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Perso!
Rallento, accosto e mi fermo. Sto percorrendo questa strada interpoderale da un bel pezzo e credo di essermi perso. Dopo diverse deviazioni e cartelli stradali sempre più rari e meno chiari devo ammettere a me stesso che non so dove sono finito. Metto il cavalletto e scendo dalla moto. Spengo il motore che comincia a ticchettare sfregolando per il cambiamento di temperatura. Do un' occhiata alla cartina, ma non mi raccapezzo: sono in un posto sperduto, non passa nessuno, intorno a me solo la campagna. Mi tolgo il casco che sotto il sole di mezzogiorno è paragonabile ad una tortura medioevale. Prendo da una borsa una bottiglia d' acqua e mentre bevo un sorso mi guardo intorno. Un immenso campo di girasoli, da una parte, colora una bella fetta di terra. é come un enorme tappeto giallo. Mi avvicino oltrepassando il ciglio della strada e adesso li vedo sotto un' altra prospettiva: sono centinaia, forse migliaia tutti allineati e ordinati, intenti a guardare il sole.
Fanno quasi impressione se rifletto che sono nati e cresciuti con una genetica che li porta a seguire il movimento della stella che permette la vita sulla Terra. Come lo sanno, chi gliel'ha detto di essere sudditi del dio infuocato?
Bellissimi e inquadrati come soldati, non perdono mai di vista il loro generale.
Alti, eleganti e perfetti nella loro uniforme; apparentemente immobili ma con lo sguardo attento ad incamerare tutte le energie vitali. Dall'altra parte della strada, un mulo in un grande recinto sembra osservarmi: ha un aspetto giovane e massiccio, scuote i muscoli e muove di tanto in tanto la testa e la coda per scacciare le mosche. Poi apre la bocca mostrandomi i grossi denti giallognoli: sembra che rida e rido anch' io.
Trovo un po' di ombra sotto un ulivo contorto e, mentre con una mano mi gratto la testa, decido di lasciare un piccolo segno: subito vengo assediato da un nugolo di insetti volanti a cui non sembra vero di avere trovato qualcosa di liquido in questa giornata torrida. Bene, sembra che abbia compiuto una buona azione. Il grosso mulo continua a guardarmi e a scuotere la testa. Mi ricompongo e ancora con lo sguardo all'ingiù scorgo un coleottero stercoraro che per niente impressionato dal mio atto in "pubblico" è intento a far rotolare una palla del suo cibo preferito, depositato lì in precedenza da qualche altro essere con bisogni fisiologici. Una colonia di formiche si è allertata per la mia presenza invadente: devo aver interrotto la loro processione con il tacco dello stivale; mi scuso allontanandomi... un suono di campanacci alle mie spalle diventa sempre più presente, sovrastando il frinire dei grilli. In un attimo un gregge di pecore arriva passando proprio dove ho lasciato la moto. Per un momento temo di vederla cadere; loro passano vicinissime circondandola ma senza sfiorarla, invadendo la strada che si riempie completamente e ora risuona di belati e dello scalpitare confuso degli zoccoli. Alcuni cani regolano il flusso con energia e perizia incredibile. Arriva il pastore, un uomo dall'età indefinibile con una "Nazionale" senza filtro in bocca e una sporta a tracolla. Ha il viso scuro, bruciato dal sole e una barba di qualche giorno. Lancia un' occhiata incuriosita alla moto e poi a me che mi avvicino salutandolo.
"Buongiorno", "'Ngiorno" fa lui mentre richiama le pecore con un "Aaaah " roco. Scusi, mi può indicare il paese più vicino?" "Chisti sunnu chiddi ri 'mericani!" indicando la moto con un cenno del mento. "Sì... è un ' Harley" rispondo, "Non credo di essere sulla strada giusta..." ma lui mi interrompe: "L' haiu visti 'nte film, belle... belle sunnu". E subito mi invita a seguirlo nel casale poco distante per assaggiare la ricotta. "A fazzu iu chi 'me manu ogni matina. Tastassi a caciotta, sintissi chi ciavuru". Inebriato da quegli odori e dal sapore dei prodotti caserecci comincio ad assaggiare un po' di questo e un po' di quello stordendomi con un vino che avrebbe steso anche un cavallo. Alla fine mi ritrovo le borse della moto piene di formaggi di vario tipo, una fascella di ricotta freschissima e un paio di bottiglie di quel rosso favoloso. "E adesso da che parte vado, dove siamo qui?" gli chiedo sperando in un' indicazione."Cca nun c'è nenti, un ci veni mai nuddu... a lei ci cumbeni turnari nnarreri e rifari la stissa strata". E dopo un altro sguardo alla moto: "Assai custa veru?" Faccio un sorriso di approvazione, lo saluto ringraziandolo; lui ha un'espressione soddisfatta, credo non solo per avermi venduto i prodotti ma anche per avere mostrato ad uno di città come nascono le cose genuine e quanta fatica e dedizione necessiti la loro preparazione. Faccio inversione, mi metto in marcia e uno dei cani mi rincorre abbaiando; lui lo richiama e immediatamente quello torna indietro. Eccomi di nuovo davanti al recinto del mulo: rallento per non spaventarlo e anche per salutarlo. Non si scompone, anzi si avvicina allo steccato e allunga il collo per annusare il faro della moto, o forse i formaggi nelle borse oppure è solo curioso. Comunque ormai siamo amici!
Proseguo e non posso non soffermarmi davanti al campo di girasoli.
Sono fiori, non mi sembrano più soldati. Osservo le loro corolle piene di semi e il lungo stelo che trasporta la linfa vitale succhiata dalle radici saldamente attaccate alla terra. Se prima mi avevano colpito per la loro bellezza d' insieme, ora noto l'immenso fascino della vita! E della terra che produce la vita.
Qui non ci sono cartelli nè indicazioni: è tutto davanti agli occhi e non rimane che utilizzare tutti i sensi, a volte sopiti, per godere delle sensazioni più vere.
Torno verso casa dopo avere cercato a lungo la strada principale; mi sento rilassato e sto ritornando con la mente alle immagini di prima come in un lungo rallenty. Sì... è il ritmo giusto! Tra un po' mi ritroverò di nuovo immerso nel caos cittadino: oggi non mi sono perso... forse potrei dire di essermi "ritrovato" in campagna.
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