Respiro affannosamente. Ho gli occhi pesanti. La rabbia ribolle dentro come magma incandescente subito prima di una violentissima esplosione. Un fascio di luce proveniente dalla scrivania illumina la stanza. Un piccolo bip. L'arrivo di un messaggio. Il solito: "Virgi, dai, esci"qualcosa dentro mi dice di non darle retta. Anche se lei me lo chiede. Anche se le voglio bene. Anche se mi dispiace scontentarla. È con quell'altra che non voglio stare. E lei non lo capisce. Lei è così; vuole che tutti vadano d'accordo. Desiderio utopistico. Eroico, forse. Ci sono già passata sopra una volta. Per lei. E mi viene un senso di nausea a ripensare al mio essere carina e gentile con l'altra. Ho fatto un tentativo. Non ero pronta per riprovare ad essere sua amica. Le sue parole mi bruciano ancora dentro.
"Possiamo parlarne quando ho finito l'esame? Ho bisogno di stare tranquilla adesso" la mia supplica. Perché come una stupida ci tenevo ancora a lei. Volevo che la riappacificazione fosse sincera.
"Non me ne frega niente se hai l'esame, io ne voglio parlare adesso!" le parole acute e pungenti dall'altro capo del telefono sono piombate su di me come una doccia fredda. Questa è una persona che sostiene di essere mia amica. Ma che senso ha dire a parole "a te ci tengo" e a fatti urlare "di te non me ne frega un emerito cazzo"?
Lascio passare l'esame. Lascio passare il viaggio della maturità. Lascio passare l'intero periodo estivo. Mi manca? Sì mi manca. Mi manca la mia amica, quella di cui mi fidavo, quella che si fidava di me. Ripenso a come mi ha trattata. Posso superarlo? Magari possiamo farlo insieme. Potrebbe sorprendermi e tornare ad essere la ragazza che conoscevo. Forse in quel momento non era la vera lei. Forse anche lei si era lasciata trascinare dalla stanchezza e dallo stress.
E dopo mesi di silenzio un messaggio di pace. Voglio riprovarci. Voglio darle un'altra possibilità. Ed ecco che torno ad essere gentile con lei. Mi chiama, la chiamo, usciamo insieme, le racconto ciò che mi succede. Sì, ma solo in superficie. Non riesco a dirle ciò che ho dentro. Non voglio essere ferita di nuovo. Provo a ricostruire l'amicizia passo per passo, un po' alla volta. Lei mi dice che le sono mancata. È contenta che ci siamo riavvicinate. Io ci credo. Ci credevo. Stupida. Faccio un altro passo avanti verso di lei. Eccola di nuovo quella sensazione, appena oso contraddirla. I suoi occhi iniettati di sangue. I lineamenti contratti. La cattiveria. Mi ferisce. Di nuovo.
La cosa che fa più male è che ormai posso prendermela solo con me stessa. Lo sapevo che è diventata così. Non è più la mia amica. Non so che fine abbia fatto quella ragazza mite e generosa. Adesso c'è solo questa brutta copia così... perché devo trovare un sinonimo? Perché devo sforzarmi per lei, per quella stronza? Ecco l'ho detto. Non ci sono parole più garbate. Ma forse la più stronza di tutte sono stata io. Mi sono buttata di nuovo in pasto a quell'avvoltoio.
La verità è che le persone non tornano. O se tornano, tornano cambiate. L'amicizia è un treno che passa una sola volta. E se ti danno lo spintone che ti fa cadere non conviene aspettare di riprenderlo alla prossima stazione. Cadrai ancora più rovinosamente.