Questa città che corre impazzita su una strada infinita, di notte si illumina di colori cangianti, e al mattino si sveglia con i primi clacson delle automobili in fuga. Una città insonne che respira attraverso una macchina artificiale, che si rifà l'acconciatura specchiandosi nelle sue pozzanghere nei giorni di pioggia e che si addormenta soltanto per una manciata di minuti durante la pause pranzo nelle sue fabbriche inquinanti e nei suoi uffici di metallo.
Sopra di lei una valanga di uomini con il cellulare in mano e le targhe al culo avanzano inesorabili, ora dopo ora, in inestricabili file ordinate per timbrare il cartellino, sedersi nei ristoranti e ubriacarsi nei bar.
Poi, poco più in là, nei parchi nascosti tra gli alberi, dei bambini tirano dei calci ad un pallone in attesa di radersi la barba per la prima volta.
L'uomo estirpa all'uomo gli ultimi centimetri di libertà mentre le città divorano se stesse abbandonando i propri resti in discariche voraci sotto un cielo coperto dalla vergogna.
Questa città, che striscia su un tappeto d'asfalto come un serpente senza preda e che si squaglia al sole sotto un cielo color cobalto è una città che beve pioggia acida e divora amianto.
Una città i cui uomini si schierano in file di protoni ed elettroni come numeri a caso di un equazione che non c'è. Materia che produce materia, materia che crea potere, potere che crea miseria.
Una città che nasconde i propri tesori in pochi salotti dai divani in pelle, dall'arredamento ricercato e da belle parole decorate di perle mentre la sua anima è sdraiata al sole e bruciando perde colore.
Cenere.
Cenere, la sorella di Venere caduta nell'oblio e che per smisurata gelosia fu uccisa da Dio.
Cenere sopra cenere. Come questa schifosa sigaretta che va spegnendosi lentamente in un bicchiere di carta bagnato da poche gocce di vino rosso in questo barcollante palazzo, in questa insulsa stanza al terzo piano. Dall'angolo, sotto la finestra, l'odore di muffa proveniente da un frigorifero di seconda mano, pieno di scatolette di cibo andate a male. Dalla radio una vecchia canzone sta per finire, voglia di amare, voglia di sparire.