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Mater Dei
La ragazza ebbe solo il tempo d'intravedere un'ombra. Un braccio possente le serrò la gola mozzandole il respiro, mentre l'altro le strappava con furia il cellulare che, sino a un attimo prima, teneva incollato all'orecchio. Lo vide volare a parecchi metri di distanza per frantumarsi poi al suolo. Cercò disperatamente di girare la testa ma la morsa che la teneva bloccata era ferrea, decisa. - Non fiatare... - Due parole secche e perentorie che bloccarono ogni sua velleità di reazione. La piazza, in quella serata di fine novembre era quasi del tutto deserta, persone per lo più solitarie l'attraversavano frettolose, probabilmente ansiose di tornare alle proprie abitazioni. L'uomo la spinse lentamente ma con decisione verso il vicolo che separava l'imponente mole del Duomo con l'altrettanto maestoso edificio del Battistero, di forma ottagonale. La scarsa illuminazione li fece avanzare praticamente alla cieca, ma l'uomo sembrava molto sicuro della direzione da prendere. Dopo alcuni metri infatti s'arrestò di colpo serrandole ancor di più il braccio attorno al collo, alcuni pallini colorati le balenarono dinanzi agli occhi, temette di svenire. Fu un suono metallico a farla riprendere dal torpore, l'uomo stava frugando nelle tasche... chiavi... pensò lei. Con quel poco di movimento che le permetteva la posizione cercò di individuare una porta, ma non vide nulla... solo buio. Sentì l'uomo imprecare più volte, poi d'improvviso fu spinta con violenza contro la parete. Il contatto con i freddi mattoni fu tremendo, pur riuscendo con un braccio ad attutire l'impatto, parte del suo volto subì un colpo tale che la lingua le si chiuse tra i denti. Il dolore lancinante fu seguito subito dopo dal sapore metallico del suo stesso sangue. Quando cercò di sputare, un paio d'incisivi rotolarono a terra, nel buio del vicolo risaltarono candidi come solo i denti ben curati possono essere. Poi l'uomo la riprese. Questa volta furono i capelli ad essere afferrati con violenza. Si sentì trascinare all'interno di un edificio, il tanfo di chiuso e di un altro odore che non seppe riconoscere al momento e che le assalì le narici fu tremendo, sentì una porta sbattere con inaudita violenza. Il buio era totale. Si strinse le spalle con le braccia, il tremito che percorreva le sue membra era incontrollabile. Silenzio. No... qualcosa proveniva dall'angolo più lontano, sembrava piuttosto un ansimare lento e regolare. Si fece coraggio, si sforzò - Chi è lei... cosa vuole da me... la prego... sicuramente si sbaglia... - Per tutta risposta si sentì afferrare di nuovo, i suoi occhi non si erano ancora abituati all'oscurità del luogo. Fu sbattuta sopra qualcosa di morbido, un materasso probabilmente. Le dita dell'uomo s'insinuarono alla vita, con uno strattone poderoso la gonna al ginocchio venne strappata lasciandola col solo perizoma rosso acquistato il giorno prima. Uno schiaffo potente in pieno volto la fece desistere da qualsiasi protesta quindi le stesse mani passarono alla camicetta che cedette subito mostrando il reggiseno dello stesso colore delle mutandine. Gli occhi le si riempirono di lacrime, aveva sentito di alcune donne violentate e aveva ascoltato le loro esperienze allucinanti. Seppur con la mente in subbuglio si rese conto di trovarsi nella medesima situazione, in un gesto d'estrema difesa si portò le mani al seno e serrò con tutta la propria forza le cosce, chiuse gli occhi. - Indossa questi... subito... - Il tono perentorio fece si che lei obbedisse immediatamente, quando socchiuse di nuovo le palpebre una luce debole rischiarava appena l'ambiente. Riuscì a malapena a distinguere i lineamenti dell'uomo ma nulla più. Le stava porgendo alcuni indumenti che lei prese automaticamente - Mettili... in fretta... altrimenti... - Non fu necessario che proseguisse, in preda all'angoscia la ragazza si alzò ed infilò quella che sembrava una tunica lunga e di un colore simile al viola. Il tessuto era grezzo e le solleticò la pelle nuda, un brivido la percorse quando fissò di nuovo il proprio aguzzino.
L'uomo la squadrò dalla testa ai piedi e annuì soddisfatto. Le si avvicinò e fece scorrere un dito sulle labbra gonfie. -Ti fa molto male? - La voce era pacata, quasi gentile. Sentì di nuovo le lacrime scorrere lungo il viso, cercò di parlare, ma si accorse di avere la gola riarsa e in fiamme. Deglutì un paio di volte e con un fil di voce riuscì a mormorare solo poche parole. - Acqua... per favore... - Con una mano si massaggiò la gola indolenzita, mentre l'uomo si voltò e sparì dietro una porticina che non aveva notato in precedenza. Abituata la vista grazie alla flebile luce proveniente da una candela, fece scorrere lo sguardo per la piccola stanza in cerca d'una via di fuga, ma quello che vide, oltre la porta sprangata, fu una minuscola finestrella protetta da solide sbarre in ferro. Al posto dei vetri erano inchiodate delle massicce assi in legno all'apparenza indistruttibili. Fece per avvicinarsi ma venne trattenuta dal rumore dei passi dell'uomo che tornava. Nella mano destra teneva una borraccia da campeggio, nella sinistra un sacchetto di carta. Egli notò immediatamente la direzione del suo sguardo e abbozzò un sorriso benevolo. - Non riusciresti mai a passare da lì, anche ammesso che tu riesca a rompere le solide assi e procurarti una lima per segare le sbarre, ti sarebbe impossibile oltrepassarle... troppo strette... rimarresti incastrata - Una risata che le fece accapponare la pelle accompagnò quelle parole, ma durò soltanto lo spazio di qualche secondo. - Siediti! - Fu un ordine più che un invito. Quindi le lanciò la borraccia e il sacchetto che atterrarono in prossimità dei suoi piedi. - Ti consiglio di mangiare, mia cara, e ti conviene non fare troppo la schizzinosa per il contenuto, sino a domani a quest'ora non avrai più nulla - Le si avvicinò, quindi, con fare minaccioso inducendola a rannicchiarsi sul lercio materasso e s'irrigidì quando l'uomo infilò una mano sotto la tunica che l'aveva costretta a indossare, arrivando in pochissimo tempo al perizoma. Quando accennò una timida reazione, le afferrò un seno stringendo all'inverosimile. Il dolore lancinante e la paura fecero scattare in avanti la sua mano. Le unghie lunghe e affilate incontrarono il viso dell'uomo graffiando fino in profondità la guancia dall'altezza dell'occhio fino alla mandibola. Il sangue schizzò violento imbrattandole il volto e la tunica, sangue caldissimo che le bruciò il viso come cera bollente. L'uomo emise un vero e proprio ruggito e la guardò con il furore negli occhi. La afferrò quindi per i capelli trascinandola di peso verso la porticina che celava la stanza a lei sconosciuta. Sentì la schiena lacerarsi al contatto col pavimento in pietra. Quando varcarono la soglia il tanfo che non aveva saputo riconoscere al momento del suo arrivo in quella casa dell'orrore si fece più acuto. Era odore di morte, di putrefazione. L'uomo la sollevò quindi di peso come se fosse stata una bambola di pezza - Puttana! Maledetta puttana! Mi hai fatto male... molto male... - Il tono di voce fu simile a quello di un bambino lamentoso e con orrore comprese d'aver di fronte un pazzo scatenato. Per la prima volta ebbe l'occasione di osservarlo bene nonostante la situazione. Ciò che vide fu un viso imberbe, un ragazzo col volto trasfigurato dalla rabbia e dalla follia. Non ebbe tempo di pensare ad altro, una violenta testata le frantumò il naso... sentì chiaramente le ossa sbriciolarsi prima d'accasciarsi svenuta sul freddo pavimento...
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