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Maudit!
L'uomo moderno è spezzato, frammentario.
Una vita integra gli è preclusa, qualunque sia il paese in cui vive, l'educazione che ha ricevuto, la classe sociale cui appartiene.
Egli avverte come una fatalità questa frattura irrimediabile, sin dalla prima gioventù, se ha la capacità di avvertirla.
L'individuo e la collettività si sono allontanati con il trascorrere dei secoli, lungo cammini divergenti, e continuano anche oggi ad allontanarsi.
Ciò che la Società globale si aspetta dall'individuo, presuppone in lui, è sempre diverso da quello che egli scopre in se stesso come autentico, sorgivo.
" Cosa sono per noi, cuore mio le distese di sangue
E brace, e mille omicidi, e lunghe grida
Di rabbia, singhiozzi di ogni inferno che rovesciano
Ogni ordine; e l'Aquilone ancora sui rottami
E ogni vendetta? Niente!... - Ma sì, la vogliamo ancora
Tutta quanta! Industriali, principi, senati,
Crepate! Potenza, giustizia, storia, abbasso!
Ci è dovuto. Il sangue! Il sangue! La fiamma d'oro!".
E chi è qualcosa di più che una formica, chi vuole lasciare dietro di sé una traccia durevole tra le apparenze, il suo strascico, di cometa o di lumaca, viene frantumato dal mondo umano, non dalla sua ostilità, ma semplicemente dalla sua estraneità, dalle sue regole, dai suoi bassi comportamenti, dalle sue triviali consuetudini.
Nella collettività l'espressione dell'individuo non riecheggia, non rifulge più, è perduta l'armonia del mondo antico.
"diamoci alla guerra, alla vendetta, al terrore.
Mio Spirito! Giriamoci nel Morso: Ah, passate,
Repubbliche di questo mondo! Imperatori,
Reggimenti, coloni, popoli, basta!
Chi può smuovere i turbini del fuoco furente,
se non noie coloro che immaginiamo fratelli?
A noi! Romanzeschi amici: ci piacerà.
Non lavoreremo mai, o flutti di fuoco!"
Negli ultimi due secoli, l'apparizione di una grande personalità si accompagna al quadro di un'esistenza tragica, quando non intervenga un temperamento accomodante o vile a preservare l'individuo.
La lista sarebbe lunga.
Arthur Rimbaud è un esempio clamoroso, emblematico, di questo destino.
Ed eccezionale è la sua audacia, la lotta temeraria, disperata, di chi si sente destinato a soccombere, eppure tenta di sopportare stoicamente la sua sorte.
Rimbaud chiede nei suoi versi una vita integra, e vuole mostrarsi soltanto come un uomo e un pensatore integro.
In questo è "antico": giudica degradante rivelare, esibire la vita spezzata come tale, e non permette a nessuno di pensare che l'esistenza di chi parla al mondo, come fa lui senza illudersi, nasconda un fallimento.
Cosa importa se quell'integrità che lui declamava nei suoi versi mirabili e nei suoi viaggi temerari non si è realizzata nell'uomo Rimbaud?
E certo la curiosità pettegola dei suoi contemporanei, come di altri maldicenti fino ad oggi, si è gettata avidamente sui vizi dell'uomo, sulle sue sventure sentimentali e i suoi cattivi rapporti familiari, con quel gusto gazzettiero oggi imperante, di voler aprire le porte della stanze delle persone, per prendersi facili confidenze.
Quando fuggì da Parigi con Verlaine e insieme vagabondarono per il Belgio e l'Inghilterra, picchiandosi e intossicandosi col verde assenzio, i bravi borghesi scandalizzati trovarono finalmente un modo per passare il loro sciagurato tempo da mediocri.
Quel gusto di mettere a nudo gli esseri umani nella loro intimità per scoprirli indifesi, malati, fiduciosi, ingenui, bisognosi di aiuto: in modo di poter denigrare le loro opere, ebbri della libidine da guardoni d'aver scoperto il segreto occulto, il vizio nascosto!
Ma tutto questo gusto da lupanare non è riuscito a sminuire per nulla l'espressione di questo grande poeta, ciò che lui mise fuori di sé, sopra di sé.
"Europa, Asia, America, sparite.
La nostra marcia vendicatrice ha occupato tutto,
città e campagne! -saremo schiacciati! -
I vulcani salteranno! E l'oceano colpito...
Oh! Amici miei! - mio cuore, è certo, son fratelli:
Neri sconosciuti, se solo andassimo! Andiamo! Andiamo!
O sventura! Mi sento fremere, la vecchia terra,
su di me sempre più vostro! La terra si scioglie...
Non è niente! Son qui! Sono ancora qui."
Poiché, in un mondo che stritola l'individuo, Arthur Rimbaud è stato capace di farci vedere l'individuo non piegato dal mondo.
Questo risultato lo raggiunse in un'epoca che si è compiaciuta - e il compiacimento dei voyeur oggi è anche più forte - di mostrare la vita spezzata, l'individuo fallito.
Se la persona di Rimbaud è stata infranta, ciò non dimostra nulla contro di lui.
In casa di Verlaine distruggeva e rubava. Sottrasse a Mathilde, la bigotta moglie di Verlaine un Cristo d'avorio per rivenderlo e le defecò nella bottiglia del latte.
Si faceva prendere di nascosto da suo marito.
Ma la sua omosessualità, il suo supposto abuso di droghe e d'assenzio, la sua rinuncia e ingiuria alla poesia e alla bellezza, non incrinano nulla della sua grandezza.
Rimbaud era il più bello degli angeli cattivi di Ecbatana, e aveva gli occhi color pervinca.
Sognava con le braccia conserte sopra i vestiti da zingaro, laceri e luridi, le pupille piene di lacrime e fiamme.
Sputò e orinò sulle poesia malata di Verlaine, per darci qualcosa di nuovo in cambio.
Era bello quel suo tirare il collo alla retorica ma così patetica la sua ricerca cattolica e borghese di un Paradiso ultraterreno che era solo una pipa caricata di oppio e di hascisc, la zolletta di zucchero che s'imbeve della Fata Verde, l'assenzio che spacca e fessura gli organi di filtro.
In cambio egli ci ha lasciato UN'IMMAGINE DIVERSA dell'uomo, ed è con questa che dobbiamo misurarci noi.
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0 recensioni:
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- Grazie del passaggio, mia cara mauditte!
- Bella riflessione, sono pienamente d'accordo e anche un po' mauditte!
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