D'improvviso arriva la pioggia. Sottile, lenta, copiosa, scende dai cieli lontani a purificare i muri e le strade e a dissetare la terra arsa dalla calura estiva. E prima di cadere profuma l'aria. Una musica pigra si sveglia indolente e fa vibrare il paesaggio sonnacchioso: inizia la danza. Miliardi di gocce scendono precise dal cielo e baciano la terra e tante altre compagne le rincorrono veloci, seguendo lo stesso identico ritmo.
Appoggio il viso al vetro della finestra solcato da innumerevoli rigagnoli, che zigzagando ininterrottamente si dirigono verso mete invisibili e sconosciute. Il contatto freddo per un attimo fa scivolare i pensieri: la pioggia diventa sempre più fitta. Ascolto lo scorrere intenso e irrefrenabile di quei fili d'acqua perpendicolari alla terra che, cadendo, si infiltrano in ogni dove. La pioggia scorre nelle grondaie, disegna cerchi nelle pozzanghere, picchietta e rimbalza al suolo, disseta le piante e i fiori sui balconi, bagna il mondo. Odore di antico e di umido attraversa l'anima, un odore che solo la pioggia porta con sé, perché essa conosce il rito eterno e mai immutato. Un rito primordiale che si ripete in ogni goccia e racconta il suo segreto agli alberi che sibilano e rivelano segreti mai svelati. La pioggia scende a ridare vita. E cadendo tamburella sulle mani, inzuppa i capelli, lucida il viso ma poi per farsi perdonare lascia sulle labbra un bacio lieve e fresco.
La pioggia piange lacrime di diamanti che guardano l'infinito lontano. A volte è una tristezza di sogni perduti e infonde la sottile inquietudine di non essere più in tempo. La pioggia è una malinconia novembrina che avvolge e si intessa nel cuore.