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Racconto onirico [secondo quadro]
Metamorfosi...
La febbre era scesa, ma mi sentivo tutto in subbuglio e in testa avevo un dolore opprimente. Mi trascinai per prepararmi un caffè. Vidi apparire mio fratello sui gradini della cucina. Gli chiesi se avesse sentito rumori o voci. Niente. Aveva dormito come un sasso.
"Vivo stati di allucinazione!". Raccontai dell'incontro con la bambina e la donna, delle voci della notte.
"Saranno stati gli effetti della febbre". Mi disse.
"Forse! Ma le immagini, le voci, i rumori sembravano reali! È come se stessi comunicando con un altro mondo!".
"Cosa vuoi dire?".
"Mi giungono frammenti di un'altra realtà. Ieri sera ho visto un'ombra di donna dietro i vetri. Quella figura cercava qualcuno... forse cercava me".
"Perché ti cercava?".
"Non lo so! Ma tra lei, la bambina, la vecchietta, il procuratore, l'uomo dalla voce tagliente c'è un legame invisibile".
"Vedrai, non appena la febbre cesserà, anche queste alterazioni scompariranno!".
"Mi dispiacerebbe, perché sento di essere in contatto con un'altra realtà, sto comunicando con qualcosa di diverso".
"E se si trattasse di un incubo?".
"Allora mi sveglierei".
"Non capisco".
Sentivo da lontano un suono di fisarmonica. La febbre cominciava a risalire. Entrammo in un antro di cantina. Si sollevarono grida di saluti. Mi trovai seduto di fronte a zio Giovanni. Aveva gli occhi lucidi e brilli. Una comitiva mangiava e beveva. Avevano allestito una lunga tavolata di legno. Tre ragazzi con in mano un bicchiere accompagnavano cantando il musicista.
Ci sedemmo di fronte a zio Giovanni e bevvi un primo bicchiere di vino.
Posai il bicchiere vuoto sul tavolaccio.
"Vuoi che te lo riempio io?". Disse zio Giovanni.
Qualcosa m'aveva disgustato nelle parole, nel tono, nel movimento delle labbra e degli occhi, nel modo di gesticolare.
Lo guardai torvamente e gli dissi con un sorriso di sfida: "Ti piacerebbe? Eh?!".
Lui si girò dalla parte di mio fratello e fece finta di non dare peso alle mie parole.
"Ti curi ancora della Cappella di Santa Maria?". Gli domandò mio fratello.
"Ah! Dovresti vedere come l'ho sistemata bene". Diceva il vecchio: "Ora è sempre ben pulita. C'ho sistemato pure i fiori ". Parlava di quella Cappella con grande orgoglio
"Lo sai", disse mio fratello, "che zio Giovanni da giovane voleva fare il sacrestano?".
"E sì!", sospirò il vecchio, "quando ero ragazzo mi piaceva servire la messa e suonare le campane. Riempiti il bicchiere, questo è un vino ottimo, hai visto come scende giù?".
Ogni volta che faceva riferimento al vino avvertivo lo stesso senso di disgusto.
"Dai, dai che ti verso altro vino!".
Dopo questo ennesimo invito notavo il suo sguardo farsi più cupido.
Poggiai il palmo della mano sull'orlo: "No, berrò più tardi".
"Racconta come t'è nata questa vocazione del sacrestano". Dissi mio fratello.
"Mi piaceva accendere tutte le candele della chiesa...".
Buttò giù un altro sorso di vino e il suo sguardo si fece più trasognato: "... fu durante la guerra... una notte di bombardamenti... la gente scappava... correva... scappava, avevo tanta paura... io ero rimasto chiuso nella sacrestia... ero rimasto chiuso con tre mandate".
"Cosa facevi in sacrestia a quell'ora di notte? Avevi una quindicina d'anni...".
"Ma sei proprio un impiccione! Vuoi un altro bicchiere di vino?". Disse il vecchio schermendosi.
"Allora, zio Giovanni, perché non racconti come mai sei rimasto chiuso nella sacrestia?". Domandai.
"Ma chi si ricorda più. Sono passati tanti di quegli anni!".
"Davvero? Perché ti ricordi delle tre mandate? Chi ti chiuse in sacrestia?".
Il vecchio era spaventato. Aveva capito ch'io avevo capito una verità che non dovevo capire. Lo guardai arcignamente negli occhi. Rimanevo avvolto nel mio cappotto nero. Si versò dell'altro vino con le mani tremanti.
Alzò lo sguardo su di me e mi domandò: "Chi sei veramente?".
Lo fissai, sentivo le sue parole risuonarmi nella testa. Poi sentii la mia voce che diceva: "Non importa chi sia io, importa chi sei tu".
Sbiancò.
Uscimmo. Sentivo tremiti freschi nell'aria e la febbre salire ancora.
Arrivammo sotto la chiesetta, mi chiese: "Perché ti sei comportato in quel modo?".
"Non lo so. So solo che avverto in me una sorta di metamorfosi...".
"Cosa volevi dire con quelle parole che tanto l'hanno spaventato?".
"Ho avuto l'impressione che il vecchio voleva confessarsi, giustificarsi di qualcosa di cui non ha colpa, consegnarmi il segreto della sua vita prima di morire".
"Ma non ti ha confessato nessun segreto!". "M'ha rivelato tutta la sua esistenza, perché ha capito che io ho capito tutto, il suo passato e il suo presente, il suo vizio che col tempo ha voluto convertire in virtù, facendosi uomo devoto. Mi chiedeva anche l'assoluzione".
"Sono tue fantasie!".
"Può darsi! Ma io mi limito a raccogliere i pezzi che trovo...".
Visioni aromatiche...
Spensi la luce. Sentivo il verso monotono di un uccello notturno. Un presagio di morte. La febbre non era alta, ma non riuscivo lo stesso a prendere sonno. Ero abbastanza lucido e tutto sembrava tranquillo. Il mio organismo stava tornando normale. Niente più visioni, niente più stati di alterazione. Indugiavo in questi pensieri, quando cominciai a sentire nella stanza aromi di cucina Chi poteva a quell'ora di notte cucinare? Gli aromi si facevano più intensi. Odori di arrosto. Carne che bruciava sulla brace!
Altri se ne aggiunsero, sempre più intensi. La stanza inondata di sapori. Ero capitato - bendato e sordo - in mezzo a un banchetto. Ma non percepivo altro, né voci né rumori.
M'abbandonai a quella corrente odorosa, mi lasciai trasportare da quelle nuove sensazioni. Percepii un odore di carta ammuffita e di cera che bruciava, e l'odore d'arrosto si fece più intenso. Qualcuno leggeva soltanto, altri banchettavano o cucinavano.
Non sentivo nessun suono. L'unico senso attivo era l'olfatto. Cominciai a sentire una fragranza seducente, come se il viso di una donna si fosse accostato al mio. Più questa fragranza aumentava di intensità più il cuore batteva. Avvertii le mie labbra inumidirsi come se qualcuno mi avesse dato un bacio. Un bacio voluttuoso. Il mio cuore cominciò a pulsare più forte e avevo la sensazione di essere atterrito, ma allo stesso tempo preso da un'emozione indicibile.
Era un bacio furtivo, tra due amanti che hanno paura di essere sorpresi, ma che non sanno resistere alla tentazione di avere un contatto carnale. Nella testa si formò questo pensiero, e tutte le sensazioni di cui sino a quel momento avevo goduto in un soffio scomparvero.
La stanza ripiombò nella sua consueta quiete. Di nuovo riprese il canto dell'uccello notturno. E caddi in un sonno profondo e senza tempo...
"Allora?", chiese mio fratello al mattino, "hai ricevuto altre visite?".
Avevo ripreso le mie forze. La sensazione vissuta la notte precedente mi aveva lasciato nell'animo una leggerezza incantevole. "Sì", dissi, "ma credo che sia stata l'ultima visita". Mi sentivo completamente guarito. Lo stato delirante era finito.
"Allora, questa notte non è successo niente?".
Raccontai l'accaduto. Chissà, qualche linea di febbre permaneva... forse per questo le percezioni extrasensoriali arrivavano attutite.
"Ma tu queste "presenze"... sì, queste presenze che senti non dicono nulla, non ti parlano?".
"No, ma non si rivolgono neanche a me...". "È davvero strano! È proprio strano!".
"Lo so anch'io che è strano. Infatti, nemmeno io riesco a capire se sono uno spettatore o se sono parte attiva. Non so cosa dirti!".
"Ti ricordi del professor Tullio?".
"Quello che si dedica allo studio delle scienze occulte? Sì, ne ho sentito parlare...". "Una volta insegnava filosofia nei licei, ma ho saputo che da quando è andato in pensione dedica tutto il suo tempo allo studio di questi fenomeni. Dicono che è uno studioso serio. Secondo me dovresti parlarne con lui, magari è in grado di dirci qualcosa!".
"Sì, potrebbe essere una buona idea".
Bizzarre rivelazioni... Il professor Tullio ascoltò il racconto con estremo interesse.
Il suo aspetto mi ricordava un ritratto di Charles Dickens.
Alla fine del racconto, commentò: "Non so come sia successo, ma il suo stato febbrile ha prodotto un ponte tra due realtà lontane nel tempo e nello spazio...".
"Cioè lei crede che non siano soltanto allucinazioni?".
"Veda, se lei in questo momento si trova qui a parlare con me, a meno che non voglia prendermi in giro...", stavo per interromperlo, ma con un gesto della mano mi feci capire che voleva continuare il filo del suo discorso, "ma ritengo che non siate il tipo, cioè intendevo dire che non si tratta di stabilire se le sue percezioni siano state delle allucinazioni o qualcosa di reale. Senza dubbio sono delle percezioni extrasensoriali! Come lei stesso ha detto è entrato in contatto con un'altra realtà. Ora si tratta di capire se lei è venuto da me per avere lumi sul meccanismo di queste percezioni oppure se vuole capire cosa significano questi messaggi".
"Sarei interessato ad entrambi gli aspetti!".
"Vedete, io sono considerato un mezzo pazzo, un mezzo stregone e un mezzo rimbambito. A seconda con chi parlate, generalmente le opinioni che corrono sul mio conto si dividono tra queste due mezze verità. Vi dico questo perché capite che c'è tutto il mio interesse a credere a ciò che m'avete raccontato...".
"Per quale ragione?". Domandò mio fratello.
"È semplice! Da anni e anni m'occupo di scienze occulte. Il mio interesse in realtà è nato da quando frequentavo il liceo. Ho fatto la mia tesi di laurea su Giambattista Della Porta, poi mi sono sempre più occupato di stregoneria, di sciamanesimo, di spiritismo. Mi sorprendono questi fenomeni paranormali, ma me ne sono sempre occupato come studioso. Non crediate che sia il tipo che si mette a fare sedute spiritiche, o a predire il futuro con un pendolino! Eppure per il fatto che leggessi e studiassi questi libri mi sono fatto la fama che voi conoscete. In realtà, a me non è mai capitata un'esperienza come la sua, però storie analoghe ne ho lette tante. Ci sono anche tanti scrittori che hanno trattato temi del genere. Pensate a Fogazzaro, a Henri James, a Edgar Allan Poe, o a Emily Brontë, per citare soltanto qualche nome. In un modo o nell'altro sono presenze che fanno parte della nostra esistenza...".
La stanza, nella quale ci aveva ricevuti, era immersa nella penombra: aveva acceso il lume posto sullo scrittoio rotondo su cui erano poggiati il famoso Picatrix e un altro libro dal titolo Viaggio nella notte di S. Giovanni. La poltrona su cui sedeva il nostro mentore era accostata di lato allo scrittoio, per cui i suoi capelli bianchi brillavano d'una luce azzurrina. "Cosa intende dire, professore, quando parla di un ponte gettato tra due realtà?".
Domandai, interrompendo il flusso dei suoi discorsi.
"Quando noi viviamo all'interno dei fenomeni naturali, i nostri sensi formano una sorta di corazza che serve a preservarci dai pericoli. La coscienza deve continuamente essere vigile per impedire di lasciarsi sorprendere dai rischi che incombono sulla nostra esistenza. Ciò ci rende come impermeabili a tutte quelle realtà che non rientrano nell'ordine delle cose naturali. Esistono però momenti della vita in cui queste difese vengono abbassate. Ora vi risparmio i motivi di questo abbassamento per non annoiarvi, e vi dico soltanto che è in questi momenti che la nostra coscienza diventa permeabile a flussi extranaturali. I sogni, per fare un esempio, s'avverano nel momento in cui il corpo e i sensi sono rilassati. Le immagini oniriche sono così nitide che anche al risveglio, come aveva notato Schopenhauer nel libro su' La visione degli Spiriti, facciamo fatica a renderci conto che facevano parte di un sogno. Oltre al sogno, esistono altri momenti in cui le nostre difese s'abbassano: lo stato febbrile, che ha vissuto lei, è uno di questo; ma poi ci sono altri che vengono provocati artificialmente, ma di questi, se vi fa piacere, parleremo più tardi...".
"Non riesco ad afferrare il nodo del problema. Voglio dire non credo che uno stato febbrile ci metta in comunicazione con un'altra realtà. Vorrei capire se ciò che mi è finora capitato sia soltanto frutto di mie allucinazioni. In ogni caso", continui impedendo all'altro la possibilità di interrompermi, "in ogni caso, la prima sera che arrivammo in paese, quando vidi quell'ombra di donna dietro i vetri, ancora non avevo febbre. Allora mi domando: quell'ombra era una persona reale o un preludio delle mie allucinazioni?".
"Non è facile capire come avvengono queste cose! Ma è chiaro che lei sta vivendo delle esperienze fuori dall'ordinario. Si è materializzato un ponte. Per un attimo però dobbiamo abbandonare il buon senso!".
Il professore fissò a lungo il lume, come se s'aspettasse da quella luce fioca il segnale capace di squarciare il velo misterioso e di vedere oltre. Notai mio fratello, seduto sull'altra sponda del divano, fissare anch'egli quel lume, e scorsi un fremito di paura sulla sua faccia contratta. Si vedeva ch'era combattuto tra il restare o l'andarsene.
"Io credo che quell'apparizione sia la stessa donna che l'ha baciato la notte scorsa. Non è lei che è entrato in contatto con "loro"", disse calcando bene questo pronome, "ma sono "loro" che sono entrati in contatto con lei!".
""Loro"? Loro chi?".
"La donna e il suo amante. Credo che l'amante conoscesse le arti magiche e ora sta rivivendo la sua esperienza mediante la sua persona! Sono loro che sono riusciti a creare un ponte!".
"Mi scusi, professore, ma adesso entriamo nel campo delle congetture o delle fantasie. Poniamo il caso per un istante che lei abbia ragione: in primo luogo dobbiamo credere che la magia sia davvero efficace, ma viviamo nel XXI secolo, professore, e queste credenze hanno fatto ormai il loro tempo. In secondo luogo, lei mi sta dicendo che questi misteriosi personaggi mi stanno usando per i loro fini!".
"Naturalmente lei è libero di credere o di non credere, ma la "persona", se così vogliamo definirla per quieto vivere, che sta comunicando con lei avrà avuto dei poteri straordinari".
"Ma allora", intervenne mio fratello, "potrebbe addirittura trattarsi del demonio!".
"Lo escludo, anzi dai pochi segni in nostro possesso direi ch'era un uomo di chiesa; forse un inquisitore...".
"Un inquisitore?". Ripeté mio fratello
Ma...", dissi, "come avrà fatto costui ad entrare in contatto con me, a creare questa sorta di ponte? Non credo che abbia usato una formula magica!".
"Capisco che la cosa si presta all'ironia. "Lui" in realtà le sta facendo rivivere frammenti della sua esperienza. È come se il suo spirito fosse rimasto prigioniero da qualche parte. E ora ha bisogno di liberarlo. Ora se lui fosse un uomo di chiesa, come si può ipotizzare, l'amore provato sarà stato vissuto come uno stato peccaminoso, e chissà le loro anime saranno rimaste incatenate in qualche luogo. Ora lui sta usando tutta la potenza delle sue arti per potersi sciogliere da questo nodo...".
"Ma se così fosse potrebbe trascinarlo con sé!". Disse mio fratello.
"Non credo che questa sia la sua o la loro intenzione, vogliono tornare al punto in cui possono redimersi ed espiare le loro colpe o porre rimedio a qualcosa...".
"Perché hanno scelto me? Dove sono vissuti costoro? In che epoca, in che luogo?".
"Per avere queste risposte bisogna aspettare. Sul perché hanno scelto proprio lei una risposta potrebbe esserci: lei mi ha detto che si diletta a scrivere racconti, quindi è in grado di dar vita a dei personaggi immaginari. Ebbene, hanno scelto lei perché hanno bisogno di comunicare la loro storia, di farla conoscere al mondo. È una storia seppellita dai secoli, di cui non è rimasta tracce, nessun nome, nessun luogo, nessun documento; loro, fino a questo istante, è come se non fossero mai esistiti, e così la passione che li ha travolti è come se fosse sfumata nel tempo, vanificata; e forse davanti a questa evidenza non s'arrendono, vogliono vivere, vivere e vivere ancora, e in eterno, ma ciò che soprattutto vogliono far vivere è il loro amore, quell'amore che della loro esistenza sarà stato tutto l'emblema e il segno del loro destino; non vogliono rivivere ogni istante della loro trascorsa vita, ma soltanto l'istante della loro passione che li avrà condotti alla morte o all'oblio!".
"ma ora che la febbre è passata, come faranno a mettersi in contatto con me?".
"Se lei non ha paura, posso fornirle una sostanza...". S'alzò e si diresse verso un mobiletto dal cui cassetto tirò fuori un sacchetto di lino: "È un estratto di Amanita Muscaria, i cui principi agiscono sul sistema nervoso; è una sostanza leggermente tossica, ma se viene usata con cautela non provoca nessun danno e nessuna dipendenza. Provoca soltanto delle visioni. Queste piante venivano un tempo usate dagli sciamani per compiere i loro viaggi tra gli spiriti. All'inizio ne faccia un uso molto prudente, poiché un forte shock può causare addirittura uno stato di coma. È sufficiente masticare un pizzico di queste essenze essiccate per avere degli effetti".
Uscimmo da quella casa scossi e scettici. Avevo in tasca il sacchetto. Forse le voci che circolavano sul conto del vecchio professore non erano del tutto infondate. Pensavo al recente passato e a quanto m'era accaduto, e continuavo a ripetere a me stesso: è se ci fosse qualcosa di vero in questa versione? Non è facile modificare, quando si è ormai maturi, le proprie opinioni intorno a degli argomenti. Io non ho mai creduto né agli spettri né agli spiriti, né mi sono mai fatto persuaso che le anime rimangano incatenate da qualche parte.
Camminavamo l'uno a fianco all'altro, in silenzio, sentivamo soltanto il rumore dei passi e delle suole strusciare e sfregare lungo il sentiero imbrecciato. Il cielo era illuminato dalla luce azzurra della luna. Camminavamo con prudenza per evitare di scivolare sulla breccia. Le ombre come giganti della sera s'allungavano, si stendevano per poi perdersi nel fitto della vegetazione.
Avevo la sensazione che qualcosa mi sfuggisse, come se quel vecchio affabulatore ci avesse nascosto qualche elemento importante. Avevo l'impressione di aver dimenticato di chiedere qualcosa di importante, ma non sapevo cosa.
Ormai mi vedeva del tutto rimesso, per cui la storia poteva anche terminare a quel punto. Non aveva quell'ansia curiosa che spinge a cercare in posti sconosciuti e a scoprire misteri irrisolti. Mio fratello era assai perplesso. Per lui tanto valeva fermarsi lì, e continuare la nostra permanenza al paese in tutta tranquillità e poi ripartire. A me, invece, questa storia cominciava ad assillarmi. Si trattava di andare oltre le Colonne d'Ercole e vedere cosa c'è al di là del mondo fenomenico.
continua...
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- interessante sarà stato un bel sogno auguri di guarigione
- Apprezzatissimo. Suggestivo e articolato.
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