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Tutto qui?
Successe un giorno di fine settembre.
Avevo 23 anni ed ero quasi sollevata che l'estate fosse finita. Il grande caldo ci aveva finalmente dato tregua, l'affollamento estivo della mia città, meta balneare, si era finalmente esaurito. Ero impaziente di godermi il nuovo autunno, con l'aria frizzante ed i colori caldi.
Avevo appena trascorso un rilassante e fresco pomeriggio di shopping ai centri commerciali della zona di Mestre. Mia madre non frequentava più assiduamente la spiaggia ed a mio fratello Michele non erano più richieste prestazioni come bagnino.
Percorrevamo la Statale Romea per tornare a casa, alla guida c'era Michele. Parlavamo del più e del meno, il solito cd ci proponeva canzoni sentite mille volte ed io ero soddisfatta dei miei acquisti.
Non capimmo bene cosa accadde, non ce ne accorgemmo proprio. Quando ci trovammo a lato della strada però, in piedi e fuori dalla macchina, ce ne rendemmo subito conto.
Eravamo morti, era giunta la nostra ora. Non era così che me lo sarei immaginata.
Niente dolore, niente sangue, nessuno spavento, nessun ricordo dei miei ultimi attimi di vita. Mi ritrovavo improvvisamente a constatare la mia fine con tranquillità, anche se non senza enorme sorpresa.
A lato potevamo vedere ambulanza, forze dell'ordine, trambusto ed una fila infinita di macchine.
Ci guardammo increduli. "Non abbiamo nemmeno sentito male!!" Disse mio fratello.
Intanto il caos davanti a noi cresceva, c'era una grande agitazione generale decisamente in contrasto con la nostra pacatezza ed il nostro silenzio.
"Non può essere, tutto qua? Non può finire tutto così!" dissi.
"E cosa vuoi farci... è andata! Non potevamo prevederlo, è successo ad un sacco di persone prima di noi ed ormai non possiamo tornare indietro." si rassegnava mamma.
Avrei voluto pure io riuscire ad accettare la cosa con tale tranquillità.
"Meglio così. La vita è talmente piena di preoccupazioni e di difficoltà. Guardaci ora: siamo qui assieme, possiamo parlare ed andare dove ci pare, solo che non siamo più coinvolti nelle futili attività quotidiane che ci creavano fatica e frustrazione" cercava di convincermi Michele.
Pensai che, pur essendo fratelli cresciuti dagli stessi genitori e nello stesso ambiente, io e lui eravamo così diversi! Aveva una visione della vita così limitata al presente, nessun progetto, nessun sogno a cui tenesse in particolar modo.
Non volle iscriversi all'università nonostante i miei genitori avessero insistito tanto, non riusciva a trovare un lavoro per sostenersi e non aveva nessuna certezza per il futuro. Nonostante questo non mi pareva per niente turbato. Io al suo posto sarei impazzita.
Stava bene nei suoi panni giorno per giorno, gli bastava avere se stesso, si nutriva delle piccole cose che poteva avere nel suo piccolo mondo: i suoi 4-5 amici che aveva vicino dall'infanzia, la sua cameretta con i suoi videogiochi, le partite a calcio vicino casa, le sue merende soddisfacenti... Non sapevo nemmeno se aveva una ragazza, se era innamorato, dove erano rivolti i suoi sogni ed i suoi pensieri più profondi.
Quel giorno di fine settembre aveva tutta l'aria di andarsene in pace, di non avere conti in sospeso, di non lasciare nulla di importante irrisolto.
Io ero completamente diversa, spesso lo avevo invidiato durante la mia breve vita. Le mie continue preoccupazioni per il futuro, la mia interminabile ricerca di certezze, derivavano forse da una disarmonia interiore. A me non bastava avere me stessa, non stavo bene nei miei panni, nel mio piccolo mondo. Forse non volevo proprio vederla la me nuda e cruda. Mi rifugiavo nei progetti, negli impegni, mi proiettavo al futuro. Mi ero costruita tutto un mondo di cose di cui occuparmi senza il quale mi sarei sentita perduta.
Questo mi aveva condotta verso un rendimento scolastico impeccabile, mi aveva permesso di superare con successo i test d'ammissione alle facoltà più invidiabili e di portare avanti una carriera universitaria brillante.
Avevo un sacco di amici, un sacco di ragazzi attorno, ed in realtà, pur avendo un cuore grande, non mi sentivo particolarmente legata a nessuno perché aspettavo sempre di conoscere altre persone, altri amici ed altri ragazzi. In tutti i campi dell'esistenza aspettavo sempre di meglio. Non mi sentivo mai arrivata.
Questo mio atteggiamento verso la vita mi sembrava così stupido in quel momento. Tanta fatica, tante ambizioni, tanta attesa per niente. Ormai era tutto finito.
La sensazione era quella di essermene andata senza preavviso, senza terminare le cose, senza salutare, quasi maleducatamente. Quante persone aspettavano di vedermi i giorni dopo, quante dovevano aggiornarmi sul seguito delle loro storielle quotidiane...
Pensai all'inverno precedente, in cui avevo passato un periodo molto buio. Ero depressa, arrivare a sera era ogni giorno una fatica. Avevo sopportato con pazienza aspettando che tornasse la gioia, ed ora che finalmente era tornata non mi serviva più: era tutto finito.
E quella storia difficile e sbagliata della quale non riuscivo a liberarmi si era finalmente esaurita. Avevo ricominciato a sognare il principe azzurro ed un futuro radioso... un futuro che ormai era cancellato per sempre.
Il pensiero poi volò a lui, il mio primo ed unico vero amore il quale, per un motivo o per l'altro, rimase sempre platonico. Sapevo di essere ricambiata, me lo aveva detto lui. E nonostante innumerevoli tentativi di guardare altrove e di sradicarlo dai miei sogni, continuava a regnare nel mio cuore, contro la mia volontà, assieme alla speranza di poter, un giorno, averlo al mio fianco.
Il mio sogno, ormai, sarebbe rimasto irrealizzato per sempre. Nessuno, purtroppo, aveva mai preso il suo posto ed ormai nessuno avrebbe più potuto farlo.
Chissà cosa avrebbe provato ricevendo la notizia della mia morte. Sicuramente avrebbe ripensato all'ultima volta in cui ci eravamo sentiti, a come era stato maleducato a disertare il nostro incontro, magari si sarebbe chiesto se me ne fossi andata odiandolo.
Si sarebbe dispiaciuto rendendosi conto che l'ultima cosa che mi aveva dato prima che morissi era l'ennesima delusione? Provavo pena e dispiacere per lui, non volevo che avesse sensi di colpa.
Che inquietudine lasciarlo in questo modo.
Non dovevo morire così precocemente, non era giusto! Avevo troppe cose in sospeso.
Mi guardai attorno. Tra il caos generale nel luogo dell'incidente vidi delle auto piene di persone. Volti anonimi, persone qualsiasi che a differenza mia quella sera sarebbero tornate a casa, avrebbero cenato, il giorno dopo si sarebbero svegliate e sarebbero andate al lavoro, o a far la spesa, o a scuola, dimenticandosi in un batter d'occhio di quello spiacevole contrattempo che li aveva tenuti in coda per ore.
Riconobbi facce conosciute, ragazzi già visti, "fighetti" insulsi che frequentavano i locali della mia città e che sicuramente conoscevano i membri della mia cerchia. Stavano sghignazzando ed urlando chissà per quale stupido motivo.
Mi avvicinai, non potevano vedermi. Provai a parlare ma non potevano sentirmi. Allora provai a rivolgermi ad uno in particolare, quello che sembrava più affidabile.
Lo tirai verso di me per il colletto della polo e gli sussurrai all'orecchio: "Mi senti???". Probabilmente non sapeva nemmeno lui se quello che sentiva era reale, ma annuì col capo. Continuai: "Devi andare da lui! Probabilmente non ti crederà ma devi dirgli che lo amo tanto, che è sempre stato così e che ora son ancora più sicura che lo penserò per l'eternità!".
Mi fermai, mi assalì il pensiero che potesse spaventarsi all'idea di uno spirito pazzo d'amore che lo perseguitasse per sempre. Non era questo che volevo, volevo per lui il meglio che si potesse avere dalla vita. Così aggiunsi: "Digli anche che lo voglio felice e che veglierò su di lui per sempre. Farò sì che non gli succeda mai nulla di male e che abbia una vita piena di gioia. Lo farai?"
Il ragazzo annuì ancora. Lo lasciai e tornai da mamma e Michele, rassegnata ad essere ormai uno spirito.
E cosa faceva uno spirito? Come passava il tempo? Di cosa si occupava??
Chissà se saremmo rimasti sempre sulla Terra, come una presenza inavvertita affianco ai nostri cari, o se un po' alla volta saremmo svaniti in un altro luogo, in un'altra dimensione...
Un giorno comunque, dopo aver portato a termine le loro faccende, che ormai mi sembravano così inutili e stupide, ci avrebbero raggiunti anche tutti gli altri.
In fondo cos'è una vita confrontata all'eternità?
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