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Giustina
Giustina nacque un bel giorno di sole, di circa una trentina di anni fa, una bella bimba, dagli occhi visti, un buon peso, un bel colorito, una chioma tutta particolare, capelli arruffati fino all'inverosimile, quasi una manifestazione di ribellione per essere nata; chissà, forse voleva ancora stare nel grembo della sua mamma, al caldo e al sicuro. Il suo primo anno trascorse tra le solite cose dei bimbi, imparò a camminare abbastanza presto, segno di un evidente autonomia, aveva da poco compiuto 1 anno di vita, e da subito incominciò a sgambettare in ogni luogo, bimba difficile da gestire, già fu evidente all'epoca, come pure fu evidente quel particolare sul cibo, ne doveva lasciare sempre un boccone nel biberon, nella tazza del latte, nel piatto, quasi a voler dire:- non mi fate perdere tempo a mangiare, io devo scoprire il mondo!
Non è che fosse schizzinosa sulle pietanze, era veloce nel divorare ed appena la sua fame era placata, rivolgeva la sua attenzione altrove, poco contava cosa lasciava nel piatto, e crebbe tranquilla fin quasi il 4 anno di vita, unico suo problema, un fastidioso mal di orecchie, alle prime avvisaglie di vento, accusava quel doloroso mal di orecchie. Quella mattina la chiamai, non rispondeva, mi preoccupai, la cercai, convinta che fosse corsa fuori nel giardino, non me lo sarei mai perdonata se si fosse fatta male, ma no, stava giocando tranquilla seduta in terra con i soldatini del fratello, la rimproverai :- ah, bricconcella, qua stai tu? E non rispondi alla tua mamma? non senti che sono preoccupata?
Ma lei pareva non sentisse, mi preoccupai abbastanza, avevo certo una mia bella esperienza di bimbi, non mi feci vedere, e dietro le sue spalle feci un bel po' di rumore, ma lei non si voltò. Il sangue mi si ghiacciò tutto all'improvviso, avevo avuto la giusta intuizione, maledizione, la piccola non mi aveva proprio sentita, lei che correva subito da me, questa volta non si era mossa.
Il giorno dopo la portai subito da un otorino, mi informai del migliore, fui fortunata, all'epoca quello dell'ospedale della mia zona andava per la migliore.
La diagnosi :- perforazione del timpano. Una brutta infiammazione delle adenoidi le aveva causato la perforazione, si consigliava l'intervento immediato, anche se data la sua età , ci sarebbe potuta essere una ricrescita delle adenoidi stesse.
Bene, buon viso a cattivo gioco, la misero in lista per l'intervento, mi dissero che secondo della priorità avrei dovuto aspettare circa sei mesi, troppi, pensai.
Sapevo che non era una cosa tragica, intervento ambulatoriale, le conseguenze mi lasciavano un po' perplessa, mi dissero che aveva buone possibilità di recupero ; feci il solito giro di telefonate, contrattai i giusti amici, e la piccola fu chiamata nel giro di 15 giorni, fu operata, e fu dimessa, per fortuna recuperò tutta la funzionalità del suo timpano, i figli! fanno sempre tremare, per una sciocchezza o per un fatto serio, c'è sempre da tremare.
E la sua vita riprese tra giochi e lezioni di vita. E quando ebbe i pattini il giorno della Befana, ancora doveva frequentare la prima, le dissi chiaro :- Giustina, non li provare ora, aspetta domani e mi raccomando, aspetta che ci sia papà, ti aiuterà a non cadere. Convinta delle mie parole andai in cucina, neanche il tempo di pensare ai miei compiti che uno strano rumore mi fece voltare, appena in tempo per vederla scorrazzare lungo il corridoio con i suoi desiderati pattini.
Ecco, Giustina è sempre stata decisa, testarda, ma soprattutto capace, se decideva una cosa, già l'aveva studiata nei minimi particolari, era inutile cercare di farle cambiare idea.
E l'ultima sua Befana? Sapete, era l'epoca dei primi Cicciobelli, lei ne desiderava uno, lo voleva proprio, e fu accontentata, un bel Cicciobello, ultimo modello, un occhio della testa, lo tenne con cura, non ci giocava per non sciuparlo, lo chiuse nel mio armadio per sei mesi, ogni tanto lo tirava fuori, senza aprire lo scatolo, lo rimirava, e lo riponeva, poi... ci fu un poi... voleva giocare con il fratello a pallone, e non avevano il pallone quella mattina.
Giustina, in un attimo, decapitò il suo bel Giocattolo, ed ebbe il suo pallone. Ma come fece in un attimo a distruggere una sua cosa, e non ebbe rimorsi, fece la sua bella partita, e la sua bambola nell'immondizia.
O quando s' inoltrò su per i boschi con il fratello e quel carrozzino in disuso, qualcosa mi disse che la sua mente stava tramando un gioco pericoloso, ma contavo sulla presenza del fratello, del resto loro andavano sempre su nei boschi per cercare le erbe più particolari per la loro capretta. Quella mattina Giustina era intenzionata a provare l'ebbrezza di una discesa su un mezzo improvvisato. E così fu. Inutili furono i dinieghi del fratello, Giustina chiuse il carrozzino, vi ci mise sopra a mo di missile e si diede una bella spinta con i piedi; su quella discesa ripida le quattro ruote presero subito velocità, la strada divenne un nastro liscio e veloce, ebbe paura Giustina, una paura giusta e consapevole ma troppo tardi per potersi fermare, lei mise le mani a terra come se le volesse usare come freno; il fratello, conscio del pericolo e del prossimo burrone, riuscì, forse aiutato dalla DIVINA PROVVIDENZA, a fermare la sorellina gridandole di gettarsi con tutto il suo peso sulla sinistra, c'era infatti un rialzo del terreno ai margini della strada, dove la vegetazione era rigogliosa, e l'improvvisato mezzo si arenò in quella altura fortuita. Le ruote della carrozzina affondarono in quella rigogliosa vegetazione, Giustina si alzò, un faccino sbianco, un tremore lungo il corpo, si guardò le mani, Dio che macello, la carne dei polpastrelli ridotta ad un ammasso di poltiglia, e il suo pensiero era solo come giustificarsi con me, non sentiva il dolore, ma solo la paura di un sonoro ceffone.
Tornarono a casa, mesti, silenziosi, in una mano un frutto, un bel fico, grande, maturo al punto giusto, con quella mezza spaccava che lasciava intravedere la sua polpa, e Giustina mi porse il suo trofeo dicendomi :- mamma, vedi che bello! guarda le mie mani, mi sono ferita cadendo per coglierti questo bel frutto.!
Le presi le manine, le guardai, la guardai tutta per controllare altre possibili ferite, la portai in bagno, la disinfettai, le medicai quelle dita straziate, tornammo in sala, mi sedetti su di una sedia, la feci mettere davanti a me e prendendola per le spalle, in una morsa dolce ma ferma e stabile le dissi:
- tu, mo' a me mi devi dire che cavolo hai fatto! e non mi raccontare la stronzata del fico, perché non ci credo, queste sono ferite di strofinio. E allora, su parla!
Piangendo, mi accennò qualcosa, ma il racconto era spezzettato, il fratello aggiunse :-io glielo dicevo di non farlo, mamma che paura, sai per quando non è caduta nel burrone? ho cercato di fermarla, (qualche lacrima scendeva sul suo volto, il senso di responsabilità gli attanagliava lo stomaco, povero fratellino, con una sorella così scapestrata)per fortuna il carrozzino si è girato verso la parte giusta, mamma con lei non vado più a fare l'erba per la capretta, dalle solo il fieno, io non ci voglio più andare su con lei.
Alzai la mano per mollarle un ceffone, ma i suoi occhi di cerbiatto ferito mi bloccarono, in fin dei conti la colpa fu anche mia, io sapevo della sua attitudine a cacciarsi nel guai, avrei dovuto prevenirla, e poi quelle ferite erano già fin troppo dolorose.
E quando voleva accudire per forza i maialini, fin quando erano piccoli tutto ok, ma poi quando quelle bestie si fecero grandi, Dio, era un pericolo per Giustina, e LEI era un pericolo per loro, vi voleva per forza salire in groppa, non capiva che non erano animali da soma, e il fratello immancabilmente, doveva intervenire, ogni volta Giustina li istigava con quella sua vocina altezzosa, per fortuna i maiali crebbero presto e la loro stazza misero quelle gridoline a tacere. Ricordo quando frequentava la terza media. La fu proprio una cosa unica, Giustina frequentava con profitto la scuola, ma quel semestre l'aria di primavera l'aveva circuita e lei spensierata, giocava con le amichette a fare la VAMP, fui chiamata a scuola e i prof. mi misero al corrente del veloce declino scolastico di Giustina.
Li ascoltai e, appena arrivata a casa feci sparire tutti i suoi belletti. Giustina uscì da scuola e mogia, mogia tornò a casa, timidamente mi osservava, si aspettava una ramanzina, uno scappellotto, ma io, niente, zitta, e la giornata finì. Il giorno dopo Giustina si accingeva ad imbellettarsi e si rese conto del vuoto nel suo cassetto. Capì e non ebbe il coraggio di dire nulla, ci mise meno di tre settimane a prendere voti soddisfacenti, la sua vanità era stata più forte di una mia punizione.
Giustina era una bimba irrequieta, sempre a giocare con i maschietti, a lei le bambole non piacevano tanto, e quella volta si era intestardita a voler fare un giro in bici, loro non avevano una bici, il posto non lo permetteva, c'era una discesa molto ripida, troppo pericolosa per dei bimbi,, ma lei sempre dietro a quei due vicini di casa, quel giorno le fecero fare un giro, ma poi le dissero di tornare in casa; lei, testarda ottenne la promessa di un altro giro, ma il suo turno non arrivava mai, ed allora, spazientita prese un bastone e appena vide il malcapitato del momento, con tutta la sua forza e con una velocità incredibile, conficcò il bastone tra i raggi della bici che stava percorrendo una discesa in quel momento. Il vicino di casa fece un capitombolo impressionante, il freno del manubrio si conficcò nella sua mano, sangue a non credere e lei, Giustina, veloce si barricò in casa, gridando che non era stata lei.
Quel suo modo di fare mi allertarono, la guardai e mentre cercavo di capire mi ritrovai la vicina di casa con il figlio, la mano sanguinante. Giustina ebbe uno schiaffone, ma di quelli epocali ed in più non le fu permesso di uscire a giocare per 6 mesi. Per Giustina le punizioni corporali non avevano effetto, era il suo orgoglio che bisognava punire per avere ragione di lei. È stata dura crescerla ed educarla secondo determinati criteri di responsabilità, lei è sempre stata ribelle, autonoma, veloce e scaltra. Una sera andai a letto, mi infilai sotto alle coperte e mio marito, a voce bassa, mi disse di non dormire e di aspettare in silenzio, doveva prendere un ladro in fragranza di reato, io non capì subito, ma lo assecondai e spensi la luce.
Dopo un po' la porta della camera si aprì lentamente e una mano furtiva prese dal pacchetto di sigarette alcune sigarette, in quel mentre mio marito si drizzò a sedere accendendo il lume sul comodino e gridando:
- ah, sei tu la ladra di sigarette!...
in preda alla paura Giustina emise un grido, lasciò cadere il suo bottino a terra e fuggì via. Era stata scoperta, Dio, quante risate ci facemmo noi genitori. I fratelli mandavano lei per questi furti, Giustina sapeva essere silenziosa e aveva il coraggio di rubare alla grande, mica una sola sigaretta da dividere in tre, no, lei ne rubava una per ciascuna, facendosi sgamare. E quella volta, quando concluse le scuole medie, si era fissata di voler fare la modella; non ho nulla contro quel mondo, ma lo ritengo un po' frivolo e poco adeguato per un'adolescente inquieta, tutta l'estate ci martellò con quella sua fissa, alla fine cedette solo dietro la promessa di un lavoro in fabbrica, ma se il mondo delle modelle per lei non era idoneo, figurarsi quello delle fabbriche, sono mondi particolari che se non hai vissuto da subito, sono la rovina di giovane ribelli, e Giustina questo era :giovane e ribelle. Per nostra fortuna quell'estate si concluse con l'iscrizione ad un istituto per geometri, e un altro passo verso la vita futura era stato fatto.
E venne il tempo degli amori... ma non per Giustina; lei non voleva un fidanzatino, ma un compagno di goliardia, troppo viva per fare la fidanzata romantica, lei era Giustina, aveva bisogno di sentire il sangue scorrere nelle vene ; ma l'amore è un grande motore e quando ci punta, ci rapisce nelle sue spire e non c'è possibilità di appello. Così Giustina incontrò il suo grande amore, lo chiameremo... Ivan. Ivan, come Giustina era un ragazzo attivo, sempre in cerca dell'ultima battuta per il malcapitato di turno, e dopo un po' decisero di convolare a nozze; non erano fatti per fidanzamenti lunghi, loro erano la vita, erano le cose attive, il fare al posto del pensare, e subito partirono per il Nord, in cerca di libertà, in cerca di fortuna, in cerca di una vita migliore. Aveva 20 anni Giustina, troppo vecchia per i giochi, troppo giovane per una vita da adulta. E presto si raffrontò con una realtà cattiva, crudele, ma lei non gettò mai la spugna anche se a volte il dolore le attanagliava il cuore, ma non poteva deludere chi credeva in lei, aveva un senso di responsabilità grande assai. E furono giorni di carestia, giorni di fame, di lavori mancati, ma lei e il suo Ivan non si scoraggiarono mai, provavano sempre nuove alternative; ma la vita, a volte è cattiva e mise i due giovani davanti ad esperienze dolorose. Erano riusciti a trovare un buon lavoro, una casa accogliente ed ora pensavano ad un figlio... desiderato, 1, 2, 3, tutti aborti, spontanei, anche avanti nel tempo, con strascichi dolorosi che solo una donna può capire, nella sua disperazione Giustina era arrivata al punto di prelevare dal suo water un probabile aborto e recarsi in ospedale, alle due di notte (Ivan faceva il turno di notte)da sola, sottoporsi a visita e pretendere che fosse analizzato il suo referto. Referto che un'infermiera con leggerezza e senza senso di umanità cercò di gettare nella pattumiera, ma Giustina, già mamma in fondo alla sua fragile anima, la rimproverò e le ingiunse di mettere il suo fragile referto tra quelli da analizzare; e cosi fu. E venne anche il tempo di quella strana gravidanza, anomala ma ben fissa dentro il suo grembo; ma la vita continuava a prendersi gioco di lei e dei suoi sentimenti, la vita le aveva mandato una gravidanza extrauterina, impossibile da portare avanti, e la vita le presentò anche medici superficiali e poco professionali. Giustina ci stava rimettendo la vita; quei medici, incompetenti aspettarono troppo per intervenire, le dovettero asportare una tube, giovane donna in balia di un gruppo di persone dedite solo al loro portafoglio, da soli i giovani affrontarono tutta la tragedia, da adulti consumati affrontarono il dolore appoggiandosi l'uno all'altro. E, poi, ancora 4-5-6 altri aborti, questo inferno stava consumando le loro menti, le speranze deluse dalle disgrazie stavano rovinando la vita dei due giovani sposi; ma, ecco all'orizzonte un miracolo travestito da medico napoletano. Uno specialista, con semplici analisi diagnosticò il male di Giustina, una semplice anomalia nel suo DNA le creava problemi così gravi e, ancora una semplice aspirinetta risolse il problema; finalmente Giustina ebbe la gioia di una nuova vita nel suo grembo e questa volta non si interruppe, andò avanti con tenacia; ma verso la metà del periodo gestazionale una minaccia si affacciò nella vita dei giovani, la possibilità di un nuovo aborto, Dio, che pensieri cupi attraversarono la mente di Giustina, da sola, al nord, in mano a dei medici senza scrupoli, ma quel giorno la vita voleva essere magnanima per Giustina e alla sua porta si presentarono il fratello e la madre. Erano saliti su per aiutare la giovane Giustina nell'unico modo possibile, portarla cioè a Napoli, da quello specialista che l'aveva aiutata a capire il suo DNA. E così , dopo qualche mese Giustina ed Ivan poterono abbracciare il loro primo figlio, un bimbo vivace, dagli occhietti vispi e stava bene, ed era quello che contava. Il loro piccolino non fece neanche una settimana a casa con i genitori, deperiva a vista d'occhio e di nuovo la paura fu la padrona della loro casa. Di nuovo in ospedale, e per fortuna tutto si risolse in un breve periodo ospedaliero, il piccolino aveva solo disturbi alimentari, semplicemente PIGRO! e dopo un ragionevole lasso di tempo, tutta la famiglia si ritrasferì su al nord, lui riprese il lavoro e Giustina faceva la mamma. Ma la vita di mamma è difficile; la notte, poi, da sola con un piccolino, le responsabilità, Giustina si vide persa, si sentì sola, spesso in preda alla malinconia; e fu così che Ivan decise di lasciare il suo bel lavoro e di tornare giù, nel meridione, vedeva la sua sposa sempre più ... spenta, aveva perso l'allegria, il buon umore, la vivacità che la distingueva tra tutte.
Trovarono subito un nuovo nido dove poter crescere il loro piccolino, che ben presto ebbe un fratellino, e poi ancora un altro. Ora Giustina è adulta, cresce serena i suoi pargoli ma non disdegna mai qualche salto sul suo lettone con i suoi piccoli, o qualche corsa a rimpiattino sotto la tavola, Giustina vorrebbe essere più severa con i piccoli, ma proprio non può, i loro giochi la trascinano e presto ne diventa il capo. O quando li porta fuori svelando loro i segreti della natura, peccato che le lucertole non siano d'accordo quando restano impigliate nelle sue trappole. E lei non si smentisce mai. Ora Giustina continua la sua crescita, ed affianca quella dei suoi pargoli e si meraviglia ancora ad osservare il volo di una farfalla rara.
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