In un paesino di poche anime e tante vacche, circondato da paesaggi da favola, la mattina le valli erano immerse nella nebbia.
All'improvviso, come d'incanto, ora a destra ora a sinistra, spuntavano fuori dal nulla alberi giganteschi che poi scomparivano nella foschia, rituffati in un altrove sconosciuto e perduto per sempre.
Il cielo assumeva dei colori pastello, si confondeva con la terra e tutto sfumava.
Era difficile definire i contorni della vegetazione.
Il sole cominciava ad illuminare e ad irrompere nell'ambiente circostante e i primi raggi dorati già colpivano e penetravano la bruma che agiva come un prisma, scomponendo la luce in tanti fasci dai diversi colori, creando qua e là improvvisi ed effimeri arcobaleni, in un balletto di continui scintillii luminosi.
Ed era proprio allora, con quell'aumento di luminosità, che gli elementi cambiavano di posto: gli alberi, le colline e il cielo sembravano in continuo movimento a causa del vento che con discreti e leggeri refoli spostava la nebbia.
Folletti che saltavano da un fiore all'altro, seguendo il movimento ripetitivo del cerchio e dell'infinito, nel complesso realizzavano una danza ordinata e circoscritta.
Gli spiritelli, sdraiati ai margini del ruscello, tra i rivoli calmi e melodiosi, in silenzio osservavano sfilare i passanti ignari del loro destino.
Non ho avuto l'onore, il privilegio e il piacere, in questa avventura, di approfondire la conoscenza della fata, mentre l'incontro del cervo è rimasto solo un sogno sospeso e non appagato, rinviato in un altro "dove".