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Panze, presenze e insipienze
Panze, presenze e insipienze
La sera, rimbecillita dalla calura, s’era ormai decisa a stravaccarsi sul terreno dell’anzianotta contea di M*****, dove la cenere dei morti istruiva la polvere delle strade sul da farsi, ed ebbra d’invincibile indolenza, senza neanche rendersene gran conto, lasciava che le ombre, prive dei controlli di rito, si adagiassero al suolo come?" svogliate anch’esse?" onde stracche.
Il tramonto, dal canto suo, tanto per non star con le mani in mano (ché, in queste terre, come niente, è facile che gli sparlano dietro pure a lui), aveva insanguinato, come un carnefice invisibile, il litorale non distante, in ultimo spruzzando?" per sfregio (s)quasi?" una gala arancione al confine tra la fascia di cielo incendiata di violetti schizzati di strisciate verdi e blu, e un mare di petrolio profumato di iodio e vaghi zolfi. Ai lati dello sguardo dell’(eventuale, non indispensabile) osservatore si allargavano e si sdilinquivano lampi di colori già cotti, sfumati dalla mano d’un artista esagitato e fuor dai gangheri parecchio. Tutto quel ben di Dio di stupore visivo si portava dietro come una musica ossessiva e ipnotica, che si ripeteva all’infinito, ma non era identica a quella di un minuto prima.
Dopochè, senza immaginabile preavviso, quell’arte di suoni si placò per lasciar posto a un sassofono attempato, con la voce logora un poco, ma sempre “in gamba”, capace ancor di fiati e sospiri avvincenti.
Da qui in poi, la luna se la pensò d’inghiottire pigramente qualche pipistrello, mentre le stelle cadevano come cicche di sigarette, gettate da spiritelli strafottenti, dalla terrazza celeste.
(Tuttavia, a dispetto di tutto ciò, il docile lettore sta per esser condotto presso il portone dell’Ospedale Civico di C*****. Entriamovi, quindi, senz’altri pittoreschi indugi, se vogliamo conoscere il fattaccio: è già ora).
Finché lo possiamo
di pergole il succo
allegri beviamo:
godiamo lo scrocco
dacché insudiciamo
con fiero cipiglio
il mondo balordo.
Liquore vermiglio
succhiamo a baluardo
(senz’altro consiglio)
di nostra incoscienza
ch’è bella e ch’è santa
nel darci demenza
bastante ed alquanta
ad ogni occorrenza.
Noi siamo la feccia
dell’orbe terraqueo,
noi siam la corteccia,
l’osceno corteo
che lieto impiastriccia
il cosmo correo:
così avrebber cantato, presumibilmente, due induriti beoni che bivaccavano in una saletta antistante una delle corsie infami?" in cui v’erano sconciamente ammassati (novello girone infernale) lungo e mediodegenti assortiti in tutte le taglie e per ogni pervertito gusto?" se fossero stati avvezzi a stornellar cavatine, cabalette o consimili ariette, erano invece due qualunque farabutti, ma abbigliati da infermieri.
E veramente, in spregio a qualsiasi decenza o ragionevolezza, tali erano.
La vita è così.
Cionondimeno, trincarono della grossa per tutta la notte, certi che guaderebbero?" more solito?" il turno loro, indenni traversando sopra gemiti e lamentazioni dei sofferenti, ma al mattino una specie di pernacchia li importunò, malamente scrollandoli dall’ipnosi etilica: era la soneria che li reclamava in servizio.
Poco dopo, maledicendo Dio e quanti malavveduti imploranti supplicassero soccorso, assistenza, medicazione, cura o scocciature affini al lor passaggio?" a certuni non lesinando spintoni villani, triviali versacci a talaltri, sputi e farda catarrosa ad altri ancora?" si diressero verso la sala operatoria, seco trascinando un malato, addormentato, su una barella pericolante. Questa usarono come ariete per forzare i battenti martoriati, quindi ne scaricarono l’infermo sul letto chirurgico. L’anestesista col medesimo garbo applicò la maschera ed aprì il rubinetto dell’etere, che col suo fischio di serpente lusingatore regalò al paziente il sorriso che premia in sogno i miracolati, gli alienati estatici, gli inebriati (in generale) e gl’inebetiti d’oppio (in particolare).
Poi?" purtroppo?" entrò il famoso dottor *, chirurgo.
***
(Vieni lettore, vieni, trattieni lo stomaco, ché ora ti si offre (agra) distrazione, poiché…)
Non distante, in un mondo parallelo a pochi metri in linea d’aria, in una stanzetta sorvegliata dall’esterno da un tristissimo, malriuscito Redentore in legno sbreccato?" ma speranzosamente rischiarato da lumicini sempre rinfocolati da mani (privatamente) peccatrici?" e da uno sbavazzante cagnone mastigoforo?" che ad un esame più approfondito rivelava l’identità di Suor Crocifissa (consumata maîtresse di giovinette perdute a tariffa variabile) ?" la giovanissima *, viso cupo e fanciullesco, di quelle incaricate di soffrire ogni volta che si può, dava alla luce un cosino fracidiccio che, sotto sguardi avviliti e increduli, tempo dodici ore, prese ad incartapecorirsi al punto che, raggiunta sembianza di un mostriciattolo fossilizzato, si risolse?" per il suo stesso bene?" di crepare in fretta, senza troppi scrupoli. Senza troppi complimenti.
Schiattò, in fin dei conti, al modo d’una castagnola inesplosa, che sbuffi un esiguo fumacchietto dalle polveri mollicce.
(Penoso?" et incredibile dictu?", ma l’orecchio aguzzo, proprio nell’attimo in cui il piccolo scherzo di natura si ricongiunse con il suo angelo custode dal risolino malizioso, avrebbe sentito: “Fffssssssshh…”).
A fianco del suo lettino, due baciapile ipocrite, per maggior gloria di Nostra Signora Martire dello Scoramento e del Flagello Intrinseco, sgranavano rosarî, rugumando come conigli che mangiano l’erbetta.
Per una madre quasi bambina è un brutto inizio. Pessimo inizio.
Ma per una devastante malattia di nervi, oh, bisogna ammettere, è un inizio eccellente.
Anzi, sebbene con le donne non si può star mai sicuri di nulla, fu un inizio che ebbe in sé qualcosa di miracoloso. Tant’è vero che in seguito, bellamente trascurando illustri precedenti, “Giovanna la pazza” fu il nome con cui il paese intero riconobbe e salutò la poveretta, cui vennero attribuite facoltà medianiche imprecisabili, ma suscettibili d’approssimazione nelle discipline della lettura delle carte e proiezione del malocchio previa caparra confirmatoria di poche?" invero?" migliaia di lire.
***
?" Bisturi! ?" comandò il famoso dottor * (chirurgo di questo paio di stivali 1), palpeggiando il ventre sferico del poveretto, disattivato sotto le sue granfie?" Bisturi! Forza! Movimento! Ché già ’ni sta scurànnu! 2
Un’infermiera grassoccia e zoppa, allora, depose malvolentieri il fotoromanzo con cui stava provvisoriamente dissetando la sua inestinguibile brama di baci?" linguacciuti?" stampati e trottignò, armata del prescritto stromento, che le era appena servito per la cura delle unghie, verso l’infelice spento sul tavolo, ma non prima?" sia detto a suo merito?" d’averne sommariamente nettato la punta sul proprio quarto posteriore.
Presto l’epa abbondante fu scoperchiata del poco di tessuto che la fasciava, e il famoso dottor * (che Dio se ne rammenti nel momento dei rendiconti…3), essendosi fatto largo di tra il folto pelame con manovre ampie d’avambraccio, sicuro incise e spalancò il marsupio umano.
?" Eccheschìfo! ?" poi sclamò ?" Ma guardate, guardate questo come se ne va in giro! Ma io dico! Non pretendo certo che si rispettino le proporzioni anatomiche al millesimo, ma costui esagera! Quando fanno così, io… io… manco li opererei, guarda un po’! mi fanno perdere tempo, mi fanno perdere! Eh! Non è che non ho niente da fare, io!
?" Raggiòne ha, professòre! ?" gli fecero in coro i balordi intorno?" la ggènte sono pazzi!
Quindi un solista:
?" Lei perché è troppo bravo, professòre… io, per me, lo lascerei a panza all’aria, così si impara l’educazione, ’stu strun…
?" No, no, Ingallinera, ?" l’interruppe il famoso dottor * ?" la scienza (di cui io sono umile ministro), ci comanda di soccorrere, qua, questo paziente! Che egli faccia schifo (anatomicamente ed esteticamente), per noi non deve fare la minima differenza! Noi siamo missionari! Siamo stati chiamati! Dico bene? Ingallinera! Forse che io non sono stato chiamato?
?" Professòre, io qua ero… niente ho sentito, veramente…
?" Che cosa?
?" Che l’hanno chiamato, Professòre… ?" si scusò il diseredato.
?" Quando mi hanno chiamato? Possibile che devo sapere le cose sempre all’ultimo momento!?! Ingallinera! Io ti esautoro!
?" No Professòre, l’ha detto lei che l’hanno chiamato…
?" Ossignòre benedetto! La chiamata, la chiamata, Ingallinè, la chiamata è … la missione, no? La mia, missione. Tu devi fare conto che io, anche se sto qua con voi, io sono, nel mio esercizio, un missionario! Io sono un sacerdote!
?" Il professòre parla vangelo! ?" ruttò la zoppa, che aveva approfittato del pistolotto per vedere se, nella pagina seguente del suo fumetto le lingue lubriche avessero già operato, decretando il trionfo definitivo dell’amore sull’avversità varie (« ’Mmalirìtti, fìgghi ’i sugamìnchia e ’bbastardùni tutti pàri! »). 4
?" Grazie Favaloro?" la ricompensò il luminare, afferrando un tratto d’intestino a portata di mano e sollevandolo?" ma non dobbiamo esagerare! Vero che sono, certe volte, anche meglio d un prete, ?" (ad ogni strattone alle sue personali frattaglie, intanto, tormentato nell’equilibrio coprostatico, benché silenziato dall’anestesia, lo sventurato gemeva pietosamente) ?" ma ogni tanto pure io perdo la pazienza! Guardate a questo! Guardate! E che si fa così? C’ha più vermi lui di un negozio di esca viva! Eh! Quand’è così mi schifo pure a vederli!
E in effetti mostrava, senza mitigarne l’apparenza, la più viva ripugnanza alla vista del suo orologio d’oro, tutto imbrattato dall’entragne violate e lasciate, per la verità, un po’ in disordine.
***
Il famoso dottor * (possa egli soffrire i tormenti più atroci chiamando a soccorso con i nomi più amorevoli gl’indifferenti parenti suoi negli attimi esiziali) non era certo l’unico primario affaccendato, quella mattina.
Un altro prestigioso terapeuta, governato sicuramente dallo zelo più rimarchevole verso l’esplorazione scientifica, in una stanzetta ambulatoriale del reparto psichiatrico al piano superiore, indagava i segreti smegmatici5 della signorina Vincenzina *, affetta da?" oggi si direbbe, con terminologia aggiornata?" psicosi maniaco-depressiva?" allora si diceva, più empiricamente: “scattiàta”.
La poverina?" della bellezza malaticcia e gracile degli indifesi perseguitati?", non riuscendo a comprender bene qual tipo di incursiva terapia le stesse praticando quella bestia sudata, fissava sgomenta il soffitto con occhi di vetro impassibili, dietro i quali pensava fortemente?" quasi a dolersi le meningi affaticate?" ai campi odorosi intorno a casa sua, dove ancor qualche giorno prima sgambettava, felice insino all’isteria. Pensava alla mamma che le accarezzava malinconicamente la testolina graziosa.
Pensava a Morettina (la sua mucca preferita, quella con lo sguardo più sbigottito che si possa ritrovare in un bovino).
Pensava ad un giovanotto gentile che, una volta, le aveva offerto un fiore: « com’era carino!», e si figurava nella mente che quel ragazzo la amasse tanto, e la ricoprisse di baci appassionati.
Sì, si trovava proprio con lui. Nessun altro. E facevano?" cosa meravigliosa?" all’amore!
Concepiva con la fantasia, dunque, che nel momento presente stava in dolcissima compagnia con quel bel ragazzo, che le diceva parole di miele.
Ma, fuor della sua comprensione, nella sordida realtà di quella stanza, non era il ragazzo a depredarla, il maturo e prestigioso terapeuta bensì.
Nel suo intimo, quel giorno, Vincenzina, faceva all’amore.
All’esterno, Vincenzina faceva all’amore, nello stesso modo con cui, certe volte, quando la testa gli girava forte, si mordeva le unghie.
***
?" Ingallinera! ?" disse il famoso dottor *, fattosi d’un tratto pensieroso?" Che cosa dobbiamo togliere a questo signore?
?" Professòre, non me lo ricordo… ?" piagnucolò lo sgherro, che temeva gli accessi d’irascibilità del maestro?" …forse che magari lo sa Porrovecchio! Ieri c’era lui di servizio… ?" sperò.
?" Oh, camurrìa buttàna! 6 Forza! Chiamatemi a Porrovecchio! Alè! Alè! Movimento! Forza gioventù, trottare!
(Tal altro scherano, Porrovecchio Giuseppe, tuttavia?" irrintracciabile?" anche volendo, non lo sapeva, e poi non lo voleva, intensamente preferendo, in quel momento, perdere altri soldi con i suoi compari di scommesse sui combattimenti clandestini di cani).
?" Professòre, non si trova! Forse che è a casa di sua zia Natalina ’a lavannèra 7: là non ce n’è telefono…
?" Ma sempre devo fare tutto da solo! Favaloro, forza! Fammi il numero di casa, vediamo se mia moglie si ricorda qualche cosa! Forza! Làssili fùttiri ’di minchiàti di giurnalètta! 8
La sciancata sorteggiò, con la mano buona, i numeri adatti sul disco selettore:
?" Signora, bongiònno, scusasse tanto, ma oggi ’u prufessùri è ’ncazzatu: vò sapìri chi ’c’iama scippàri a ’stu strunzu ka c’è kà…9
?" A me, a me, movimento! ?" le strappò la cornetta, quel sapiente?" Giovannina, amore della casa, che per caso ti ricordi cosa dovevo asportare al paziente qua oggi?
?" E che mi conti a me? Che sai, che m’immischio io negli affari che non mi riguardano? Ne ho tante cose da fare, io… aspetta, aspetta che cambio mano se no lo smalto si rovina e poi me lo devo mettere un’altra volta. Senti che fai, invece: quando torni, non ti scordare di passare da tuo cognato: mi ha promesso un caciocavallo. Non te lo scordare, hai capito? Pàssici, ché poi quello ne vuole una scusa e non me lo manda mai! Mi raccomando. Ora mi ddevi scusare gioia: ti devo lasciare, ché c’ho assai che fare.
Infatti, appena chiusa la stringata conversazione, riaprì subito le cosce, allargandole a favore del dottor *, che soffiava come un mantice, infastidito non poco per l’interruzione, giacché parecchio gli seccava rinunziare a parte del tempo a sua disposizione, essendo già denudato, nella stanza accanto, anche il dottor *, pronto a coglier quel che restava della virtù ?" giornaliera?" della signora.
***
(Ora vieni, lettore, ché abbiamo da svolgere un pietoso ufficio. Questione d’un minuto: a qualche metro di distanza, solo un par di porte, si va a far visita ad un brav’uomo. Gli sarà di conforto…).
Pipitone Paolino, panettiere rifinito, e pasticciere eccellente altrettanto?" del resto non si vede come possano impedirlo preferenze sessuali… personalissime… ?", un cristaccione d’uomo di chilogrammi centotrentasette (senza la tara), giaceva su una branda, torturato dai dolori che gl’eran procurati dal bacino fratturato.
Attentamente curava di non farsi scoprire, dai parenti che visitavano gli altri malati nella sua stanza?" si sa: in paese, andare a far visita a Paolino voleva dire, quasi sicuramente, che… ma insomma, nessuno ci andava… ?", ma quando poteva, di nascosto piangeva. Piangeva di cuore. Per le fitte, certamente, ma anche, e soprattutto, per un altro motivo.
(Ebbene, isoliamolo, questo motivo: è l’ultima occasione utile. Poi non si potrà più).
Paolino col bacino
fratturato, si vorrebbe
magro, fine, mingherlino,
piccolino piccolino
e il fardello lascerebbe
solo agli incubi cattivi.
Come un piccolo ragnetto
che la brezza poi prelevi
e per l’aria lo sollevi;
quasi un esile rametto:
trascinandolo nei cieli.
Liberato nell’azzurro
tra le piume e gli asfodeli
ed i fiori senza steli:
solo il peso d’un susurro.
Senza più un solo osso,
ma neanche un ossicino!
Te l’immagini che spasso,
che delizia, che gran lusso,
volteggiar come uccellino?
Paolino Pipitone
non ha più alcun bisogno:
con i venti, a meridione
s’allontana in ascensione
e non dice « Mi vergogno… »
nella vita replicata
con un corpo senza peso
su per l’aria depurata,
l’atmosfera trasvolata
dell’empireo più esteso.
Pipitone Paolino
se ne viaggia via lontano:
è scappato da un buchino
ormai gioca a nascondino.
Non è più un ergastolano
nella gabbia dei reietti.
Giace morto nel suo letto,
non subisce più dispetti
degli stupidi e dei gretti:
ora, è solo un angioletto.
***
?" Ha saputo qualche cosa, Professòre?
?" Zero Carbonella! 10 Figurati se mia moglie sa mai niente, quando le chiedo una cosa! Quella è buona a fare una cosa sola!
Temettero tutti, realmente conoscendo (a differenza del marito) gli svaghi della signora, che l’operazione stesse per andare a farsi benedire: nessuno osò pertanto proferir verbo, né tantomeno chiedergli a cosa alludesse. Ma ormai il famoso dottor * era già in viaggio, destinazione filippica:
?" Mi fa diventare pazzo solo se ci penso!
(Apprensione generale)
?" Lo sapete che fa (pare che me lo fa apposta!)?
Il mutismo e l’omertà regnavano sovrani.
?" Nessuno se lo immagina?
La saggia storpia cercò di riparare:
?" E ’bònu, bònu, prufessùri… nènti ci fa… Lo sa com’è sò mugghièri: ci brucia. Ci vùgghi ’u pignatièddu quannu sènte ciàuru ’i citròla! 11
?" Ma che dici, Favaloro! Certe volte non lo capisco neanche io il tuo vernacolo fiorito! Mia moglie lo spreme dal centro!
(Tutti, a cappella): Ma no, professòre; la gente conta minchiate; parlano per invidia (quant’è brutta l’invidia!); ma quale…; io manco li sentirei, quelli che dicono cose storte; ma figuriamoci; a lei sua moglie ci vuole bene; si stàsse tranquillo; ma tu guarda, quello che si escono dalla bocca; se ogni cane che passa uno ci tira ’na pètra…; sìnni futtìssi prufessùri; etc., etc.
?" Invece è vero! ?" cassò ?" Lo spreme dal centro! Ogni volta devo raccogliere io tutto il dentifricio dalla fine del tubetto! Mentre lo sa, la disonesta, che mi fa imbestialire! Ma non sono cose da delinquenti?
(Tutti, risollevati?" già scappellati da prima, tranne la zoppa): Ah, vabbè; niente, niente; Professòre… ô Professòre…; non si deve preoccupare, per queste cose; non è che lo fa per cattiveria; non si deve fare il sangue acido; etc., etc.
?" Insomma! ?" li sovrastò il famoso dottor * ?" è una brutta cosa. E basta. Ora lavoriamo, signori. Movimento! Allora, che dobbiamo togliere a questo? A me già mi sta passando la voglia! basta, và! Svegliamolo!
?" Ma come Professòre…
?" Niente, niente, mi sono seccato. Svegliamolo. Magari lui lo sa che cosa gli dobbiamo levare.
Il capro squarciato fu richiamato in vita. Ci volle il bello e il buono, dato che s’era affezionato alle soffici lusinghe del coma narcotico, ma alla fine si risvegliò.
?" Bene, giovanotto?" gli disse, un poco scocciato, il famoso dottor * ?" che vogliamo fare?
?" E che vogliamo fare?" rispose Patonsio, ancora frastornato?" che ’ssàcciu io che dobbiamo fare? Ma lei cu è? Chi è ka vòle ’ri mìa? 12 Matre santa! Tutt’a pànza mi squartò! E che ci pàru, piscispàda? 13
?" Giovanotto, giovanotto! Le sembra che siamo qua per giocare? Eh? Favaloro, che fa, giochiamo qua?
?" Kà non si gioca e non si scherza! ?" rincalzò la malformata, agitando in faccia a Patonsio un dito basculante in segno di sprezzante diniego?" Che t’hai mìsu ’na tèsta, maravìgghia? 14
?" Comunque, lasciamo stare gli scherzi ora. ?" riprese il famoso dottor * ?" Che cosa le dobbiamo togliere noi? Me lo vuole dire, per gentilezza?
Patonsio era basito, sconcertato:
?" Ma lei che è, pazzo? Ma che sùgnu, kà, ’ne Mau-Mau? 15 Uno non si può addormìscere cinque minuti che subito ci volete scippare qualche cosa? Ma cose, cose dei pazzi! Io qua sono venuto a trovare a mio zio Rosario che c’ha la prostata. Forse che mi sono addormisciùto cinque minuti, e mi trovo tuttu squartatu com’a’n kràstu! 16?" strepitò imbufalito, ma non per questo consapevole d’aver dormito, invece, una notte intera, dato che la sera prima, vinto dal sonno, s’era adagiato su una barella?" Ora mi cucite subito, qua, ’i vurèdda sfàtti17, se no vi scàsso tutti a legnate! Ma che siete, tutti pazzi qua dentro?
Patonsio, però, si sbagliava. Il mondo è pieno di pazzi.
Parola d’onore.
1Diciamo così… (N. d. A.)
2Poiché la tenebra della sera ormai sta per avvolgerci! (N. d. C.)
3Non è certo una bella cosa (e neanche buona educazione, del resto), ma il famoso dottor *, con buona pace dei suoi pochi sopravvissuti, a tutt’oggi campa e sciala. Maledetto! Che Dio ce ne scansi e liberi! (N. d. A.).
4La tenera e sentimentale paramedica qui rivolge, con animo appassionato, risentite note di vivo biasimo all’indirizzo degli empi avversatori del sentimento romantico che avvince i suoi temporanei beniamini (N. d. C.).
5Smegma: sostanza bianchiccia caseosa, formata dalla secrezione di alcune ghiandole sebacee e da epiteli desquamati, che si deposita fisiologicamente tra il prepuzio e il glande nei maschi e nel solco interlabiale della vulva nelle femmine (N. d. C.).
6Disdetta! (N. d. C.).
7Artigiana esperta nella detersione della biancheria (N. d. C.).
8Orsù, lieta deponi quelle letture illustrate scarsamente edificanti! (N. d. C.).
9Il primario amerebbe conoscere qualche fondante dettaglio sull’intervento da effettuare sul paziente al quale qui destiniamo ogni scrupolosa sollecitudine… (N. d. C.).
10Niente di niente! (N. d. C.).
11Via, egregio maestro, la sua signora è un esemplare eterotermo: il “sangue” le ribolle, al solo odor di cucurbitacea verace! (N. d. C.).
12Cosa mi richiede ella? (N. d. C.).
13Santa Vergine Celeste! Il mio addome è dilaniato! Forse le ho l’aria del vertebrato acquatico? (N. d. C.).
14Cosa mai ti frulla pel capino, bizzarra creatura? (N. d. C.).
15Forse mi trovo presso una temibile tribù di selvaggi antropofagi? (N. d. C.).
16Eviscerato come un caprone adulto (N. d. C.).
17Le interiora scompigliate (N. d. C.).
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