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Incubo
Mi guardai allo specchio dopo la doccia.
Il piccolo bagno era completamente avvolto nel vapore e lo specchio completamente appannato.
A stento distinguevo il mio volto che appariva. La mia immagine che prendeva forma mano a mano che la condensa evaporava.
Per quanto mi sforzassi non riuscivo a riconoscermi in quella orribile creatura che pian piano appariva. In quegli occhi cattivi che mi fissavano con malvagità, in quel volto demoniaco che si materializzava esattamente nel modo opposto in cui il vapore acqueo andava evaporando in maniera definitiva.
Provai a chiudere gli occhi. Una seconda volta.
L'immagine era sempre la medesima. Il mio volto appariva sempre deformato, angosciante nella sua bruttezza e spaventoso nella malvagità che palesava. Il mio corpo nudo sgraziato e informe.
Non potevo essere io. Non poteva essere la mia immagine quella che si rifletteva in quello specchio e se il vapore inizialmente aveva parzialmente nascosto tutte quelle brutture, adesso esse si manifestavano completamente alla mia vista. Ero diventato un mostro e ciò che peggio, avevo paura di me stesso.
Provai a rendermi conto di come fossi arrivato in quel luogo e cosa avessi fatto prima di entrare nella doccia e arrivai all'unica soluzione concepibile: stavo sognando. Non poteva che essere così!
L'ultima cosa che ricordavo con lucidità era il caldo abbraccio della mia compagna. Come ogni notte giacevamo insieme, stretti l'uno all'altra, in un abbraccio tenero e voluttuoso al tempo stesso. Lei e io sul lato destro del nostro corpo, con le mie braccia che cingevano il suo petto e le sue spalle.
Ma certamente. Stavo sognando! Quella creatura orrenda e demoniaca che stava possedendo la mia immagine in quello specchio non era altro che una proiezione. Un sogno. Un incubo.
Era finito. Ero sveglio. Ero lucido.
Ma non stavo abbracciando la mia compagna come prima di addormentarci. Le mie braccia non la cingevano. I nostri corpi non comunicavano.
Adesso ero seduto sul letto. La osservato. Lei era sveglia e mi domandava - senza parlare - cosa stesse succedendo.
"Niente amore, un sogno, peggio, un incubo".
Non sentivo il suo corpo tra le mie braccia. La stanza non era buia come m aspettavo dopo essermi destato.
Stavo ancora dormendo?
Possibile che mi fossi svegliato da un sogno per finire in un altro sogno? Un sogno nel sogno o, peggio, come avevo appena detto a lei: un incubo nell'incubo!
Era tutto strano e silenzioso.
Non vi era alcun dubbio che stessi ancora dormendo ma non stavo più sognando. Ero lucido. Ero cosciente. Ma non riuscivo a muovere i mio corpo né a trovare il suo tra le mie braccia.
Avevo già provato tante volte quella strana sensazione. Ero perfettamente sveglio ma stavo ancora sognando.
Ero fuori dal mio corpo fisico.
Provai a ragionare e a rientrare nel mio corpo ma, come sempre mi capitava, per quanto sforzo profondessi, rimanevo relegato in questa sorta di limbo, fuori da ogni sensazione materiale, senza alcun senso se non la vista, senza dunque poter parlare né toccare niente.
Ora altro non ero che una mera proiezione di me stesso e vedevo il mio corpo disteso sullo stesso letto su cui io sedevo, abbracciato a lei. Avevo ancora fattezze e sembianze mostruose.
Riprovai a entrare in quel corpo benché lo disconoscessi. Sperando che al risveglio tutto tornasse come prima di addormentarmi. Sperando che tutto ciò che stavo vivendo altro non fosse che incubi. Mi sforzai, provai a usare tutte le mie forze ma non mi svegliai.
A quel punto provai a gridare. Atre volte l'avevo fatto ma sapevo bene che, per quanto ci provassi, dalla mia bocca non usciva alcun suono! Era impossibile parlare, gridare. Speravo comunque che il mio corpo dal quale oramai ero completamente distaccato, emettesse qualche suono che svegliasse la mia fidanzata e che magari lei potesse finalmente svegliarmi.
Gridai ancora, almeno tentai di gridare.
Sapevo che non sarei riuscito a farmi sentire.
Mi rassegnai ed attesi.
Dopo un po', finalmente, la mia proiezione si unì al mi corpo o, se si preferisce, mi svegliai, ritrovandomi finalmente abbracciato alla mia compagna. La stringevo, potevo sentire il suo corpo circondato dal mio. Ero cosciente e non solamente lucido come nel sogno, sentivo il mio cuore battere. Le mie mani stringere i suo seno. I miei occhi distinguere le ombre della nostra stanza nel buio. Il mio naso sentire il profumo della sua pelle e dei suoi capelli. La bocca impastata dal sonno appena interrotto distinguere il brutto sapore di quando ci si è appena destati.
Ricordai il sogno.
Ricordai la visione demoniaca allo specchio. La mia immagine riflessa prendere le sembianze del mostro. Ricordai di essermi destato in una sorta di proiezione di me stesso al di fuori del mio corpo. Un sogno nel sogno, come in quel vecchio film visto tanti anni prima in cui i protagonisti si risvegliano in livelli di sogno via via successivi.
Cercai e fissare quelle immagini prima di riaddormentarmi.
Mi riaddormentai.
Quella domenica mattina la sveglia suonò alle 9.
Di nuovo abbracciai la mia bella compagna.
La svegliai con un bacio sul collo.
La strinsi a me.
Nel buio della stanza ancora chiusa, le raccontai dello strano sogno della notte appena trascorsa e nuovamente la baciai.
Decisi che avrei potuto scrivere un racconto su tutto quanto avevo appena vissuto. Lei rise. Sapeva bene che parlavo sempre della mia volontà di scrivere. Dicevo sempre che prima o poi avrei cominciato a farlo. Ma poi non succedeva mai.
Mi alzai per andare a preparare la colazione, ripensando nuovamente a tutto. Quella notte sembrava essere stata davvero soffocante.
Passai prima per il bagno che la notte precedente aveva visto materializzarsi quella mostruosa immagine. Quel demonio che mi fissava dallo specchio appannato.
Mentre mi lavavo le mani guardai il mio viso e il mio corpo riflessi.
Sorrisi.
Ero ancora io. Lo specchio restituiva la mia vera immagine.
Occhi piccoli e gialli con due fessure verticali e sottilissime come pupille. Pelle scura e completamente coperta di pelo. Due corna ai lati della fronte, arrotolate come quelle di un ariete. La coda era al suo posto, dietro di me, in fondo alla schiena, così come gli zoccoli di pecora alle estremità delle mie gambe.
E puzzavo di zolfo.
Sorrisi di nuovo.
Andai in cucina a preparare il caffè.
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