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Nell'oscurità e nel freddo
Nei pressi di Sperlonga c'è una villa che da un'altura affaccia sul mare. Ha origini antiche ed è ben tenuta, con i muri di colore bianco. La parte che spunta arroccata sulla scogliera ha la facciata rettangolare con tre piani. Al primo piano ci sono quattro finestre, munite di inferriate, che danno all'interno della casa su grossi scantinati e ripostigli; mentre nei due piani superiori le finestre si aprono all'esterno su balconi dalle balaustre in ferro battuto. In tutto ci sono otto balconi: quattro al secondo piano e quattro al terzo. Le persiane sono di colore marrone.
Gli altri lati della costruzione sono asimmetrici e presentano dei balconi che si aprono ad arco sulla facciata. Intorno c'è un giardino dove sono raccolte molte specie di cactus provenienti da Paesi diversi e varie piante mediterranee e subtropicali. Il giardino è circondato da muri bianchi e sul lato nord c'è il grande cancello d'ingresso.
È proprietà di un collezionista chiamato Giuliano Merisi: uomo di grande cultura, che vanta il possesso di oggetti e testi magici unici, perlopiù sconosciuti alla quasi totalità del genere umano.
In un tardo e assolato pomeriggio d'estate entrò nel giardino della villa un'automobile, da dove scese un uomo con la carnagione chiara e i lineamenti orientali. Sulla soglia d'ingresso, sotto un portico, c'era Giuliano che accolse con cordialità lo straniero, dicendo: <<Venga dentro, c'è l'aria condizionata>>.
<<La ringrazio>> rispose l'uomo con accento slavo, <<anche se qui c'è una bella brezza che viene dal mare.>>
Si accomodarono all'interno, in un grande salone che dava dalla parte del mare, dove dalle persiane semichiuse entrava il sole, e dove Giuliano faceva mostra di dipinti di varie epoche e di valenti pittori. L'orientale tirò fuori da un contenitore un antico rotolo di pergamena. Era un ricercatore russo, si chiamava Grigory Nayuzik, portava con sé un testo scritto in latino, trovato in Carelia, a Vyborg.
All'interno della villa i due uomini comodamente parlavano della pergamena scoperta, dopo alcuni scavi presso il castello di Vyborg, che riportava il racconto di un disertore di una legione romana in Dacia, del quale non si leggeva il nome, e che narrava di un viaggio verso il nord-est e strane scoperte in terre allora sconosciute dalle civiltà del Mediterraneo.
Dopo aver offerto la cena al suo ospite, Giuliano lo invitò nel giardino a bere qualcosa. C'era un vento fresco che soffiava dal mare agitato e in lontananza si potevano vedere le luci della città di Sperlonga. Seduti sulle sdraie, mentre conversavano, Grigory gustava un grosso bicchiere pieno ghiaccio e Campari; Giuliano non rinunciò a una Sambuca, sempre con ghiaccio.
Il collezionista era curioso sulla terra di provenienza del suo ospite; Grigory disse: <<Sono nativo dell'Altai, una regione montuosa dai paesaggi splendidi. Si trova in Siberia, al confine con la Mongolia. Sono nato in un villaggio di legno tra enormi montagne innevate, dove l'inverno è gelido: tutto diventa bianco e di ghiaccio. Da bambini era un posto grandioso per giocare. C'era un enorme palazzo fortezza in legno non distante dalle nostre abitazioni, costruito dai russi nel diciassettesimo secolo. Era diroccato e aveva i legni marci molto scuri; ciò nonostante si potevano ammirare ancora le varie torri di cinta, i tetti a botte e a cuspide. Si trovava appena rialzato sulla pendice di una montagna, di quelle che si innalzano intorno alla pianura dove fu costruito il mio villaggio. Noi bambini avevamo paura, ma temerariamente ci avvicinavamo alle sue grandi travi di legno, malgrado il divieto dei genitori, perché pericolante. Ricordo di esserci entrato più di una volta quando ero molto piccolo, insieme ai miei amici; però non ci addentravamo mai più di tanto all'interno. Raccontavamo e immaginavamo strane vicende legate a quella costruzione, ma c'era una anziana donna che raccontava sempre una storia, a detta di lei vera. Narrava di un principe russo che abitava nel palazzo sul finire del Settecento; il quale, si innamorò di una giovane nomade mongola, con i capelli neri e gli occhi cerulei da confondersi con il crepuscolo e il ghiaccio in inverno. Il principe di nome Nil, malgrado le rimostranze della sua nobile famiglia, portò la giovane di nome Med nel suo palazzo fortificato.
<<I genitori della ragazza continuavano a condurre vita errante nelle tende, pur avendo ricevuto dei privilegi dal principe. Spesso erano accampati non distante dal palazzo.
<<Med all'inizio sembrava accontentare il principe Nil, che amava anche il carattere nomade di lei. Ma presto le cose cambiarono; la giovane diventava sempre meno disposta verso il suo uomo che, cominciava a intristire e il suo aspetto a cambiare: dal bel principe alto che era, la sua figura sembrava decadere. Una notte d'inverno, tra le gigantesche travi in legno del palazzo, Med si presentò svestita davanti al principe, ormai ingrassato e con il volto dall'espressione di un cinghiale: aveva persino le zanne che sporgevano appuntite dalla parte inferiore della bocca. Cominciò a sbuffare fumo dalle narici e cercò di aggredire Med, che fuggì ridendo fino ad arrivare davanti a una grande stufa accesa. Girandosi vide Nil ormai trasformato del tutto in un cinghiale.
<<Gli accoliti del palazzo la videro uscire dalla fortezza insieme al cinghiale e avvolta con il mantello impellicciato del principe. Le guardie la lasciarono passare e Med raggiunse la tenda dei genitori, dove ci fu una grande festa quella notte e il cinghiale sgozzato e mangiato>>.
<<Che favola oscura!>> disse Giuliano.
<<Certo!>> rispose Grigory, <<ma lasci che le racconti il resto della mia infanzia legata a quella cadente fortezza.
<<La storia della vecchia mi metteva ancora più voglia ad entrare nel palazzo. Una buia mattina d'inverno, vi entrai da solo. Le pareti erano ghiacciate, formavano delle stalattiti dal soffitto. Mi addentrai molto nella costruzione; sembrava di camminare in una grotta di ghiaccio. Passai lungo corridoi e grandi stanze; alcune con il soffitto molto basso, altre mi sembravano immense.
<<Arrivai vicino ai resti di una grossa stufa: pensai a Med nuda lì davanti. Ma vidi un'ombra alle spalle, mi voltai di scatto. C'era un essere dalla forma antropomorfa, basso, con una tuta azzurra e il volto rosso; che fuggì velocemente dentro un buco nel pavimento. Fuori dalla finestra si accese una forte luce che sparì all'istante.
Avevo dodici anni; da quel giorno cominciai a cercare di scoprire misteri legati a forme di vita sconosciute, specie se collegate a vecchi miti. A sedici anni andai a vivere dapprima a Tobolsk, una delle città più antiche della Siberia, dominata dal cremlino che si innalza su una collina. Successivamente mi trasferii a vivere a Kazan: magnifica città un tempo appartenuta ai tartari, dove c'è la leggendaria torre Sjujumbike, che svetta dal cremlino risalente ai tempi di Ivan il terribile. In questa città nel Tatarstan, ancora vivo e lavoro all'università. Saputo della pergamena mi sono subito recato a Vyborg ed essendo conosciuto e stimato nel mio Paese, me l'hanno affidata, perché ciò che vi è scritto è di competenza del soprannaturale. Spero signor Merisi che lei sarà un ottimo custode...>>
<<Certamente, signor Nayuzik, e la ringrazio di avermi narrato le storie del suo Paese.>>
Si era fatta mezzanotte, l'altaico risalì sulla sua automobile e andò via. Aveva ceduto la preziosa pergamena a Giuliano; il quale rientrò in casa, salutò il domestico che passava la notte alla villa e si diresse a una piccola stanza che sporgeva all'esterno della costruzione come una torretta, che dava sulla parte opposta a quella del mare, sui monti, dove si estendeva gran parte del giardino della dimora e c'era tranquillità: si poteva sentire solo il canto delle cicale.
Nella stanza c'erano mobili contenenti lenti e strumenti per tradurre antichi testi. Giuliano si sedette sulla scrivania e alla luce di una lampada che illuminava solo il testo della pergamena, cominciò a leggere:
<<Era arrivata l'estate in Dacia, nella steppa, il gelido inverno era passato. Stavo fuggendo dalla mia legione, disgustato dalla vita militare. Dalla fortezza dove mi trovavo, durante una notte di orge tra soldati, mi allontanai...
<<Conobbi durate la guerra un nomade di nome Logar, proveniente dalle terre selvagge del Nord. Era molto alto con lunghi capelli biondi. Ma a differenza di altre popolazioni nordiche, aveva la pelle con strane sfumature azzurre e occhi infossati lividi. Non era certo un trucco o un tatuaggio, ma proprio il suo colorito naturale, o forse dovuto a qualche stregoneria.
<<Malgrado ciò era un uomo di grande sapere e parlava discretamente il latino; ci capivamo nei discorsi e negli interessi. Non con qualche timore per il suo aspetto, mi lasciai convincere a partire verso la sua terra.
<<Partimmo con dei cavalli che era piena estate. Superammo delle montagne ricoperte da grandi foreste di abeti. Passando poi per un paesaggio collinare con boschi di latifoglie ormai ingiallite dall'autunno: l'estate finisce presto in queste zone dal cielo cupo.
<<Il cibo ce lo procuravamo cacciando, come i vestiti ormai di pelliccia, viste le prime spruzzate di neve. Dapprima cambiavamo i cavalli e facevamo rifornimenti da tribù nomadi e villaggi; ma andando avanti, Logar disse, di non doverci più fidare, perché lui apparteneva a una tribù che aveva molti nemici.
<<Diceva che la sua gente aveva scoperto formule magiche vere rispetto alle superstizioni e venivano da molto lontano... Ma sentivo che la verità l'avrei trovata solo andando avanti nel viaggio.
<<L'inverno diventava più buio e nevoso mentre proseguivamo sempre più a nord, camminando attraverso vaste pianure. Fino ad arrivare in una zona con foreste di betulle e conifere, tra le quali si estendevano laghi ghiacciati.
<<Fu una sorpresa giungere nei pressi di una caverna dove c'era il villaggio di Logar: personaggio che trovavo bizzarro nel suo aspetto, ma quando vidi la sua gente ne fui quasi inorridito. Erano di diversa statura, con la pelle di varie sfumature di colore: dal viola al blu, alcuni rossi e altri verdi. Dai tratti somatici sembravano creature degli inferi. Mi accolsero con freddezza. Discutevano con il mio compagno di viaggio che mi aveva condotto da loro. Pur non capendo la lingua, intuivo che non tutti mi accettavano.
Il villaggio era formato da capanne di legno, ben mimetizzato nella enorme foresta. Si trovava vicino a una collina con sotto una caverna. Quella popolazione di demoni non sembrava temere il freddo.
<<I giorni che passai in quel luogo erano strani, mi sentivo fuori dalla realtà e indifferente al mondo che avevo lasciato. Ero distante da Roma, dal foro e dalle sue vie piene di gente. Distante dalla guerra e dalle battaglie. Mi trovavo in un luogo quasi sempre notturno, dove il sole spuntava brevemente nel cielo in giornate molto corte. Un luogo, che penso non potrà mai interessare alle conquiste di Roma.
Una sera ci fu un gran da fare per preparare una cerimonia, un'evocazione nella foresta innevata.
<<Gli abitanti dell'irreale bosco cominciarono ad accendere enormi fuochi e a compiere rituali magici, ingoiando strane sostanze che diedero anche a me. All'improvviso si sentì un forte vento tra le fronde degli alberi e un urlo fortissimo nel cielo (se non avessi preso quella droga sarei morto di paura). Si vide apparire tra la foresta un essere gigantesco, nero, con il volto che somigliava a un rettile e a un caprone nell'insieme, con tanto di corna. Le sue gambe, che si intravedevano tra gli alberi della foresta che il mostro sovrastava con la sua mole, sembravano ricoperte da lunghi peli folti. Si scatenò una forte luce nel buio della notte. Era come una grossa stella a cinque punte che fece esplodere in una fiammata i fuochi accesi. Il demone spiegò delle enormi ali fatte di fulmini e bagliori, sparendo nell'oscurità.
<<Mi svegliai poco più tardi con il cielo che albeggiava. Vidi dalla caverna uscire un enorme disco di metallo che sradicava la vegetazione intorno. Sembrava avere come dei grossi occhi di luce. In un attimo divenne interamente luminoso e prese il volo verso il cielo.
<<Il villaggio era completamente disabitato: lo avevano abbandonato. C'erano dei resti umani sul terreno innevato. Notai che ero sporco di sangue; capii che avevamo divorato quelle persone.
<<Ricordai che Logar, quella notte, mi aveva svelato che lui e la sua specie provenivano da un mondo lontano nello spazio. Un luogo molto freddo e buio, perché distante dalla stella che riscalda la loro atmosfera. Avevano scoperto le forze che stanno all'origine della vita. Forze che scaturiscono da spiriti malvagi che dominano l'universo. E viaggiato su molti pianeti per evocarli e avere dei benefici da loro. Sacrificando vite per nutrirli.
Uno degli spiriti più potenti della Terra, lo stesso che avevo visto quella notte, loro lo chiamavano Satana>>.
Giuliano, finito di leggere la pergamena, rifletteva: "Secondo il professor Nayuzik, alla base di molte leggende nordiche e demoniache, ci sarebbero questi esseri provenienti dallo spazio. E che per loro sia inutile svelarsi a noi, visto il male che domina l'universo, non ne verrebbe fuori nulla buono. Crede si accontentino di parlare con pochi individui, come al disertore romano, di cui non ci sono altre notizie. Forse ha preferito restare anonimo, nascondendo nel sottosuolo il suo racconto. Difficile dire se l'evocazione sia stata fatta proprio sul sito del ritrovamento, nell'odierna Vyborg. Si è pensato che il romano si sia avventurato ancora più a nord o a est, e che possa essere tutto il frutto della sua immaginazione, dopo aver assistito a un rito sciamanico... Ma sembra molto attendibile il suo modo di narrare i fatti. Il mistero resta".
Finito di analizzare la vecchia pergamena, Giuliano uscì dallo studio e passò lungo i corridoi della villa per raggiungere la sua camera da letto. Coricatosi, spense la luce. Dalla finestra aperta si vedevano il cielo notturno e le stelle. Ebbe un senso di vertigine, come se mancasse l'atmosfera terrestre e di trovarsi sperduto nello spazio.
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2 recensioni:
- Grazie Stanislao. Le modifiche e i ritocchi purtroppo mi sembrano necessari... Scusate se correggo sempre i miei racconti.
- Scrivi proprio bene, complimenti! E bravo anche per l'idea di riportare l'attenzione sulle tue opere grazie alle "modifiche"!
Spero che tu scriva ancora
- grazie anche a te Cesare
- molto molto bello! Complimenti
- Graziee!!!
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