racconti » Racconti brevi » L'infedele
L'infedele
Il risveglio non era stato dei migliori. Quello doveva essere il giorno più bello della sua vita, e invece...
Invece era lì, seduto sul letto disfatto; i vestiti accantonati davanti alla porta; dal bagno, il rumore dell'acqua che scorreva; nell'aria ancora il profumo della donna che ora canticchiava allegramente sotto la doccia.
Come era potuto accadere? Lui non era il genere di persona che faceva quelle cose. Lui amava la sua ragazza. Era perdutamente e deditamente innamorato della sua fidanzata. O meglio, della donna che sarebbe diventata sua moglie di lì a poche ore.
Non avrebbe dovuto bere. Non avrebbe dovuto farlo. Ma era la sua festa di addio al celibato e i suoi amici avevano insistito tanto. Volevano che si divertisse, almeno quella sera. Lui che si era mai lasciato andare; che aveva sempre corso sul binario giusto, conducendo una vita esemplare: un brav'uomo con pochi vizi; laureato con il massimo dei voti; un buon posto di lavoro, nel quale passava gran parte delle sue giornate; e un'unica ragazza al suo fianco. Sempre lei, sempre Ornella. Stavano insieme da anni e lui le era ostinatamente fedele, fino all'inverosimile, al limite della devozione. Non si sognava neanche di pensare a un'altra donna e faceva di tutto per non darle modo di dubitare di lui. Forse, questa sua smania di compiacerla e di farla sentire al sicuro, protetta, derivava dal fatto che a detta di tutti era lui il bello della coppia. Gradevole nell'aspetto, intelligente e simpatico, un buon amico e una brava persona, aveva sempre riscosso un discreto successo con le ragazze, sin dall'adolescenza.
Poi era arrivata lei; lei con le sue manie, le sue insicurezze. Non particolarmente bella, né brillante o amichevole. Eppure lo aveva conquistato, lui se ne era innamorato sin dai primi appuntamenti. Odiava l'idea di non farla sentire all'altezza. Del resto, per lui era l'esatto opposto. Non sopportava i commenti dei suoi amici, né il fatto che sua madre gli ripetesse in continuazione che poteva ambire ad avere di meglio. Il meglio, per lui, era Ornella. Negli anni non erano mancate le occasioni di tradirla o di lasciarla, ma non l'aveva mai fatto. Era rimasto con lei, fino a che non avevano deciso di sposarsi. I preparativi andavano avanti da mesi: la scelta della data; poi il locale, la chiesa, il numero di invitati, il menu, gli abiti, i fiori, la musica. Non aveva idea che l'organizzazione di un matrimonio portasse via tanto tempo; c'erano troppe cose a cui pensare, troppi dettagli da decidere e definire. Si sentiva esausto, sfibrato. Fino a quando, la sera prima, gli amici lo avevano portato a festeggiare la sua ultima notte da scapolo. "Così ti rilassi un po'" gli avevano detto. "Una cosa tranquilla" gli avevano garantito. E invece si era ritrovato in un locale, con musica assordante, luci psichedeliche, ballerine che roteavano sui pali con impensata elasticità e una quantità industriale di alcool e di bicchieri colorati con ombrellini al seguito.
Dopo le iniziali reticenze si era concesso un drink, poi un altro e un altro ancora. Non ricordava con precisione quanti ne fossero seguiti, però sapeva di aver bevuto parecchio. Ciò nonostante era fiero di sé, era riuscito a mantenere il controllo. Aveva resistito a tutte le donnine in abiti succinti che sgambettavano a pochi passi da lui.
Arrivato in albergo, tuttavia, sbronzo e con le gambe che faticavano a tenerlo in piedi, la situazione degenerò. Mentre cercava di aprire la porta della sua camera si ritrovò carponi, con la faccia schiacciata contro la moquette rossa. Stordito dall'alcool più che dalla botta, sentì due braccia che cercavano di sollevarlo; si abbandonò a esse e lasciò che una giovane sconosciuta (presumibilmente alloggiava nella camera accanto alla sua e aveva udito il trambusto), lo accompagnasse in camera, reggendolo con un braccio attorno alla vita. Ciò che era accaduto dopo, poteva presumerlo dallo scenario che gli si presentò davanti al suo risveglio.
Gli mancò il respirò. Si avvicinò con fatica allo specchio e inorridì alla sua stessa vista.
Come aveva potuto fare una cosa simile a Ornella? E cosa avrebbe fatto adesso? Doveva dirglielo e annullare il matrimonio? Ne sarebbe morta. E tutti gli invitati? E la sua famiglia? I suoi genitori, cosa avrebbero detto i suoi genitori? Una cosa del genere se la sarebbero aspettata da Alberto, quello scavezzacollo di suo fratello, il quale ignorava spudoratamente il significato di fedeltà e monogamia, e intratteneva un numero considerevole di relazioni senza curarsi minimamente delle crisi depressive di sua moglie.
Alberto era l'uomo degli scandali, non lui. Se adesso avesse annullato la cerimonia, tuttavia, le parti si sarebbero invertite e lui sarebbe stato al centro dei pettegolezzi di tutti. Sarebbe diventato lo zimbello del paese.
Non poteva lasciare che questo accadesse. E soprattutto non poteva permettersi di rovinare la vita a Ornella. Avrebbe tenuto il fardello per sé. Avrebbe passato il resto della sua vita punendosi e incolpandosi, facendo l'impossibile per rendere felice sua moglie. Decise che lei non doveva saperne nulla. Non avrebbe potuto reggere un simile dolore. Lei, così insicura, così debole, così fragile.
Intanto, in un altro albergo un'inconsapevole Ornella, si accingeva a indossare il suo bell'abito bianco. "Allora, ti prepari?" sorrise all'uomo con cui da anni intratteneva una relazione. "Corro, cognatina" rispose Alberto, alzandosi dal letto e infilandosi i pantaloni.
Un'ora dopo le note della marcia nuziale risuonavano nella chiesa; la sposa raggiante percorreva la navata. All'altare l'uomo che amava la guardava avanzare lentamente. Accanto a lui, lo sposo cercava disperatamente di soffocare il suo senso di colpa.
12
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati

Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0