Ogni giorno percorrere il corridoio dell'incubo. Una corsia dove i parenti escono sorridenti dalle camere dei malati e mutano il sorriso in pianto.
Ci facciamo forza prima di entrare, ci stringiamo le mani, ci abbracciamo, il reparto oncologia è un mondo a parte, rare le storie a lieto fine.
Diciannove giorni in ospedale, una candela che si consuma con una lentezza esasperante, la luce sempre più tremula, gli ultimi respiri smorzati, la mente ormai vacua, un corpo che contro ogni logica strappa bocconi d'aria alla vita.
Questo è mio padre oggi; tutto intorno la vita continua, persone che lavorano, portano pasti e medicine, puliscono e assistono i malati che, in una bolla di isolamento, consumano il loro dramma. Circondati di affetti e attenzioni eppure soli al di là del vetro, una barriera che separa i vivi dai premorti, non c'è scampo.
Diciannove giorni in questo limbo, sono qui papà, mai come adesso a esprimerti affetto, piccoli gesti inutili. Sono qui papà, sono qui.
È finita.
Un'ora dopo aver scritto queste parole il suo respiro è cambiato, si stava spegnendo, ho chiamato casa, sono rimasta in piedi, di fianco al letto, gli ho appoggiato una mano sul petto e ho atteso. Le sue ultime parole, prima di perdere conoscenza furono: " Non mi lasciate solo!", mi risuonavano in testa, essergli accanto è stato come mantenere una promessa, quando l'ultimo respiro si è spento mi si è sciolto il pugno allo stomaco che portavo da diciannove giorni, i medici hanno svolto le ultime formalità e poi mi sono rannicchiata sulla poltrona che per tutto questo tempo è stata il mio letto e la mia postazione di battaglia, eravamo soli, soli come si può esserlo in una camera d'ospedale, una tenda a nascondere l'intimità della morte dal paziente accanto, voci in corridorio, la vita che scorre, come sempre. E allora ho pianto.
Assistere mio padre è stata un'esperienza strana, il momento della vita in cui siamo stati più vicini, tristezza e gioia si sono irrimediabilmente mischiate. Dopo alcuni giorni, stavo guidando, mi sono fermata per scrivere questa poesia...
A mio padre
Una felicità struggente e malinconica
voglia di respirare la vita
Ricordarti per come non sei stato
Per come vorrei averti conosciuto
vissuto
amato.