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La rivincita di Giulia
LA RIVINCITA DI GIULIA, L'ANTEFATTO...
autore: GIORGIO AFFABULA
È una pazza scatenata. Completamente folle. Affetta da dilatazione eccessiva dell'ego e con una concezione di sé che travalica i confini della normalità e della decenza.
Sarà carina. Anzi molto carina. Affascinante. Splendida. Intrigante. Sensuale. Tutto quello e ben oltre quello che può desiderare un maschio tra i 16 ai 25 anni. Però è fuori di testa e anche pericolosa.
Sei e quaranta del mattino.
Brutto segno. Mi ero svegliato più di mezz'ora prima dell'orario. Normalmente mia madre doveva sparare le cannonate per tirarmi fuori dal letto.
Questa mattina alle sei e quaranta ero già cosciente e pensavo a Giulia. La ragazza che mi aveva reso famoso in tutto il liceo e che ieri avevo lasciato.
Non c'erano rumori in casa. Nessuno stava suonando alla porta. La pazza quindi non aveva ancora fatto la denuncia.
No, non aveva ancora fatto nulla. Voleva vedermi soffrire.
Voleva vedermi pallido e depresso davanti ai cancelli della scuola. Quando sarei arrivato alla consunzione quasi totale, quando avrei cominciato a supplicarla di risparmiarmi, si sarebbe mossa. In quel momento avrebbe lasciato cadere la mannaia sul collo. Come un condannato a morte, che sta sul patibolo, giorni interi in attesa, senza sapere quando la scure sarebbe calata a decapitarlo.
In queste fasi di stress sviluppavo una propensione istintiva per i toni melodrammatici. Forse stavo esagerando. Forse lo scenario che stavo immaginando era eccessivo.
Però non tanto se ci pensavo bene.
Ero un diciottenne iscritto alla classe quinta del liceo Leonardo da Vinci, la mia vita era appena iniziata. E Giulia con un piccolo gesto l'avrebbe distrutta, per sempre.
Colto dal delirio della disfatta, decisi che, quando mia madre sarebbe entrata in camera, avrei simulato uno stato pre-comatoso. Che ne so, potevo aver consumato qualche sostanza stupefacente. Oppure aver avuto uno shock durante la notte. Oppure erano le minacce subite ieri, la pressione psicologica.
Non sarei stato in grado di alzarmi.
Tra mezz'ora suonava la sveglia. Non mi alzavo, come peraltro succedeva quasi ogni mattina. Allora arrivava mia madre a tirare su le tapparelle. Ma niente, sarei rimasto nel letto. Quando avrebbe cominciato scuotermi sarei caduto. No, meglio, non mi sarei mosso. Dovevo simulare difficoltà di respirazione, stare con la bocca aperta. Dovevano pensare che fossi in uno stato di quasi incoscienza.
Sei e cinquantatre. Avevo ancora ventidue minuti.
Non mi sembrava più la soluzione migliore. Una fuga. Prendevo la moto... Ma non era possibile. Quella era rimasta a casa, la casa in provincia di Varese dalla quale ci eravamo trasferiti due anni fa.
Dovevo stare calmo. Calmo. Una parola.
Accesi la luce. Mi chiesi perché avevo preso quell'insana decisione. Perché dovevo dire no a una ragazza come Giulia.
Ero invidiato da tutti, ero diventato famoso in tutta la scuola. E andavo a mollare una meraviglia del genere. Sarebbe stata la giusta punizione, la giusta punizione per la mia arroganza.
Sette e zero quattro. Ero entrato in pieno delirio. Dovevo andare a casa sua e chiarire. Non aveva senso. Le sue accuse non stavano in piedi. Cosa era successo esattamente. Dovevo ricapitolare, analizzare la situazione e studiare le contromosse.
Avevo voglia di urlare, ma mi trattenni. Mi avrebbe chiuso la possibilità di fingere uno shock da stress eccessivo. Ipotesi che non avevo ancora scartato.
Quella pazza, quella folle pericolosa, criminale. Solo una sadica poteva partorire qualcosa del genere. Uscire dalla macchina e mettersi a urlare che avevo tentato di abusare di lei. Nella piazzetta dove abitava Giulia non c'era traffico, rumore, sembrava di non essere a Milano. Così, nel giro di un paio di minuti, metà dei condomini maschi tra i 25 e i 50 anni erano scesi a piano terra, pronti a scannare il sottoscritto.
Mentre scappavo, facendo stridere le gomme della mia Panda, la vidi che si buttava in lacrime tra le braccia del padre. Per me era finita. Era questione di ore, al massimo di giorni. Mi avrebbe denunciato e sarei finito in galera. Non era successo niente, erano accuse false. Ma ero sicuro, la mia sorte era segnata. Anche se evitavo il carcere la mia immagine sarebbe stata distrutta per sempre.
"Marco, sono le otto, alzati!"
Era mia madre. Sette e cinquantacinque. Non dormivo ma non avevo sentito la sveglia.
**********
Franco, dopo aver ascoltato quello che era successo, disse che il caso era disperato e che, visto che oggi c'era l'ora di latino, avrebbe chiesto a Bianca di occuparsene.
Secondo lui, la cosa più preoccupante non era la reazione di Giulia ma il fatto che l'avessi lasciata. Mi spiegò che, per me, uscire con una ragazza come quella era come vincere al superenalotto e il fatto di averla respinta mi classificava tra le persone meritevoli di una punizione esemplare.
Ero sul punto di aggredirlo fisicamente quando si allontanò per raggiungere la sua compagna di classe preferita.
Bianca era l'oracolo della scuola. Quando il professore di lettere antiche varcava la soglia della classe si estraniava e sosteneva di entrare in contatto con un mondo parallelo che rispondeva a tutti i suoi quesiti.
Si rifiutava di dare previsioni sui numeri del lotto o altro del genere, ma era disponibile nei casi difficili.
"Mi sembra che il tuo caso sia sufficientemente disperato", disse Franco ridacchiando.
"La tua situazione si potrebbe tranquillamente definire un 'caso umano' o un 'caso pietoso'".
Bianca gli sorrise e fece per allontanarsi.
"Non hai ancora ricevuto comunicazioni dall'autorità giudiziaria, giusto?"
Sapevo che una battuta del genere era una tentazione irresistibile, quindi non me la presi. In realtà non avevo neanche la forza di percorrere i venti metri che separava il portone della scuola dalla mia classe. Sentivo solo una lama che, inesorabile, penetrava nello stomaco.
Pensai che potevo tornare al piano originario di simulare uno stato di semi incoscienza. Mi sarei accasciato al suolo qui, all'ingresso del liceo. Cercai di respirare profondamente e mi appoggiai al muro.
Mi girai ed era lì.
La mia carnefice era davanti a me, solare e splendida.
"Marco, che faccino sciupato, notte tormentata?".
Era l'inizio della mia agonia.
Cominciavano in quel momento il suo divertimento e la mia discesa agli inferi. Proprio come avevo immaginato al mio risveglio: il boia con la mannaia pronta a tranciarmi in due e io in attesa, immobile per ore, giorni e forse settimane. Mi sarei consumato prima dell'esecuzione.
"È sempre così quando una storia finisce si soffre".
Anche l'ironia. Avrei dovuto reagire, trovare qualche grammo di energia su cui far leva. Invece niente. Mi prendeva in giro e non ero in grado di dire nulla. Franco e Bianca mi guardavano da una decina di metri.
"Comunque per il resto non ti preoccupare. Ho esagerato. L'ho detto anche a mio padre. Tu non hai fatto nulla. È stata una scenata eccessiva. Anzi mi devo scusare. L'ho già fatto con i miei vicini di casa".
Mi guardò tenera e mi baciò sulla guancia.
La botta fu di un'intensità imprevista.
Era positivo, decisamente positivo. L'incubo lo avevo inventato nella mia testa, come già successo altre volte. Respirai profondamente. Sentii il desiderio di accasciarmi, ma mi limitai a sedermi sul muretto per riprendere fiato.
Il boia se ne era andato con la mannaia e tutta l'attrezzatura per la mia esecuzione.
*************
All'intervallo di metà mattina ero tornato una persona felice e sicura di sé e addentavo la michetta ripiena di salame e formaggio distribuita dai commessi al modico prezzo di un euro e cinquanta.
Franco mi raccontava il responso dell'oracolo.
Bianca gli aveva spiegato che non c'era da preoccuparsi per la scenata di Giulia di ieri sera. Era una bravata che non avrebbe avuto conseguenze.
Quello di cui mi dovevo preoccupare era invece di averla respinta. Ma non solo di quello. Anche il mio atteggiamento strafottente con Alessandra sarebbe stato punito.
Alessandra? Questo non aveva senso. Era una splendida ragazzina di prima, con la quale non ero stato per niente arrogante. Semplicemente avevo rifiutato i suoi inviti a uscire. E solo perché era troppo piccola. Sì è vero, questa mattina si era avvicinata sorridente. Ero stato un po' freddo, ma solo perché ero terrorizzato da Giulia.
Poi tirò fuori un pezzo di carta stropicciato.
Nel foglietto che stavano esaminando si parlava di un incidente all'età di circa trent'anni, che mi avrebbe portato in uno stato confusionale e avrebbe cambiato la mia vita.
Da quel momento sarebbe iniziata una fase che poteva portarmi a importanti traguardi in termini di carriera e guadagni economici. Avrei però dovuto affrontare tre mostri. Sì la parola era proprio "mostri". Poi la grafia non era molto chiara. Un paio di righe erano illeggibili.
"Piantala con queste stupidaggini", dissi a Franco che si stava divertendo da morire.
"Aspetta, non ignorare la profezia. La tua arroganza potrebbe costarti cara", disse in modo solenne il mio compagno di classe.
Continuammo a leggere.
Più avanti si capiva che "i mostri" erano persone che avrebbero tentato in tutti i modi di ostacolarmi e che avrebbero potuto distruggermi. La prima che avrei dovuto affrontare era la "donna vampiro".
Non si trattava però del vampiro tradizionale assetato di sangue umano, ma di una signora di mezza età "assatanata". Sì c'era scritto "assatanata". E siccome quell'aggettivo per noi significava una donna molto disponibile dal punto di vista sessuale, continuammo la lettura nella speranza di trovare qualche spunto piccante.
Ma da quel lato non c'era niente di interessante. La signora di mezza età era "assatanata" per tutte le questioni riguardanti il denaro ed era appunto per impossessarsi di ingenti somme di denaro che avrebbe fatto di tutto per distruggermi.
Se avessi superato la prova e fossi riuscito a sconfiggere la donna vampiro c'erano altri due personaggi ad attendermi, "l'uomo balena", deciso a ingoiare me e il mio capitale e "testa a triangolo" il burocrate, il più subdolo e pericoloso.
"Mi spieghi per quale motivo una ragazza carina e simpatica come Bianca passa il suo tempo con queste scemenze?"
"Andiamo caro", disse Franco condiscendente. "Mi sembra il minimo, dopo aver mollato la Dominici. In fondo devi pagare lo scotto, cosa vuoi che sia la donna vampiro e l'uomo balena e anche l'altro, non mi ricordo come si chiama, paragonato al dolore che hai dato a quella fanciulla?".
Entrammo in classe.
"Ricordati di 'testa a triangolo', il più subdolo..." disse Franco indicando l'insegnante di latino che si sedeva in cattedra.
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