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Una storia di ordinaria corsia ospedaliera

Pioveva in maniera costante da tre giorni. La città era quasi allagata . Oramai i tombini rigurgitavano pantano liquido e foglie. Adriana scese con stivali di gomma dall'autobus che aveva giusto fermato davanti ad un'ampia pozzanghera, di quelle che non puoi immaginare quanto profonde siano. Le devi affrontare e basta.
Infatti vi entrò fino a mezzo polpaccio. Sotto un scroscio freddo, chiusa nel cappotto forse troppo leggero, Adriana arrivò quasi di corsa all'ingresso dell'ospedale. La solita folla di persone intasava il bar interno. Nemmeno a pensarci di sostare per un caffè caldo. Prese l'ascensore che portava al reparto medicina generale, dove avrebbe dovuto iniziare il turno di volontaria ospedaliera delle ore diciotto. Ora della cena per i degenti. Le disposizioni cui si doveva attenere erano le seguenti: chiedere alle infermiere quali tra gli ammalati non fossero in grado di alimentarsi da soli ( reggere le posate o bere da soli) , di questi, quali non avessero parenti o badanti che li aiutassero ; dopo il pasto intrattenersi con i pazienti, qualora desiderassero un po' di compagnia. La solitudine in ospedale è il vero autentico male.
Indossato il camice bianco e le scarpe adatte alla corsia, Adriana entrò veloce nel corridoio e dal carrello degli infermieri prelevò qualche paio di guanti di lattice, necessari in caso di contatto con gli ammalati.
Lei non usava volentieri i guanti. Anzi non entrava mai nelle stanze con i guanti infilati, le sembrava già un modo di dire " signori è bene che non vi tocchi ". Li metteva solo se davvero necessario, nel momento che imboccava. Gli infermieri , invece, i guanti li avevano sempre addosso.
Dopo il pesante portone in vetro, si apriva un lungo corridoio color verdolino fòrmica, e ai lati gli ingressi alle stanze. Il corridoio, verso la fine svoltava bruscamente angolo retto. Da tale angolo sbucarono due carrelli, spinti da due infermiere di colore. Uno serviva per contenere i piatti puliti impilati, l'altro conteneva le vivande appena arrivate dalla cucina e fumanti.
Un intenso profumo di brodo di pollo si sprigionava dalle pentole, ad ogni alzata di coperchio. Le infermiere sulla porta declinavano frettolosamente il menu, i pazienti che erano in grado di farlo, rispondevano. Altrimenti decidevano per loro le persone che li accudivano.
" Signora Lina, Anna e Piera, oggi di primo c'è cappelletti in brodo, oppure risi e piselli oppure minestra di patate. Di secondo : prosciutto cotto con insalata, purè con polpettina in bianco, verdura cotta con petto di pollo. Cosa volete? "
Ad ogni camera recitavano la lista e servivano veloci sui vassoi prediposti. Qualche volta le ammalate protestavano: anche sta sera minestrina? Ma ci date sempre la stessa roba? No, il semolino proprio non lo voglio...
Adriana si avvicinò all'infermiera che rivelava sotto la cuffia trasparente una pettinatura afra, tutta treccioline. " Buonasera, mi sa dire se c'è qualcuno che ha bisogno di aiuto? ".
" Vada alla stanza 203, letto 95, c'è un signore molto anziano, l'hanno mandato qua provvisoriamente da geriatria... non vuole mai essere aiutato, ma se fa da solo combina un disastro... guardi che è un poco scorbutico..."

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l'autore mariateresa morry ha riportato queste note sull'opera

Preciso che il personaggio " Luigi " è vero, un degente realmente esistito del quale ho raccolto la storia.


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6 commenti:

  • Anonimo il 22/04/2012 12:37
    L'anonimo involontario è Edmond Dantes...
  • Anonimo il 22/04/2012 12:36
    Bel racconto che descrive in modo veritiero uno spaccato di vita ospedaliera. Il protagonista non vive di ricordi, ma nei ricordi. Lui non chiede di essere compatito, ma di essere lasciato in pace.
    Belle descrizioni e ottima scrittura.
  • Anonimo il 22/04/2012 11:50
    La struttura di questo sito è come un mare... le onde dei commenti se le segui ti fanno arrivare dove non avresti pensato. Avevo commentato Edmont Dantes e da lì eccome qui. Altro graditissimo regalo! Prosa o poesia per te non hanno confini di bravura.
  • stella luce il 22/04/2012 11:16
    racconto tristemente bello... felice di averlo letto anche se in ritardo...
  • Anonimo il 29/11/2011 17:44
    Eccomi di ritorno dalla mia vacanza all'elba. Sono andato a cercare i racconti che hai scritto durante la mia assenza ed ecco che mi ritrovo questa bella storia, piena di versimo e di nostalgia. Molto ben descritta la figura del vecchio Luigi... alcuni passi li ho molto apprezzati, come quello della memoria di un anziano, una specie di stanza piena di scaffali tale che più ci si addentra e più ci si perde. Brava mariateresa... una stranezza: sei voti positivi di cinque stelle ed un solo commento. Chissà perchè mai... a me capita l'opposto. Comunque anchi'io do il mio giudizio... 5 stelle. ciaociao
  • senzamaninbicicletta il 20/11/2011 18:31
    si, è evidente che il tuo racconto è biograficamente reale. Hai raccontato con stile delicato il riassunto breve d'una vita ricca di emozioni che alla fine vengono ad apparire come una ricchezza di gioie e dolori. L'assenza di rimorsi denota la stanchezza dell'anima e sul finir della vita la cosa migliore deve esser proprio quella poltroncina con una donna accanto che ti legge il giornale godendosi una bella giornata di sole. molto bella la narrazione

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