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Co-raggio di luna II
Un corvo spiccò il volo. L'aveva impaurito un sasso, un sasso caduto non troppo distante provocando un lieve fruscio delle foglie ingiallite di un tiglio. Un buco nell'acqua. Luigi prese da terra un'altra pietra e la lanciò in direzione di quei silenziosi guardiani della storia, arbusti che avevano visto il passaggio di molteplici eserciti, gente dalle varie provenienze che approfittava della disgregazione delle persone che abitavano da diverso tempo quei territori. Era un buco nell'acqua con quei soggetti, impegnati a inseguire qualche fine da cui sperare di trarre un vantaggio, un piccolo miglioramento, anziché inseguire il fine. Che sarebbe stato un nuovo inizio. Salì sul suo cavallo e si addentrò nella selva. Subito si accorse di un profumo diverso, un profumo nuovo, un profumo che non aveva mai percepito dalle sue parti. Come se avesse bevuto un sorso di guaranito, come se fosse tornato nuovamente in Brasile, come se fosse stato in preda a una sensazione di piacere. I ricordi lo ubriacarono offrendo un terreno fertile per i suoi pensieri. Solo quando passava delle serate con Gabriele e Giovanni consumando del vino percepiva simili stati d'animo ed aveva solo una certezza in quel momento, tutto ciò che gli stava venendo alla mente non poteva che essere la verità. Lì era legge, pensò. In quella piccola comunità il silenzio, la pace, quel profumo erano diventati legge sulla base di un tacito accordo, di una volontà comune. Strattonò il suo cavallo ed invertì la corsa. Stava percorrendo un sentiero illuminato dalla luna. Era grande, luminosa e proprio davanti a lui. Sapeva che non l'avrebbe raggiunta ma aveva intuito che era quella la direzione giusta da seguire.
Sono più le persone che appoggerebbero l'operazione che quelli che la ostacolerebbero. Alla maggior parte della gente non gliene frega un cazzo, basta lasciargli il loro orto da coltivare per renderli felici, ma anche molti commercianti se ne sbattono. Gli unici ad aver paura sono i nobili dei singoli regni perché perderebbero il loro trono. E poi c'è il clero. Hanno anche chiamato delle truppe francesi, si stanno cagando addosso!
È vero, gli stiamo facendo una gran paura - la risposta di Giovanni si era trasformata in una sonora risata che durò qualche secondo. Poi riprese assumendo un tono serio - Basterebbe solo convincere un po' di gente. Se ce la facciamo con i nichilisti ed i pessimisti forse arriviamo ad un numero cospicuo.
Gli entusiasti ci sono già. Basta radunarli. A Milano si sentiva che la gente aveva bisogno di qualcosa di diverso, di autonomo, di indipendente. Aspettavano tutti qualcosa di nuovo, di riprendersi il controllo del proprio territorio, la libertà di scegliere. E quello di Milano non è che il primo passo. Per difendere ciò che abbiamo conquistato bisogna continuare a lottare, non accontentarsi. Altrimenti tutte le conquiste, i destini delle nostre vite tornerebbero in mano agli austriaci. E siamo in tanti ad essere convinti che per mantenere questo status bisogna che questo spirito si allarghi alle città limitrofe, all'Italia intera. Il nostro paese è sempre stato diviso dalla caduta dell'Impero romano ma il sogno della riunificazione persiste nel cuore di molte persone. Basta radunale e creare le condizioni perché il nostro entusiasmo coinvolga tutti. Ma l'iniziativa deve partire proprio da noi.
Le parole di Gabriele si spensero nel silenzio, in un silenzio pieno di gioia, incredulità, stupore.
Se è come dici allora il nostro compito è quello di lanciare l'esempio. Il mezzo più potente per modificare il comportamento in modo duraturo è la parola. Che poi modificherà il pensiero di chi sarà in grado di ascoltare. Vedete, l'altro giorno stavo tornando a Genova e mi sono fermato nel bosco. Osservando gli alberi...
Luigi raccontò le intuizioni che gli vennero alla mente il giorno precedente elencando le sensazioni che aveva percepito, mentre i due amici rimasero ad ascoltarlo senza interrompere. Fece poi una proposta.
Perché non andiamo a raccontare questo esempio nelle città vicine? Sicuramente qualcuno ci presterà ascolto. Poi proveremo ad organizzare una marcia per portare un esempio concreto della nostra idea di libertà.
Passarono 2 anni da quella proposta, due anni in cui Luigi, Giovanni e Gabriele girarono varie città incontrando persone dai diversi passati, dai più svariati desideri, ma che avevano una pretesa: un cambiamento. Un cambiamento che creasse qualcosa di diverso, di autonomo, di indipendente, un cambiamento che portasse alla costruzione di qualcosa di nuovo a cui tutti i cittadini avrebbero dato la forma migliore.
Siamo partiti da un'idea folle, da un sogno che oggi si è finalmente avverato. Se siamo riusciti a portare a termine il primo passo della nostra opera è solo perché siamo stati spinti da un desiderio che dovevamo assolutamente appagare. E come noi, tante altre persone ora capiscono l'esigenza di questa necessità. Non possiamo che essere felici di tutto questo ma come ho detto prima non si tratta che del primo passo, dell'inizio. Ora dobbiamo portare a termine quella proposta che ci eravamo fatti due anni or sono, dobbiamo portare quella novità in modo che sia percettibile, visibile agli occhi dei più, dobbiamo fare in modo che il papa e tutti gli altri funzionari dello Stato Pontificio non dormano più la notte, e per fare tutto ciò penso sia arrivato il momento di organizzare una marcia che attraversi tutta l'Italia, un movimento che sia l'espressione del malcontento e dei sogni delle persone, una marcia per restituire alla nostra penisola quell'unità che ci è stata negata per troppi anni. Ora gli italiani potrebbero essere finalmente pronti per creare quella comunità in cui sia possibile che ognuno di noi decida collegialmente la forma di rappresentanza che è più conforme alle proprie idee e per offrire questa possibilità dobbiamo realizzare il secondo passo di ciò che ci eravamo proposti.
Neanch'io pensavo che saremmo arrivati a questo risultato, neanch'io ci speravo fino in fondo. Ma questa piccola idea di libertà era il motore della mia volontà e potrei ora dirmi soddisfatto se non fosse che questo non è che il primo passo, come hai detto tu Luigi.
Le parole di Gabriele non nascondevano la stanchezza del milanese ma trapelavano in maniera evidente l'entusiasmo che lo aveva guidato fino ad allora. Fece una breve pausa prima di continuare, come per assicurarsi che la volontà dei suoi amici fosse ancora viva. In realtà ne era certo e proprio per questo motivo continuò il suo discorso con maggiore sicurezza.
Dobbiamo ancora farci forza e organizzare il tassello finale della nostra operazione. Penso che siamo riusciti a convincere buona parte degli indifferenti, dei pessimisti e dei nichilisti e questa, di per sé, è un'opera grandiosa. Ci restano i nobili e i proprietari terrieri, ma penso che con delle trattative che assicurino loro di mantenere una parte dei loro privilegi riusciremo a portarli dalla nostra. A questo punto rimarrebbe fuori solo lo Stato Pontificio, e lì andremo con le buone o con le cattive.
Giusto - lo interruppe Giovanni - se non scenderanno a patti con noi dovranno considerarci loro nemici. E non saremo solo noi tre ad essergli avversi, ma l'Italia intera.
Esattamente - continuò Gabriele - ma penso che anche loro abbiano un minimo di cervello e capiranno la necessità di un accordo per assicurarsi la sopravvivenza. A questo punto ci resta solo di organizzare una marcia, un movimento che raccolga gli entusiasmi delle persone, e io penso che dovremmo partire dal punto più lontano a noi, dalla Sicilia. Abbiamo sognato talmente tanto che sarebbe un incubo troppo grande risvegliarsi un giorno in una realtà che non coincide con quella che abbiamo immaginato.
Allora forse è meglio partire da qui per arrivare fino all'isola?
No, Giovanni, partiremo su delle navi e ci sbarcheremo. Però dobbiamo radunare persone che sostengano la nostra operazione, che diano vita ai nostri sogni.
Gabriele e Giovanni convennero con il progetto di Luigi. Fecero un brindisi all'Italia e iniziarono ad organizzare la partenza. Si spostavano di città in città parlando con la gente, raccogliendo opinioni, sorrisi, emozioni e in due mesi riuscirono a radunare un numero consistente di persone. Erano 1162.
Il fruscio dei tigli emise questa volta un suono diverso, più sonoro. Lanciando una pietra Luigi fece un altro buco nell'acqua, ma questa volta centrò il corso di un fiume, una nuova sorgente. Non vide la luce di alcuna luna intorno. Forse era diventato lui stesso l'astro che aveva il compito di illuminare le menti delle persone. Dipendeva tutto da lui, Gabriele e Giovanni, da chiunque si sarebbe imbarcato quella notte sui due vascelli che li avrebbero portati sulle coste siciliane. Era pronto a salpare, pronto a compiere il secondo passo del suo progetto, pronto a vivere una speranza che in breve tempo si era trasformata in un sogno, il sogno di mille persone. Così, i primi di maggio, le due navi con oltre mille persone salparono dal porto di Genova.
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