Stava in camera a guardare fuori dalla finestra. Capiva che le occasioni dovevano essere create, aveva capito che sono i diretti interessati ad aprirsi la strada, e non puoi contare che qualcuno faccia tutto per te, anche perché se lo fanno diventeresti un fantoccio. La sua attenzione venne catturata dai passanti, persone uguali a lui, dirette a costruire qualcosa, tramite qualche sforzo, fisico o economico, scrivevano ogni giorno qualche pagina nel libro della loro vita, registravano esperienze nel database personale. Invece Gianni non ce la faceva. Era fermo. Come una palude faceva stagnare la vita al suo interno. E come una ciminiera lasciava uscire l'ennesima nuvola di fumo dalla bocca.
Forse potrei dare l'esame di metodologia, forse potrei raccogliere le mie poesie, forse farei meglio a trovarmi un lavoretto, forse...
I pensieri continuavano a scorrere nella sua testa, in maniera al quanto disordinata, ma il cuore, come lui, sembrava stesse rallentando. Era freddo. In questi ultimi giorni d'estate, giorni in cui si riusciva ancora a percepire la gioia di chi ancora era caldo e intero. Perché Gianni non lo era più, aveva lasciato andare una parte di sé e ora era come frammentato. A pezzi. Quell'abbandono l'aveva ferito profondamente, era squarciato, e ora doveva ricomporre il puzzle, coordinare, allineare, unire i singoli tasselli. Ricomporli. Anche allora pensava che l'unione desse una maggiore forza, ne era convinto quel 23 febbraio, era come una certezza per lui, e ancora stava pagando le conseguenze di questo dogma.