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Achille, amore e morte
Nella mitologia greca è centrale la figura di Achille, del quale tutti ricordano la famosa ira contro Agamennone e la vendetta su Ettore, che gli aveva ucciso l'amico Patroclo, ma anche il nobile comportamento tenuto con il vecchio Priamo quando gli aveva restituito il corpo del figlio. Secondo la versione più nota, l'eroe sarebbe morto per una freccia di Paride che lo avrebbe colpito al tallone, unica parte vulnerabile del suo corpo. Altri autori ci parlano del suo amore per Polissena, la più giovane figlia di Priamo, che sarebbe stata sacrificata sulla sua tomba alla fine del conflitto. La tradizione tardolatina e medievale, l'unica nota a Dante, fonde i due argomenti e spingerà il divino poeta a mettere Achille accanto a Paolo e Francesca nel girone dei lussuriosi ("e vidi il grande Achille che con Amore al fine combatteo").
Questo testo, con la bibliografia allegata, può liberamente e proficuamente essere impiegato per fini didattici in tutte le classi che si occupano di epica classica e medievale.
Era una notte di buio pesto, appena rischiarata dalle stelle e dalle luci sugli spalti di Troia. Achille disse ai soldati di guardia alla sua tenda che, profittando della tregua, andava ad esplorare la zona avanti al tempio di Apollo Timbreo, appena fuori della città, venerato comunemente da Greci e Troiani e rimasto indenne da tutte le operazioni di guerra. La risposta fu un imbarazzato silenzio, ma Achille aveva fretta e non ci badò più di tanto.
Mentre correva verso il tempio, pensava alla bellissima Polissena, la figlia di Priamo, che aveva vista per la prima volta quando era venuta con il padre a riscattare il corpo di Ettore. "Avrei dovuto accettare allora la proposta di Priamo, di prendermela come schiava ", disse a mezza bocca come aveva fatto tanto spesso in quei giorni. Ma aveva preferito il gesto generoso di non chiedere altro, per il riscatto, che le vesti preziose offertegli dal vecchio re, rinviando ad altra occasione la questione del suo matrimonio con la bella principessa, la più giovane delle tante figlie di Priamo. Intanto era passato un anno e, superato il momento più difficile, Priamo aveva nei segreti contatti con lui chiesto che egli convincesse i Greci ad andarsene o che almeno li abbandonasse tornandosene in patria. "Certo", pensò con una punta di astio, "Menelao ci tiene tutti impegnati con questa guerra interminabile perché non vuole rinuciare! ad Elena; e a me si dovrebbe impedire di far mia la donna che amo?". Per fortuna, quando già i suoi compagni cominciavano ad insospettirsi per quegli andirivieni di messaggeri, spazientito anche lui contro Priamo che pareva aver dimenticato la sua promessa, egli era riuscito a catturare e far crudelmente sgozzare due altri suoi figli, Licaone e il bellissimo Troilo. Priamo aveva certo capito, e si era affrettato a convocarlo al tempio di Apollo per consegnargli Polissena.
***
Aiace, Diomede e Ulisse erano già da qualche minuto all'esterno del tempio: i soldati di Achille li avevano avvertiti subito di quelle strane parole e di quella precipitosa uscita notturna. Il sospetto di tradimento prendeva drammaticamente corpo e il comportamento di Achille lo avvalorava: essi erano accorsi per tentare di fermarlo, e per avvertirlo che anche i suoi soldati ormai meditavano di rivoltarsi contro di lui. Ma dov'era Achille?
D'improvviso, due ombre velocissime sgusciarono dall'uscita laterale e presero a correre verso la città. I tre eroi rimasero per un attimo immobili, ma fu un attimo soltanto.
"Entriamo nel tempio! " esclamò Ulisse, sguainando la spada. "Se Achille ci ha tradito, né per lui né per i Troiani ci sarà tregua che tenga!"
Dentro, il buio era ancora più fitto e il silenzio pareva assoluto. Ulisse chiamò ad alta voce Achille, e ne ebbe per risposta un gemito. L'eroe era riverso al suolo vicino all'altare, e perdeva sangue dai due fianchi. Fidandosi della tregua, era caduto nell'agguato senza portare armi con sé: Aiace, che era suo cugino, non seppe trattenere le lacrime. "Era dunque vero, esclamò, che nessun mortale potesse superarti in valore... A perderti è stata la tua temeraria imprudenza!". Mentre lo sollevavano e tentavano di riportarlo all'accampamento, Achille ebbe ancora fiato per raccontare cosa era successo.
"Priamo mi aveva convocato al tempio per consegnarmi Polissena... ma nel tempio c'erano solo Deifobo e Paride. Deifobo mi ha abbracciato stretto, e non mi lasciava più; e Paride d'improvviso, sbucando dall'ombra, mi ha ferito... poi hanno spento tutte le lampade e sono fuggiti...". Così dicendo spirò.
Aiace se lo caricò sulle spalle e scortato dagli altri due si diresse rapidamente verso il campo greco. Nessuno dei tre aveva voglia di parlare, e pensavano all'empietà dei due Troiani che avevano violato senza scrupoli la tregua e la sacralità del tempio di Apollo, il loro principale protettore. Ma bisognava far presto: si sentivano clamori di tripudio provenienti da Troia, e ben presto quei barbari sarebbero accorsi al tempio per impadronirsi del corpo di Achille, e infierire senza timore ormai sul loro più valoroso nemico.
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