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Color porpora
"Arrivo!" esclamò Viola correndo a grandi passi verso la porta d'ingresso. Il citofono aveva appena emesso il suo suono acuto e lei non era ancora pronta. Quel sabato, come tutti gli altri da quando aveva scoperto il suo ragazzo baciare la sua migliore amica, lo avrebbe passato in discoteca insieme al suo gruppo di studio. "Ciao" disse un po' delusa.
"Ciao" la salutò Filippo, il ragazzo che abitava nel suo stesso pianerottolo. Anche lui era uno dei tanti studenti che aveva la casa in quel condominio e aveva subito preso Viola in simpatia. Era stata catapultata in quella realtà così caotica e ben diversa dalla tranquillità del suo paesino da poco più di un anno e, grazie anche al suo aiuto, era riuscita ad ambientarsi e a prendere familiarità con quell'ambiente. "Mi chiedevo se magari ti andava di andare al cinema" disse tutto d'un fiato. Gli ci erano voluti tre mesi per racimolare il coraggio necessario per farle quella proposta. Ci pensava da quando quello stronzo di Alex non aveva avuto scrupoli nel farsi vedere in intimità con Cristina.
"Sono le undici e mezzo" gli fece notare Viola. Filippo lo sapeva bene; fissava la porta di Viola dalle otto. "Ah sì?" finse "hai ragione, allora è meglio se torno dentro... e poi tu..." gli cadde lo sguardo sul miniabito nero che fasciava il corpo sinuoso della sua amica.
"Vado in discoteca con le ragazze del mio gruppo di studio... vuoi venire con noi?"
"Non so se è il caso..." Filippo abbassò lo sguardo sui suoi pantaloni della tuta e sulle pantofole.
"Dai svelto, vatti a cambiare... una camicia, un paio di jeans e sei a posto... muoviti!" Viola lo spinse fuori e tornò di fretta in bagno per truccarsi anche l'altro occhio.
Le amiche di Viola non gli piacquero molto. Ma questo non sembrava rappresentare un problema visto che sparirono subito tra la folla. Gli bastava passare la serata con lei, che, al contrario, era più timida e le ci voleva un po' per sciogliersi. Guardò Viola e le sorrise senza motivo. Quella sera finalmente avrebbe potuto tentare un approccio, farle capire quanto ci teneva a lei, quanto desiderava vederla felice ed essere il motivo della sua felicità. Voleva abbracciarla, accarezzarla, baciarla... ma non aveva mai osato nemmeno sfiorarla. Stava per nascere qualcosa tra loro appena si erano conosciuti. Era convinto che sarebbe successo se solo Alex, spavaldo e sicuro di sé, non si fosse intromesso. Filippo si era fatto da parte assumendo il ruolo di amico pur continuare a far parte della sua vita. "Mi offri da bere?" Viola gli strizzò l'occhio e si avvicinò al bancone del bar. "Sì certo" la seguì e ordinò due rum e coca. Passarono un'allegra mezz'ora seduti su un divanetto parlando e ridendo. Forse grazie alla musica, alle luci e all'alcol, l'atmosfera sembrava più rilassata. A Viola girava un po' la testa, ma era una sensazione tutt'altro che spiacevole. Un'euforia dovuta alla situazione. Dopo una settimana passata a studiare e a seguire diligentemente le lezioni aveva voglia di sfogare la sua esuberanza e la sua vitalità. "Andiamo a ballare?" si alzò afferrando la mano di Filippo.
"Ma... non saprei..." fu la risposta imbarazzata dell'amico.
"Dai! Per fav..." il sorriso di Viola si spense repentinamente. Un ragazzo stava andando verso il bancone del bar. Un ragazzo con un'aderente camicia bianca sbottonata sul petto. Teneva il muscoloso braccio destro attorno alla vita di una ragazza alta e snella. L'immagine colpì Viola dolorosamente. Quel braccio una volta stringeva lei. Sussurrò qualcosa nell'orecchio alla ragazza che rise buttando indietro la testa. Alex e Cristina. Il suo ragazzo e la sua migliore amica. O meglio, il suo ex ragazzo e la sua ex migliore amica. Quella era la sua vita. La sua felicità. E la stava vivendo Cristina. Era già troppo incrociarli all'università, perché anche quella sera dovevano sbatterle in faccia la loro relazione? Filippo individuò subito la coppia e il suo odio per Alex crebbe ancora di più. Gli aveva di nuovo rovinato la possibilità di avvicinarsi a Viola che, ne era certo, si sarebbe chiusa in se stessa. "Vuoi che andiamo via?" le chiese timidamente.
"No" rispose secca "io ho pagato e voglio stare qui. Non permetterò a quei due serpenti a sonagli di rovinarmi la serata" raggiunse sculettando più del dovuto il bancone del bar e ordinò una vodka che scolò tutto d'un fiato. "Un'altra" porse il bicchiere al barista che prontamente lo riempì.
"Ma cosa fai?" le chiese Filippo preoccupato "hai già bevuto..."
"Fatti i cazzi tuoi"
"Viola..."
"Lasciami stare..."
"E tu smettile di riempirle il bicchiere!" urlò Filippo disperato al barista.
"No" protestò lui "mi pagano..."
Filippo prese Viola per un braccio e la trascinò lontano dal bancone. "Lasciami!" urlò lei con gli occhi eccessivamente sgranati.
"Non ti rendi conto che così peggiori solo le cose?"
"Tu non capisci... io li odio, li odio con tutta me stessa!"
"Ma così gliela stai dando vinta! So benissimo che tutti i sabati sera torni a casa ubriaca... non ti fa bene"
"Cosa ne sai tu di quello che mi fa stare bene?" detto questo si allontanò e si confuse nella folla. Filippo la perse di vista.
Non le importava di ballare da sola. S'immerse nel ritmo e il resto scomparve. Alex e Cristina, Filippo e persino tutti le altre persone che affollavano la pista. Solo lei, la musica e l'alcol che le correva nelle vene, più veloce dell'adrenalina. Il cuore batteva forte e le luci che si accendevano e spegnevano in un batter di ciglia confusero tutto. Vedeva le persone intorno che si muovevano come a rallentatore sotto i flash luminosi. Ad un certo punto due mani grandi le afferrarono la vita e le accarezzarono i fianchi. Qualcuno dietro di lei stava assecondando i suoi movimenti. Sorrise godendosi tutto il brivido che quelle mani le procuravano. Con gesti rapidi e sicuri il ragazzo la girò e Viola si ritrovò faccia a faccia con un perfetto estraneo. Un ragazzo carino che aveva tutto ciò che desiderava quella sera; una bella bocca, sguardo malizioso e maglietta attillata che metteva in evidenza il fisico scolpito.
"Come ti chiami?" le urlò nell'orecchio.
"Viola. Tu?"
"Riccardo. Sei fidanzata?"
"Assolutamente no" rispose con troppa enfasi.
"Bene" Riccardo si avvicinò ancora di più alla ragazza e fece scivolare le mani sul suo sedere. Viola stava per protestare ma poi pensò che lui non era pericoloso, ma un angelo custode che, per quella sera, le avrebbe fatto dimenticare i problemi e l'avrebbe fatta stare bene. Cominciò a strofinarsi su quel corpo sconosciuto e sentì qualcosa di duro premerle sul ventre. Si sentì lusingata per quella reazione. L'immagine di Alex e Cristina stava scomparendo, come la sua sensazione di inadeguatezza, il suo non sentirsi abbastanza bella in confronto a Cristina. "Sei bellissima" le sussurrò Riccardo provocandole un lungo brivido lungo la schiena. Glielo faccio vedere io a quei due, pensò Viola cingendo con le braccia il collo di Riccardo.
Dopo aver vagato per quelle che gli erano sembrate ore, Filippo individuò Viola. Era avvinghiata a un ragazzo dall'aspetto poco raccomandabile. Gli ci erano voluti due minuti a quello sconosciuto per accaparrarsela. Ma non doveva essere egoista, Viola poteva essere in pericolo. Cercò di ignorare le fitte di dolore causate da quelle braccia ignote che circondavano il corpo di Viola e si avvicinò alla ragazza. "Viola!" la strattonò. "C'ero prima io!" si ribellò Riccardo "trovatene un'altra" Filippo respirò profondamente tentando di mantenere la calma. "Viola per favore, andiamo via"
"Non ci vengo via con te"
"Non sei lucida, dammi retta"
"No!"
"Ragazzi..." s'intromise Riccardo "io non cerco rogne..."
"Non ti preoccupare" Viola fissò Filippo con aria di sfida "mio fratello voleva solo salutarmi prima di andar via"
Filippo rimase pietrificato, incapace di muoversi e soprattutto di sostenere lo sguardo fermo e deciso di Viola. Bene, che se la cavasse da sola allora! Non avrebbe più mosso un dito per lei. Un'irriconoscente, ecco cos'era. Uscì di corsa dalla discoteca, salì in macchina e sgommò via di corsa. Lei non lo meritava. La rabbia aveva preso il sopravvento. "Non m'importa" disse cercando inutilmente di convincere se stesso che fosse vero.
"Mi piaci un sacco..." Riccardo abbassò lo sguardo sulla bocca carnosa di Viola. Lei, ormai completamente ubriaca non solo di vodka, ma anche del dopobarba di Riccardo, era in estasi. Sono carina, si disse, non un cesso da rottamare come ha fatto Alex. Le piaceva ballare con Riccardo. Andava a tempo, si muoveva bene e ogni volta che la toccava era un nuovo brivido. Non le era mai capitato di stare così vicina ad uno sconosciuto. Si era creata una strana intimità come se, nel loro piccolo mondo, si conoscessero bene. Gli sorrise maliziosa. Con una mano Riccardo le scansò i capelli e cominciò a baciarla sul collo. Viola era tutta un brivido. Appoggiò la testa sulla spalla del suo partner e lo lasciò fare. Chiuse gli occhi quando lui raggiunse la sua bocca. La testa le girava ancora di più mentre sentiva la lingua di lui farsi strada alla ricerca della sua. Tutti i sensi erano confusi. "Quanto mi ecciti..." le sussurrò mordendole il lobo dell'orecchio. Per Viola era una nuova scarica elettrica. Si sentiva più leggera, come se fosse fatta di elio. Si stava dimenticando i suoi problemi, per quella sera non sarebbero esistiti. E tutto questo lo doveva a Riccardo, al suo angelo custode. Era di nuovo spensierata. Per lo meno questo era quello che l'alcol le faceva credere.
Poco distante, Cristina ballava allegramente con il suo ragazzo. Lui le sorrise e affondò il viso nella sua spalla per sentire quell'odore che tanto gli piaceva. "Ma quella è Viola!" esclamò Cristina cessando di ancheggiare. "E allora?" disse Alex "si sta divertendo, lasciala stare..." provò a riafferrarla, ma lei non aveva occhi che per Viola. Stava uscendo dalla discoteca con un ragazzo che le teneva una mano sul sedere mentre lei rideva alle sue battute. "Quel ragazzo... non lo conosce!"
"Ma che ne sai?"
"Ma sì... si sono avvicinati prima mentre ballavano, li ho visti..."
"Vorrà dire che non è più ossessionata da me"
"Alex, ma sta andando fuori... è pericoloso io... io devo fermarla"
"Cri, ma dove vai? Resta qui!" urlò, ma lei era troppo lontana per sentirlo. Con le guance in fiamme Cristina raggiunse Viola. La conosceva troppo bene e riuscì a capire dal suo sguardo che non era sobria. "Viola" le sfiorò una spalla. "Stronza!" urlò l'ex amica. Prima di riuscire a controllarsi, la mano le partì con forza scagliandosi contro la guancia di Cristina. Bruciava. Non tanto la guancia, quello le sarebbe passato, ma la consapevolezza del male che aveva causato a Viola, la persona che per tutta la vita era stata come una sorella per lei.
"Era tanto che me lo volevi dare vero?"
"Pensi di aver rimediato tenendoti lo schiaffo? Sai quanti altri ne meriteresti?"
"Sì lo so... ma non devi andare fuori... ascoltami..."
"Ascoltarti? L'avrei fatto, magari avrei anche capito, ma tu hai preferito stare zitta e rovinare tutto! Sei una troia, sei solo una lurida troia!"
"Viola, io mi sono innamorata come non mi era mai successo prima... è solo che non volevamo ferirti..."
"Mi avreste ferito comunque, avete solo scelto il modo peggiore"
restarono a fissarsi negli occhi. Quelli di Cristina erano umidi di lacrime. Le era costato quell'amore. Aveva dovuto sacrificare la sua migliore amica, la sua confidente, la sua metà, in un certo senso. Sapeva che non sarebbero tornate amiche, non poteva pretenderlo. Però forse avrebbe potuto fare qualcosa per lei, qualcosa di buono, avrebbe potuto salvarla da una situazione spiacevole. "Andiamo" con aria di sfida, Viola afferrò la mano di Riccardo e lo seguì fuori. "Sta attenta!" non poteva più sentirla.
Nella sua tranquilla camera da letto, Filippo era sveglio come un grillo. Fissava il cellulare impaziente. Non sapeva nemmeno chi dovesse chiamarlo e tanto meno perché. Aveva lasciato Viola in pasto a un ragazzo dalle dubbie intenzioni. Sperava di sentire un paio di tacchi sul marmo del pianerottolo o il rumore dell'ascensore. Tutto restava silenzioso. Statico. Sospeso.
A rompere quel momento ci pensò Cristina. "Pronto?" rispose Filippo dopo un solo squillo.
"Filippo, sono Cristina"
"È successo qualcosa a Viola?"
"Viola è uscita con un ragazzo, non sono riuscita a fermarla, non mi ascolta... ho paura che possa..." non fece nemmeno in tempo a finire la frase che Filippo era già in macchina diretto verso la discoteca.
"Si gela" esclamò Viola una volta arrivata nel parcheggio in compagna di Riccardo. Era dicembre e aveva addosso solo un minuscolo abito. "Non ti preoccupare" le mormorò Riccardo "adesso ci riscaldiamo" e l'appoggiò senza troppa delicatezza alla sua auto. Le diede un veloce bacio sulla bocca e cominciò ad armeggiare con la lampo dei suoi pantaloni. "Cosa fai?" Viola era spaventata "No, Riccardo... non voglio"
"E dai, non fare la difficile proprio adesso" la spinse ancora di più schiacciandola con il suo peso. Le afferrò il seno e provò a baciarla. "No..." lei scuoteva la testa "lasciami!" urlò nella speranza che qualcuno la potesse sentire. Non riusciva a liberarsi dalla stretta di Riccardo, lui la teneva ben salda. "Shh... non urlare" disse passandole la lingua sull'orecchio "ci divertiamo un po', non c'è niente di male...'sta tranquilla..." le infilò una mano sotto la gonna, stava per abbassarle le mutandine quando i fanali di una macchina gli piombarono sugli occhi. Riccardo fu costretto ad allentare la presa per coprirsi gli occhi abbagliati. Viola approfittò del momento di distrazione per correre via e trovò rifugio tra le braccia di Filippo. Riccardo imprecò silenziosamente e corse dentro prima di congelare del tutto.
Mezz'ora dopo Viola era seduta sul suo divano, accanto a Filippo con addosso la felpa che le aveva prestato. Aveva vomitato e lui, pazientemente, l'aveva aiutata a struccarsi e a lavarsi la faccia. "Perché sei tornato?" Viola ruppe il silenzio.
"Ero preoccupato"
"Perché?"
"Eri in difficoltà"
"Come facevi a saperlo?"
"Mi ha telefonato Cristina"
a sentirla nominare, Viola si agitò. Era solo colpa sua se lei era in quello stato. Come aveva potuto tradirla in quel modo dopo una vita passata a essere molto più che amiche? Con lei si era aperta come con nessun altro. Le aveva permesso di conoscerla in profondità. Era il suo alter ego, la sorella che non aveva. "Io non voglio difenderla..." cominciò Filippo "però..."
"Lei mi ha messo in questo casino"
"Sì, ma è anche lei che ti ha tirata fuori"
"Sei stato tu"
"Non avrei potuto farlo se non mi avesse chiamato... pensaci"
"Non adesso... non voglio pensare a lei" Viola si alzò, raggiunse la finestra e scansò le tendine. Il cielo era stranamente limpido e pieno di puntini luminosi. La città era ancora viva e brillava. Da lì si vedeva tutta. "Guarda che bel panorama" fece con calma. Filippo si posizionò accanto a lei per guardare dalla finestra. "Non ci avevo mai fatto caso" il tono di Viola era stupito e felice, come quello di una bambina che trova il regalo desiderato sotto l'albero di Natale. "Spesso non facciamo caso alle cose che abbiamo sotto gli occhi" disse Filippo.
"Che vuoi dire?"
"Viola... io sono innamorato di te" quelle parole gli uscirono di colpo. Erano rimaste represse per troppo tempo e in quel momento non volevano saperne di fermarsi. "Possibile che non ti sei mai accorta di niente? Io ho sopportato la tua storia con Alex e credimi se ti dico che sono stato male per te quando è finita. Dimmi pure che sono presuntuoso, ma io vorrei vederti sorridere e vorrei che fosse anche per merito mio"
Viola era impassibile all'apparenza. Troppi sentimenti le si stavano muovendo dentro, troppi episodi cominciarono ad avere senso. Il suo corpo era in stand-by per permettere alla mente di riordinare tutto. Era troppo orgogliosa per sentirsi messa da parte. Era troppo concentrata sul tradimento della sua amica per rendersi conto che di Alex non le importava più nulla. Si era comportata come una stupida. Davanti a lei c'era un bellissimo giovane uomo che le stava chiedendo un'opportunità. Lo guardò dritto negli occhi e si rese conto di quanto fossero sinceri e rassicuranti. Erano verdi. Non ci aveva mai fatto caso. Avrebbe potuto perdersi in quegli occhi. "Va bene, ho capito" disse Filippo avviandosi verso la porta "facciamo finta di niente"
Viola gli corse incontro e, prendendogli il viso tra le mani, lo baciò con trasporto. Tutta la tensione, il dolore e il rancore covato in quei mesi si dissolsero all'improvviso. "È lo stesso anche per me" gli sussurrò. Poi chiuse gli occhi per baciarlo di nuovo.
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