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La ballata
- Spero che arrivi presto qualcuno e ti spari.
Il tono di voce non è né troppo alto né troppo basso. Né troppo intimo né troppo distaccato.
È solenne.
Sì, solenne di certo. Come un attore su un palco teatrale. Ma sì, sicuramente è una battuta da un copione delirante di qualche autore da strapazzo. Però non c'è nessun palco e nessun teatro. Solo due piccole scatoline piene di pulsantini che servono per comunicare anche ad enormi distanze. Sì, insomma due cellulari.
- Così almeno abbiamo risolto le nostre vite.
E sì, la voce è davvero solenne. Quelle lettere, una ad una, si sradicano dallo stomaco di lei, percorrono tutto l'esofago, si caricano nella gola, sbattono tra un dente e l'altro, si inumidiscono scivolando sulla lingua e, prendendo la loro esatta disposizione, arrivano, attraverso quelle scatoline, a trapanare le orecchie di Roberto. Gli perforano il padiglione, ne percorrono tutta la spirale e giù a gettarsi dritte e fameliche nel cervello. Lo pungono, lo martellano, lo sventrano, per conficcarsi nel cranio di lui e scivolare nuovamente tra i suoi denti, inumidendosi ancora sulla sua lingua che non si muove e le rigetta nella gola. Si arpionano al suo esofago per lanciarsi, dopo aver graffiato e compromesso il cuore, verso lo stomaco di lui per ribollire e cementarsi.
- Ma... che stai dicendo? - riesce a esordire dopo un paio di minuti di silenzio.
- Hai capito benissimo. Dai, adesso dimmi che sono una stronza. Ma possibile che non capisci. Non capisci che così è peggio? Arrivo a pensare questo, sì, spero che arrivi presto qualcuno e ti spari. Così almeno capisci. Cerco di non darti colpe, ma... Servirà questo per farti capire. Ti rendi conto?
- Ma B... - cerca invano di intromettersi nel delirio.
- Basta! Basta! Basta!
Di colpo, nelle orecchie di Roberto, rimangono solo dei suoni freddi a ritmo cadenzato. Ma no, non può aver sbattuto giù. Nella foga avrà schiacciato qualche tasto sbagliato o semplicemente è caduta la linea.
Roberto prova a richiamarla. È spento. Che strano. Cos'è successo? Queste scatoline piene di pulsantini non funzionano più come una volta.
Ma quelle lettere, una ad una, gli si sono cementate sullo stomaco. E sono disposte nel modo esatto. O almeno nel modo che voleva lei. Come un cestello della lavatrice mentre fa la centrifuga sembrano continuare a roteare sempre più veloci.
E sono di lei, ma ora sono sue, e sono come, quelle, quante, disposte come voleva lei.
Spero che.
Spero che arrivi.
Spero che arrivi presto.
E girano girano, sembrano fossilizzarsi sempre più nella carne di Roberto.
Spero che arrivi presto.
Spero che arrivi presto qualcuno e ti spari. Ti spari.
Roberto fa appena in tempo a scostarsi dalla poltrona e vomita proprio sopra al tappeto arancio e azzurro che gli piace tanto. Fa sforzi e finalmente non ha più nulla da buttare fuori.
Ma S-P-E-R... quelle lettere sono ancora là.
Va in bagno a ripulirsi. Si guarda allo specchio.
No, lei non può volergli fare del male. È un essere straordinario e lui, lui le ha sempre dato tutto. Sì, sono quattro anni che sta male come un cane, che piange, piange e non ha più vita. Quattro anni. Sì, però...
Si è trasferito un paio di anni fa, il lavoro glielo permetteva. Ha lasciato amici e ogni passione. Le ha dedicato ogni secondo della sua esistenza. E ci sono stati dei momenti in cui sono stati bene. Più di un anno fa, l'ultima volta che hanno fatto l'amore, lei gli aveva detto che voleva solo le sue mani addosso, non voleva nessun altro uomo.
Sì, dopo ci sono stati un po' di problemi. Si è messa con un altro ragazzo ma è logico che non si faceva certo sfiorare la pelle da quelle mani sciocche. È sempre stata sincera. Non c'è nessuna come lei.
La colpa è sua, è sola sua.
È lui che non le ha dato abbastanza. Non è mai riuscito a darle certezze, sicurezze. Non si può campare mica solo di sogni.
Lui è cattivo. Non la merita. È troppo pesante, troppo contorto. Sì, lei lo capisce ma se solo lui riuscisse a darle davvero qualcosa di grande. Roberto ha cercato di farle capire ma lei si è irrigidita sempre più. Non la seguiva per spiarla. Non stava ore e ore sotto il suo portone perché non si fidasse. Non la bombardava di telefonate in ufficio perché voleva disturbarla. Aveva solo voglia di sentirla anche se gli aveva detto un miliardo di volte di non farlo.
Vabbè, forse quando le aveva rapito il gatto, dicendole che se lo rivoleva doveva venirselo a riprendere nel suo appartamento, aveva esagerato un po' ma non serviva certo fare tutte quelle sceneggiate. A lui piacciono i gatti.
E alcuni mesi fa lei ha lasciato quel ragazzo e sicuramente senza farsi mai toccare. L'ha lasciato perché è sempre stato chiaro che non può restare a lungo lontano da Roberto. E così lui le sta vicino ogni minuto che ha libero, anche se lei magari non lo sa.
Forse ha ragione. Forse lui non ha dimostrato abbastanza. Forse davvero si merita una giusta punizione perché lei è troppo oltre.
È troppo perfetta per lui.
Cosa può pretendere?
E poi l'amore non ha limiti, no?
Com'è quella storia? Sì, bisogna volere il bene dell'altra più del proprio. Morire al posto suo. Giurare amore eterno. E cosa c'è di più eterno della morte?
Certo, lei gli ha solo chiesto la prova più grande e sicuramente la più giusta. Lei non lo lascerà mai, in nessun luogo e in nessun tempo. Pensa e ripensa sembra proprio un concetto perfino romantico. Anzi, sicuramente romantico. Roberto ne è sempre più convinto. Lei si merita di più.
Ma lui una pistola non ce l'ha. E poi non può spararsi da solo. Sarebbe davvero da vigliacchi e lei s'incazzerebbe perché non è neanche riuscito a fare quello che gli ha chiesto. E avrebbe ragione. "Spero che arrivi presto qualcuno e ti spari". Questo gli aveva detto e forse era anche giusto per le coscienze di entrambi.
Non c'è tempo da perdere. Ha aspettato anche troppo. Si mette il giaccone e sale in auto. Il pomeriggio è appena iniziato.
Mentre guida sente ancora le lettere ancorate allo stomaco e d'improvviso gli riaffiora alla mente una canzone che gli è sempre piaciuta tanto, "La ballata dell'amore cieco" di Fabrizio De Andrè, e così, ora quasi allegro e risollevato, l'ascolta allo stereo durante il tragitto e canticchia assieme a quell'aggeggio pieno di pulsantini che serve a sentire musica e parole anche ad enormi distanze:
"Un uomo onesto, un uomo probo. Tra-la-la-lalla tra-la-la-lero, s'innamorò perdutamente d'una che non l'amava niente.
Gli disse "portami domani" tra-la-la-lalla tra-la-la-lero gli disse "portami domani il cuore di tua madre per i miei cani.
Lui dalla madre andò e l'uccise tra-la-la-lalla tra-la-la-lero dal petto il cuore le strappò e dal suo amore ritornò.
Non era il cuore, non era il cuore, tra-la-la-lalla tra-la-la-lero non le bastava quell'orrore, voleva un'altra prova del suo cieco amore.
Gli disse "ancor se mi vuoi bene" tra-la-la-lalla tra-la-la-lero gli disse "ancor se mi vuoi bene, tagliati dai polsi, le quattro vene.
Le vene ai polsi lui si tagliò, tra-la-la-lalla tra-la-la-lero e come il sangue ne sgorgò, correndo come un pazzo da lei tornò."
Sicuramente un'armeria la troverà da qualche parte. Non dovrebbe essere difficile sebbene non abbia mai armeggiato un'arma in vita sua. Ma il problema più grande è trovare qualcuno che gli spari. Non può certo aspettare che arrivi un individuo per caso a fare una follia del genere. Dovrà trovarlo. Sì, è una piccola variante ma lei non lo verrà mai a sapere. Ma dove lo può trovare?
Magari può farlo con un coltello, con quello ci riuscirebbe anche un bambino. Magari una rissa, ne capitano tante ogni giorno. Oppure una caduta goffa. Che idea stupida, cadere perfettamente sopra un coltello a terra con la lama verso l'alto. Come fanno a venirgli delle idee così del cazzo. E poi questo sì non potrebbe nasconderglielo. Quando lei lo vedrebbe, sarebbe evidente che si tratta di una ferita da coltello e non da arma da fuoco. E continua ad ascoltare e canticchiare la canzone.
Vede finalmente un'armeria. Vi entra e chiede una pistola.
- Che tipo di pistola, signore?
- Che... che possa sparare.
L'uomo scheletrico dietro il bancone fa una sonora risata che sembra appartenere ad un altro corpo.
- Bè, se voleva una pistola giocattolo forse doveva andare in un supermercato. Signore, questa è un'armeria. Qui è tutto vero!
- Tutto vero?
Le lettere stringono lo stomaco.
- Tutto, tutto vero. Avrà visto sull'insegna. Siamo in piedi dal 1911. Il mio nonno aveva già questa attività. Noi siamo i migliori.
- E lei è capace anche di usarla una pistola?
- Ma si capisce. - dice l'uomo scheletrico quasi colpito nell'orgoglio.
- E sarebbe capace di sparare su un uomo?
Lo scheletro rimane impietrito. Muove nervosamente una sopracciglia e si sporge verso Roberto.
- È venuto qua per prendermi in giro?
- A pagamento, si capisce. - risponde pronto Roberto per non farsi trovare impreparato.
L'uomo ha un sussulto e si scaraventa quasi al di là del bancone.
- Sparisca immediatamente. Esca prima che le metta le mani addosso. Non voglio saperne di pazzi come lei. Esca... - e continua con parolacce e accidenti verso Roberto che si catapulta fuori, quasi spinto dall'onda d'urto di quella voce che continua a chiedersi come possa essere contenuta in quel corpo.
Risale in macchina, accende la radio sulla stessa canzone e canticchia:
"Gli disse, lei, ridendo forte tra-la-la-lalla tra-la-la-lero gli disse, lei, ridendo forte: - l'ultima tua prova sarà la morte. -
E mentre il sangue lento usciva, e ormai cambiava il suo colore, la vanità, fredda, gioiva: un uomo s'era ucciso per il suo amore.
Fuori soffiava dolce il vento tra-la-la-lalla tra-la-la-lero ma lei fu presa da sgomento quando lo vide morir contento.
Morir contento e innamorato quando a lei nulla era restato. Non il suo amore, non il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene."
Ce n'è di gente strana in giro. Lui ha fatto delle semplici domande. Gli sembra di essere stato anche gentile ma le persone sono davvero sempre più stressate.
Roberto gira ogni via della città. Trova altre armerie ma alla fine tutti gli creano un sacco di problemi, gli impongono mille cavilli e comunque al termine di qualsiasi discorso, gli chiedono il porto d'armi.
Non credeva potesse essere così difficile. Neanche avesse chiesto un mitragliatore!
Inizia a farsi avanti la sera e lui non è ancora riuscito a combinare nulla. Ecco, ora anche il semaforo rosso. Tamburella le dita sul volante.
- Luigi! Come ho fatto a non pensarci prima? Lui ne ha quattro di pistole anche se non ho mai capito perché. Ho le chiavi del suo appartamento e ne conosco ogni stanza e cassetto. Ne prenderò una in prestito. Poi gliela riporterò. - riflette un attimo - Vabbè, ne prenderò una.
Supera il semaforo e fa subito inversione. Come ha fatto a non pensarci subito? Che stupido, non è proprio in grado di fare niente. Per forza che poi lei non lo vuole. Lui è sempre stato perso nella musica, tra spartiti e quelle migliaia di note disposte diligentemente su quelle righine in mezzo a decine di chiavi. Ma per le cose pratiche è negato. Come quella volta che stavano andando a Bologna e si sono trovati nel mezzo di una bufera di neve. Era stata lei a montare le catene sulle ruote. Se fosse stato per lui sarebbero rimasti in panne per giorni. Lei è davvero un tesoro. Probabilmente Roberto, da quanto imbranato è, non riuscirebbe neanche a premere un grilletto di una pistola. Neanche in grado di uccidersi. Ma d'altronde, se i prossimi anni devono essere d'inferno come gli ultimi quattro, cosa ci deve fare ancora sul palcoscenico? Ma la colpa è sua.
Adesso però Luigi gli risolverà una parte del problema.
Sfreccia più veloce che può nella fuliggine cittadina verso la casa dell'amico. Luigi lo aveva ospitato nel suo appartamento per un paio di mesi appena si era trasferito in quella città. Era stato gentilissimo e magari poteva chiedere a lui di sparargli. È un amico. A che servono? Ma no, no, lui non ne avrebbe avuto le palle. È un codardo. Altrimenti non terrebbe quattro pistole in casa.
Ma ora un problema alla volta.
Arriva da Luigi. Entra. Trova subito le pistole. Sceglie la più piccola, la meno vistosa. Dovrebbe uccidere lo stesso. Lascia un biglietto sul tavolo dell'amico. Scrive: " Ho preso in prestito una tua pistola. Ti consiglio di denunciare il furto di anonimi molto velocemente. Ti conviene! Roberto."
Poi esce di corsa dopo aver preso un sorso di acqua dal frigorifero.
Corre verso casa. Vuole mangiare qualcosa prima di decidere come risolvere il secondo punto. Pensa sia meglio morire a pancia piena.
Glielo diceva sempre suo bisnonno. Ai tempi della guerra, quando c'erano le sirene che avvertivano dei bombardamenti, tutti i familiari uscivano di gran corsa per andare ai ripari. Ma lui no. Ogni volta sentiva le sirene, apparecchiava la tavola, prendeva il brodo e un tozzo di pane e si sedeva a mangiare. - Se devo morire che lo faccia almeno a pancia piena! - ripeteva come fosse la cosa più normale del mondo.
Vabbè, alla fine era morto e Roberto, che allora era bimbo, non si ricorda nemmeno come.
Roberto in realtà non riesce a mangiare granché. Continua ad avere quella canzone di De Andrè che gli ronza in testa e quelle parole che gli centrifugano lo stomaco. Spero che. Spero che arrivi presto qualcuno. E ti spari. Ti spari. Quattro anni per sentirsi dire quello. Va bene, ma ora non c'è tempo da perdere. Poggia il piatto nel lavabo ed esce, a piedi. Pensa dove possa trovare il suo aguzzino.
Gli viene subito in mente il King, il pusher più squallido e abominevole della città. Ogni tanto lo aveva rifornito. Magari lui non si sporcherà le mani ma avrà qualche suo scagnozzo. Roberto riesce a rintracciarlo. È un ammasso di carne e peli. Fa provare disgusto a prima vista, non conviene però dirglielo. Personaggio sempre con la battuta pronta, anche molto colto, si dice stia studiando per una seconda laurea. E c'è proprio da chiedersi come abbia fatto, a trent'anni appena, a crearsi quell'impero sotterraneo. Forse avrà frequentato le compagnie giuste. Giuste per fare quella cosa. Cioè, giuste per mettere in crisi tutti gli altri spacciatori in poco tempo e senza tanto spargimento di sangue. Insomma, le persone giuste per farlo brillare come unica stella cittadina degli stupefacenti. In realtà le sue due quasi lauree non centrano nulla con il suo cinismo e la convinzione che il mondo esiste solo per fare arricchire lui.
Roberto gli spiega velocemente il tutto. Il King scoppia in una fragorosa risata che gli fa diventare ancora più piccoli i minuscoli occhi neri che si trovano in mezzo a spesse ciglia, a lunghe sopracciglia, a una barba che lascia scoperto solo il naso e ai capelli nerissimi, impiastricciati e che si appoggiano aggrovigliati sulle spalle. Roberto sgrana gli occhi.
- Che c'è da ridere?
- Ragazzo, è meglio che te ne torni a casa.
Ragazzo, avremo quasi la stessa età, pensa Roberto.
- Ascolta me. Tornatene a casa. Fatti una bella doccia e mettiti a letto. Vedrai che domattina il mondo ti sorriderà.
- Ma... io sto parlando sul serio!
- Certo, certo. Anch'io. Ascolta amico, io non faccio questi lavori e ancora meno spreco i miei ragazzi per queste stronzate.
- Ma non sono stronzate. Avrai ucciso qualcuno, no?
Ora gli occhi di King sembrano d'un tratto diventare immensi e quel nero senza fine si conficca tra gli occhi arrossati dal freddo di Roberto.
L'ammasso di carne e peli si schiarisce la voce, quasi come un professore che stia iniziando un discorso di ringraziamento per aver ricevuto un premio importante.
- Ascoltami. Tu non mi hai mai dato rogne. Certo, non sei mai stato un cliente esemplare ma servono anche quelli come te per, come si dice, allargare e mantenere il giro. Però ti ripeto che io queste cose non le faccio. È carina la tua storia ma... di troie ne trovi fin che vuoi al mondo.
- Non è una troia. - dice subito Roberto facendo due passi verso il King e alzando il tono della voce.
L'omone fa un gran sospiro che fa fuoriuscire tutto l'alito di alcol e aglio che risale dal suo stomaco oceanico, sicuramente ben rimpinzato poco prima. Si avvicina con un braccio a Roberto che cercando di rimpicciolirsi indietreggia di tre passi. Appoggia una mano sulla spalla del ragazzo.
- Ascoltami, che sia troia o meno non m'importa. Ma perché fai così? - ora avvicina la sua immensa faccia a quella di Roberto e abbassa il tono della voce sussurrandogli quasi all'orecchio - Sai, c'è tanta brutta gente in giro. Tanti ciarlatani che vendono robaccia. La prossima volta non farmi le corna. Se hai bisogno di qualcosa di buono e che non bruci il cervello puoi tranquillamente tornare da me. Magari dimmi chi è quello stronzo che ti ha dato questa roba scarsa. Quello sì, lo metto apposto io. Su, ora vai. - e toglie la mano, si scosta un ciuffo di capelli dagli occhi come se fosse il Messia che abbia appena sparso giusto due gocce di Spirito Santo qua e là.
Roberto è esterrefatto. Ma come gli è venuto in mente di rivolgersi a questo tossico rincoglionito?
King si sta voltando per andarsene.
- Hey! Pusher, dove credi di andare?
L'ammasso si irrigidisce.
- Non sono venuto qua a perdere tempo. Che c'è? Non c'hai le palle? Non devi neanche sporcare la tua ferraglia - ferraglia gli sembra il termine più adatto e forte ora - l'ho portata io per avvantaggiarti sul lavoro. - estrae la pistola dal giaccone - Così ci sbrighiamo entrambi. Ti pago prima. Dimmi quanto vuoi.
King gli si avvicina. Ma questo non si incazza mai? Ma davvero ha studiato dalle Orsoline o sta facendo un corso accelerato di Yoga?
- Metti via quell'arnese, piccolo stronzo!- sembra quasi sussurrare ancora e si guarda agitato di qua e di là.
- Perché, ti fanno paura queste cose? - Roberto alza in aria la pistola, la fa roteare. Ora quasi divertito. Ha la situazione in pugno. Se la sente che riuscirà ad arrivare al suo obiettivo.
Non fa in tempo ad alzare un paio di volte la pistola, che da posti impensabili, appaiono minacciosi due ceffi ad affiancare il King.
- No, no ragazzi. Non ci sono problemi. Tenete dentro il ferro che qui è pure pieno di polizia. Ora ce ne andiamo tutti.
Roberto è a bocca aperta. Ha paura che gli sparino. Ma no, così non vale. Guarda te che situazione.
- Torna a casa e fatti una bella doccia. - il King si volta e si allontana. Fa alcuni passi, con le sue due ombre affianco, e scoppia in una cavernosa risata.
- Ma dimmi tu se mi metto a sparare ai clienti. Torna a casa ragazzo. - e la risata svolta l'angolo, prende altre strade, lascia Roberto come un coglione in mezzo alla strada.
Rimane là. Guarda la pistola. Guarda la strada. Non sa più cosa inventarsi. King gli ha parlato di brutta gente in giro, di puttane. Non credeva che il tutto potesse essere così complicato. Gli si illuminano gli occhi però quando gli viene in mente il Luxury, il locale più schifoso e peggio frequentato della città. Lì si incrociano dagli avanzi di galera a quelli che passano le serate ad ubriacarsi da un locale all'altro. Ci sarà pure qualche bastardo che non si fa tanti scrupoli e magari si guadagna mezza pagnotta con quel lavoretto.
Rimette la pistola nel giaccone. Se cammina a passo lesto in una ventina di minuti dovrebbe arrivarci. E così è.
Appena vi entra incappa in una nuvola di fumo e chissà cos'altro. Ma non hanno vietato di fumare da un bel po'? Certo, però qui siamo in zona di nessuno. Qui regna l'anarchia e l'illegalità e questo fa andare su di giri l'adrenalina a Roberto. Le luci sono soffuse, il vociferare fastidioso e si mescola ad una musica indefinita che serve soltanto per fare muovere i culetti ad alcune ragazze che si dimenano quasi nude su e giù per dei pali. Si avvicina al bancone e ordina una birra. Scruta con attenzione molti degli individui presenti. Cerca di scovare quello davvero più animalesco. Lui però non è mai stato molto avvezzo a capire o catalogare le persone di primo acchito. Solo con lei si è accorto subito del suo candore e della sua immensa anima.
- Scusa, disturbo?
Roberto viene riportato alla realtà da una voce che arriva da un tipo insignificante. Non sembra minaccioso. Sì, è palestrato. La gabbia toracica del tizio è il doppio della sua ma sembra innocuo. Però, com'è quella storia del lupo che si traveste d'agnello? O era il lupo che si vestiva da nonna? Vabbè, lupi a parte, questo individuo può fare certo al caso suo. Non credeva potesse essere così facile.
- No, nessun disturbo. Che ne dici se ti offro una birra? - risponde Roberto.
- Molto volentieri. Io sono Dario.
- Roberto.
- Ti ho visto appena sei entrato.
"Si legge stampato in fronte quello che sto cercando?" pensa Roberto.
- Bene. - riesce a proferire - Due birre medie. - ordina al barista.
- Li vedo subito quelli come te. - continua Dario.
- Ottimo. Così ci sbrighiamo presto.
- Ah, ah. Sei uno sbrigativo. Bene mi piace la gente decisa e che sa quello che vuole. Sai, avevo paura di infastidirti.
- No, no, nessun fastidio. Anzi.
Dario con un gesto avvicina il suo sgabello a quello del suo nuovo amico.
- Tu sai sparare? - chiede Roberto.
- Ah, ah. Certo che sei forte tu? Sparare? Bè, se è quello che intendo io, ti giuro che non spreco mai una cartuccia e rimarrai sicuramente soddisfatto.
"Questo è davvero l'uomo giusto al posto giusto" pensa Roberto "ma come ha fatto a capire tutto solo guardandomi?"
- Bene. Facciamo qui fuori o a casa mia?
- Caspita! Ne ho conosciute di persone ma tu sei proprio fuori di testa! - continua Dario divertito.
- Scusami. Preferisci a casa tua? - chiede Roberto.
- Ma sei matto? Con mia madre a letto. Mancherebbe solo che ci sentisse.
- Certo, certo, hai ragione. Ok, allora andiamo a casa mia. A piedi ci si mette poco.
- Mamma mia, mi fai impazzire.
- Ma posso chiederti una cosa? - Roberto avvicina il viso a quello del nuovo arrivato.
- Certo.
- Ma... mi farà male? - sussurra Roberto.
- Ah, ah! Ma hai voglia di prendermi in giro? Non ci credo che non hai mai provato.
- Bè, non sarei qui.
- Sei venuto qua apposta per provare?
- Sì, per cercare la persona giusta.
- Ti ringrazio per aver scelto me. Stai tranquillo, all'inizio è strano, un po' male sì. Ma basta rilassarsi e lasciarsi andare.
Roberto sorride.
- Sapevo che tu eri la persona giusta. - continua.
La musica batte forte, le carni si dimenano. I due dopo la prima birra, ne ordinano un'altra. Fanno quattro chiacchiere. Dario fa il geometra e non è innamorato ora. Roberto invece è follemente innamorato e vuole fare quella cosa proprio per cercare di cambiare le cose, per trovare un rimedio e una soluzione.
- Ma tu - continua Roberto - lo fai sempre da solo?
- Bè ... di solito sì. Perché, ti piacciono le cose a tre?
- Bè ... dico solo che magari ti serve una mano. E comunque io preferirei essere sicuro. Insomma che non ci fossero errori. Scusami, ma non è una scelta facile per me. Ci pensavo proprio mentre chiacchieravamo. Magari se ci fosse con noi anche una donna, mi sentirei meglio, più a mio agio.
- Certo, che tu sei pazzo come un cavallo! Ok, dolcezza, nessun problema. Ho una mia amica che ti farà entrare in paradiso! È proprio da sballo!
"Questo deve essere un vero professionista." pensa Roberto "Solo il modo di parlare con discrezione, ma alludendo facendosi capire. È davvero un grande."
Il tizio si allontana e dopo pochi minuti arriva con una moracciona tutte curve e poco tessuto, Alona.
I tre fanno conoscenza e vanno avanti per un paio di ore a bere, bere e fumare. Poi Alona, estrae dal filo sul fianco del perizoma una bustina, porta i due uomini in bagno.
Roberto si lascia fare di tutto. Loro sanno come comportarsi e sono quelli che lo aiuteranno.
A notte ormai inoltrata, i tre, si dirigono verso la casa di Roberto. Sono ubriachi, fatti, fusi. Roberto però in una parte remota del suo cervello sa che stanotte farà il suo più grande gesto d'amore.
Entrano in casa.
Ancora alcool, ancora polvere, Roberto estrae la pistola ma non gliene fotte nulla a nessuno, sono abituati a tutto.
Alona è su di giri e vuole solo essere cavalcata senza sosta, Dario è solidale e ha i medesimi desideri di Alona.
Roberto attende la fine.
Ormai il sole entra nella stanza da diverse ore.
La sala è praticamente un groviglio di lenzuola sparse, di oggetti rotti e sparpagliati sul pavimento, di odori tanto sublimi quanto nauseabondi.
Roberto apre un occhio, poi l'altro. Ha voglia di vomitare.
Gli scoppia la testa, lo stomaco sembra divelto, la schiena è a pezzi e le gambe sembrano martoriate. Ogni millimetro del corpo sembra passato nella centrifuga della lavatrice.
Ma... l'aldilà può essere questo?
Da quel poco che riesce a vedere gli sembra il suo appartamento.
Vabbè che ha sentito dire che le morti traumatiche fanno in modo che le anime rimangano per un periodo a girovagare dove c'è il corpo ma il problema principale è che sente troppo il corpo.
Si tira sù su un gomito. Di fronte a lui intravede una sagoma seduta sulla poltrona.
- Che coglione che sei. - gli dice la sagoma.
Riconosce la voce dell'amico Luigi.
- Io non voglio neanche sapere cosa hai fatto stanotte. - continua Luigi - Non voglio neanche sapere perché mi hai rubato la pistola. Non voglio neanche sentirti dire un'altra parola su quella psicopatica di Beatrice che ti disintegra da quattro anni. Vorrei solo che tornassi a vivere. Ma ti rendi conto che sei da ricovero?
Roberto lo guarda con gli occhi socchiusi. Sente che ha voglia di vomitare e di dormire per sempre.
- Ti rendi conto che sembri una larva? Ti ho conosciuto che avevi una lucidità, un orgoglio, una vitalità come pochi. Dove sei finito?
Roberto riesce ad alzarsi appoggiando la schiena alla parete.
- Tu sapresti spararmi? - chiede il ragazzo completamente nudo.
- Sapevo di perdere tempo. - risponde Luigi scotendo la testa - Fatti una bella doccia e riposati. Vengo a cena da te stasera.
Poi si alza e si dirige verso la porta.
- Ma possibile che non capisci? - continua Roberto - Lei se lo merita. È un gesto d'amore.
Luigi si blocca, torna indietro, allunga una mano verso l'amico.
- La pistola.
- Non lo so dove sia. Cercala.
- Stronzo.
Luigi cerca e ricerca, sposta tutto nel piccolissimo appartamento. Mette tutto sottosopra per quasi venti minuti. Nessuna traccia della pistola.
- Te la sei fatta fregare da chi ti ha conciato così. Te la sei fatta fregare? Che stronzo!
Luigi è su tutte le furie.
- Un uomo onesto, un uomo probo. Tra-la-la-lalla tra-la-la-lero, s'innamorò perdutamente d'una che non l'amava niente. Gli disse portami domani, tra-la-la-lalla tra-la-la-lero, gli disse portami domani il cuore di tua madre per i miei cani. - comincia a canticchiare Roberto - Lui dalla madre andò e l'uccise, tra-la-la-lalla tra-la-la-lero, dal petto il cuore le strappò e dal suo amore ritornò. Non era il cuore, non era il cuore, tra-la-la-lalla tra-la-la-lero, non le bastava quell'orrore, voleva un'altra prova del suo cieco amore.
- Smettila. - dice Luigi irritato.
- Gli disse ancor se mi vuoi bene, tra-la-la-lalla tra-la-la-lero, gli disse ancor se mi vuoi bene, tagliati dai polsi le quattro vene. Le vene ai polsi lui si tagliò, tra-la-la-lalla tra-la-la-lero e come il sangue ne sgorgò, correndo come un pazzo da lei tornò. Gli disse, lei, ridendo forte tra-la-la-lalla tra-la-la-lero gli disse, lei, ridendo forte, l'ultima tua prova sarà la morte.
- Smettila! - urla Luigi.
- Non riesci a capire, fratello.
- Fatti fottere. Anche la pistola ti sei fatto fregare. Ma ti rendi conto? Corro subito a fare denuncia.
Luigi si avvicina all'amico nudo. Lo abbraccia. Roberto lo guarda spaventato, implorante di aiuto, impaurito. Luigi ha un nodo alla gola.
- Ci vediamo per cena. Riposati un po'.
Ora Roberto sorride, si lascia scappare anche una risatina e canticchia.
- E mentre il sangue lento usciva, e ormai cambiava il suo colore, la vanità, fredda, gioiva, un uomo s'era ucciso per il suo amore. Fuori soffiava dolce il vento tra-la-la-lalla tra-la-la-lero ma lei fu presa da sgomento quando lo vide morir contento. Morir contento e innamorato quando a lei nulla era restato. Non il suo amore, non il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene.
Luigi esce imprecando e scotendo la testa.
- Non il suo amore, non il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene. - dice ancora Roberto mentre le lacrime gli rigano le guance.
L'ambulanza è arrivata un paio d'ore prima dell'orario di cena. Il cadavere è stato trovato da un vicino che cercava solo del vino in prestito per la cenetta galante che ha con una nuova conoscenza.
Un telo a coprire le vene recise e un foro all'altezza dello sterno di Roberto.
Alcuni curiosi attorno. Il cellulare nell'appartamento che suona perché Luigi vuole dirgli che arriverà in ritardo.
Dall'altra parte della scatolina piena di pulsantini che serve per comunicare anche ad enormi distanze, Luigi impreca e scuote la testa appena sente la voce di una donna che gentilmente gli dice che se vuole può lasciare un messaggio.
Lui riaggancia, odia parlare con la segreteria.
"Riproverò fra un po'" pensa Luigi.
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