Era proprio una brava bambina. Bella come una bambola e sempre sorridente. Era cortese e premurosa con chiunque, ordinata e diligente. A scuola aveva un ottimo rendimento e i suoi insegnanti la additavano ad esempio agli altri alunni. Con i quali, peraltro, aveva un rapporto cordialissimo e generoso. Anche in famiglia stava bene ed era, come si suol dire, la gioia dei genitori e dei fratelli.
Le sue giornate passavano serene e la notte si addormentava con il sorriso sulle labbra.
Nel retro della sua casa, c'era un giardinetto, verde di piante di ogni sorta, che erano state posate molti anni prima e che poi erano state lasciate crescere spontaneamente, perché nessuno aveva il tempo e la voglia per curarle. Così ne era venuta una piccola giungla, dove solo la bambina andava a giocare, quando aveva finito i suoi compiti o la mamma non aveva bisogno di lei per le faccende domestiche.
Era il suo luogo "delle meraviglie", dove, come una novella Alice, la bambina giocava e sognava.
In fondo al giardino, c'era una casetta di legno malandata, di quelle che si usano per riporre gli attrezzi per il giardinaggio, e che nessuno aveva più aperto da molto tempo. Salvo la bambina, che ogni tanto vi si recava per i suoi giochi.
Quel giorno, passeggiando a fatica tra i cespugli alti e le piante che con i loro rami quasi arrivavano al terreno, vide un uccellino, forse un pettirosso, che si era ferito ad un'ala e che cercava inutilmente di volare, saltellando penosamente tra le foglie morte.
Allora corse alla casetta e ne uscì con un grande vaso di vetro, con il quale imprigionò a terra, lesta, la bestiola. Questa si dibatteva e cercava invano la fuga, mentre la bambina l'osservava attentamente e senza più quel suo bel sorriso.
Quando infine l'uccellino fu troppo stanco e si accovacciò per terra sfinito a riposare, guardandola speranzoso, la bambina infilò un braccio sotto il vaso e lo prese in mano con un gesto veloce e perentorio.
Allora rovesciò il vaso, ormai inutile, e si rizzò in piedi con la sua preda ed un sorriso gelido ed insolito.
Lo guardava agitarsi invano nella sua mano, a pochi centimetri dai suoi occhi attenti e pareva che lo volesse possedere.
...
Sul fondo della casetta c'era uno scaffale di legno piuttosto alto, dove si ordinavano gli attrezzi, e la bambina l'aveva liberato e vi aveva posato le sue cose.
Così, alzandosi sulle punte dei piedi, vi appoggiò quel batuffolo inerte di piume, dalle quali spuntava un beccuccio giallo rivolto all'insù, come il suo grande desiderio di volare in alto leggero, l'ultimo trofeo di una lunga fila di piccoli animali innocenti.
Poi uscì, chiuse bene la porta e tornò a casa a preparare la cena, visto che la mamma, quella sera, sarebbe tornata tardi.