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Free at Last
Scale. Gradini da salire con studiata lentezza, con impeccabile diligenza. Solo questo vogliono da te. Salire scale. Senza chiedertene il perché, senza alzare la testa. Solamente continuare in questa azione continua, in questo insano circolo a te imposto. Imposizione priva di voce e di esplicitazione, forte del suo silenzio accusatorio. Smagliante nella sua omertà. Morbosamente subdolo, viscido e crudele nello sventrare innocenti atomi-bambini. Dalla nascita teneri infanti vengono plagiati dalla malata idea di avere un qualche inderogabile obbligo morale verso chiunque riversi su di loro delle aspettative. E così. Inizia il Gioco. Inizia la rovina. La totale distruzione di potenziali individui, di ipotetiche vite, stroncate nel caldo sangue dell'indifferenza. Rosei piedi ancora caldi di grembo materno incespicano in alti gradini. Ossessionati dal necessario e contingente dovere di assecondare decisioni prese da altri ritentano e a fatica intraprendono l'azione che catturerà e controllerà tutta la loro vita. Ingenui e fiduciosi muovono i primi passi verso il baratro. È così che è sempre stato per me. Salire oscure scalinate. Modificare la mia persona e proseguire verso un indefinito obiettivo noto solo a presunti burattinai, sedicenti legittimi depositari della mia vita. Tante sono state le labbra convinte di potersi arrogare il diritto di imprigionarmi in cieche aspettative. Bocche enormi e spaventose, perse nella loro arroganza e dall'arroganza smembrate. Appiccicose ragnatele buie gravide di "se" e di "dovresti" incatenano invisibili ali e trascinano inevitabilmente verso il basso annaspanti piedi. Unico appoggio la scala. Unica salvezza la schiavitù. Una mente intorpidita inconsciamente al servizio di altri. Molti gradini, troppi gradini. Ma. È così. È il Gioco. Bisogna seguire le regole, lanciare dadi truccati, muovere pedine rotte. Pena la delusione sul volto delle persone tue care. Pena la più totale emarginazione. Disappunto e disapprovazione. Il pensiero di come potesse una mente a me affine volere il mio male più volte aveva sfiorato la mia flebile mente e più volte era stato soppresso nell'ombra. Pensare è male. Il Gioco non lo permette. Infrazione di precise direttive. Antigone-schiavadeimorti-Antigone fu l'ultimo ad usare la sua arroganza ed il suo vittimismo come una spada per incatenare il mio sensibile sentire al suo volere. Assassino nel vedere in me solo quella scala. Chiari ordini nella mia testa confusa. Fendenti parole nella mia mente rassegnata. Ma Antigone-schiavadeimorti-Antigone era destinato a morire. Era destinato a non fare parte della scala che avrei salito. A permettere che sorpresa guardassi docili gambe che obbedivano a defunte imposizioni. Presa di coscienza. Incredula constatazione del somatico collegamento tra quegli arti morbosamente obbedienti ed il mio corpo fremente. Il futuro si riversa nei miei occhi annebbiati. Pupille inorridite si voltano indietro a contemplare l'infinita rampa di scale che diligenti ed inconsapevoli passi hanno scalato. Tempo sprecato a compiacere altrui desideri. Vita sprecata. Solerte, Razionalità constata inflessibile l'inevitabile ripetizione di simili prigioni. Crudele insiste nel predire nuove labbra dal vermiglio sigillo in ceralacca impresso sopra, pronto a creparsi non appena esse pronunceranno un nuovo ordine dando voce ad una nuova arroganza. Scale diverse, certo. Ma da salire. Senza proferir parola. Senza pensare. Solo. Salire. Un grido lacera la tranquillità del non-dire. Una personalità squartata chiede tregua, implora requie ed oscurità a lenire ferite sanguinanti. La clessidra partorisce cumuli di sabbia. I secondi scorrono rapidi, le ore si sostituiscono con potente velocità, i giorni si annullano in rapidi vortici. Ma. Stop. Il tempo sembra fermarsi. Il corso della sabbia improvvisamente è bloccato. Nuovi occhi nei miei. Nuove labbra a proiettare convenzionali suoni nei miei timpani condiscendenti, rassegnati all'idea di udire nuove imposizioni, nuove aspettative. I piedi sono già in attesa di dover intraprendere un'altra scalata. Non serve ribellarsi. È inutile. La libertà è un lusso che si possono permettere in pochi. Per chi è diffidente per natura, per chi avere delle amicizie è raro quanto prezioso, l'unica soluzione è piegarsi al Gioco. Eppure. Le orecchie incredule non odono nulla che rientri in ciò che già sentivano rimbombare negli anfratti del cervello. Occhi stupiti osservano questa creatura così diversa dal comune. Razionalità immediatamente sentenzia una più tardiva imposizione. Ma c'è qualcosa. C'è qualcosa che frusta con acri parole tale dichiarazione. Qualcosa che scioglie forti nodi incastrati nella mia anima. Che sussurra di fidarmi. Così insolito tutto questo. La somatica esistenza trova in sé un accordo. Si aspetterà. È così difficile fidarsi. È così strano. Così ingenuo e stupido a volte. La clessidra riprende il suo flusso continuo, la sabbia scorre. Razionalità interdetta osserva frasi dolci uscire in note musicali da quelle labbra. Contempla immobile discorsi privi di arroganza. Nessuna scala a dipanarsi sotto i miei occhi sorridenti. Labbra gentili. Occhi amorevoli. Mente affine. Un'anima che non pretende né vorrebbe alcuna scala. I miei polpastrelli tremanti accarezzano tempie sincere. Le mie pupille impazzite scrutano la profondità di pupille gemelle in occhi diversi. Quasi sperando di trovarvi tracce di ipocrisia, del Gioco. Quasi desiderandolo disperatamente. Gridano. Rivelati per quello che sei ti prego non illudermi per poi uccidermi con una speranza impiccata. Ma. Trovano solo soffice amore negli oscuri anfratti. Solo dolcezza. E un travaglio che ricorda la mia vita. Trovano una porta spalancata su una candida anima. Affamate di quella purezza soffocano Razionalità, affogata nella sua diffidenza. Amore orgoglioso prende le redini della mia persona. Bacia quelle labbra. Rassicura inquiete presenze. Stringe a sé quel corpo così prezioso. Una lacrima riga provati zigomi. Che la pace abbia infine ormeggiato presso il mio porto? Che il mio pugnale insanguinato debba infine essere riposto? Ti prego splendida creatura dimmi che domani mattina sarai ancora al mio fianco. Dimmi che mi donerai un po' del tuo amore perché la mia anima è corrotta ed il mio sangue sporco. Lungo le tue vene percepisco scorrere fiumi di parole di cui il mio cuore ha bisogno. Sei infine arrivato. Che il mio viaggio sia concluso? Anelo il sonno dei neonati. Una sola scala si assembla sotto il mio sguardo allarmato. Una scala di acquamarina rivestita di eleganti echi di poesie d'amore. Una scala di cui io sono l'ideatore e noi due insieme gli artefici. Conduce a te. A Noi. Ad un plausibile futuro soffice da assaporare. Il bisogno che ho di te è impresso con sinuose fiamme bluastre sull'ultimo gradino. La mano si tende. In cerca della sua gemella dal sangue diverso. Sfiora la pelle. Indugia. Le labbra sussurrano. Confortante oblio dei sensi. Vorrai salire la scala con me? Eternità si burla di umane supposizioni. Ma Amore sovrano dona all'effimera stirpe potenti colori con cui dipingere la realtà. Infine la mia anima si libra leggera nell'infinito azzurro. Infine le molteplici scale che crudeli tendevano agguati ad un cuore disarmato si sgretolano impotenti. Infine Libertà mi avvolge trionfante e bacia stanche palpebre.
Infine..
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