorno prima non avevo mai visto. Passeggiavano per strada coppiette senili avvinghiate ai loro bastoni, curve sulla schiena. Qualcuno aveva con sé, mano nella mano, il nipotino che frenetico scappava in avanti desideroso di far accelerare il passo al nonno. Volsi lo sguardo per vedere dove andavano e tutti si stavano dirigendo proprio da Regina il cui giardino in lontananza era circondato da bancarelle e gremito di gente. Attraversai a falcate la strada, incuriosita.
"Cara ti stavo aspettando!" mi salutò l'anziana " lascia pure lì gli oggetti grazie, me la vedo io "mi disse docilmente mentre era impegnata ad etichettare un vaso che poteva avere più o meno la sua stessa età. Poggiai le scatole e diedi un'occhiata in giro, probabilmente sarà stata la noia di quei giorni, ma ero totalmente affascinata da ogni singola bancarella. Vecchie macchine da scrivere, oggetti dall'aria tanto fragile quanto regale, lampade di dubbio gusto con pon pon impolverati, scrivanie in legno con bruciature ed evidenti segni di usura. Ogni cosa aveva una storia da raccontare. Iniziai a fantasticare su chi avesse posseduto quegli oggetti, su come un pregiato specchio dorato potesse essersi rotto, sul perché qualcuno aveva inciso con forza dei simboli su una vecchia sedia. Litigi, risate, intere vite mi passavano davanti agli occhi alimentando la mia immaginazione.
Mi avvicinai ad uno stand dall'aria un po' meno antica e più colorato. Qui c'erano fumetti con pagine mancanti, vinili e giocattoli usati all'estremo dai precedenti padroni. Scorsi tra quelle cose un cofanetto nero con ghirigori dorati che attirò subito il mio sguardo. Non era antichissimo, forse fine anni 90', ma aveva un nonsochè di misterioso. Mi avvicinai per cercare di leggere un qualcosa di rosso, che pareva una scritta rovinata dal tempo " nails polish". Smalti? Ma poteva essere? Mi accorsi di essere ad un palmo di naso dal cofanetto, intenta a fissarlo solo quando Regina mi parlò con il suo solito sorriso bonario stampato in faccia.
"Hai trovato gli smalti eh?" mi disse "Quelli non sono smalti normali, sono speciali sai " proseguì ridacchiando alla fine. "Sono di mia figlia, glieli portò un lontano parente dagli stati uniti, qui in Italia nessuno aveva mai sentito parlare di pittura per colorare le unghie" Ridacchiò ancora, mentre io l'ascoltavo rapita. Prese in mano la sinistra confezione e la aprì. Vi erano 9 smalti, di 9 colori diversi in delle eleganti boccette dalle forme strane. Su ogni smalto vi era una scritta, che lì per lì non riuscii a leggere. "Ti piacerebbe averli?" Mi tastai le tasche anche se ero certa di aver lasciato il mio portafoglio in casa. "Non ho soldi con me al momento però.." "Tranquilla tieni te li regalo, ne hai bisogno. Ti ho osservata, non bisogna mai smettere di credere nella magia, mai smettere di sognare." Così dicendo mi mise tra le mani il cofanetto e si allontanò senza dire altro.
Confermai a me stessa che l'anziana vicina era proprio svitata, anche se gentile e me tornai a casa.
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- p. s: anch'io ho scritto un racconto a puntate, diciamo così! dagli un'occhiata se vuoi, s'intitola "la scelta del sud". ciao ciao
- bel racconto, anche se immagino che sia soltanto l'inizio di qualcosa di più corposo. quindi adesso attendo di leggere il seguito! comunque ottimo stile, essenziale e chiaro. very good
- Originale e ben scritto.. il personaggio è complesso, e questo m'incuriosisce, soprattutto per il suo sarcasmo.. aspetto il secondo capitolo delle avventure di Marta
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