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La forza del sentimento... fa sopravvivere
Trascorsi quella notte a guardare il mondo dal finestrino, cercavo d'immaginare come avrei vissuto quei pochi giorni. Sapevo sarebbero stati intensi, ma non riuscivo a figurarmeli nella mente, avevo voglia di viverli! Un rumore assordante, mi irritò per l'intera nottata, erano i due Juventini -madre e figlio- che russavano come trattori ingolfati. La smisero soltanto quando le lancette del mio orologio, toccarono le cinque del mattino.
Ero seduta di fianco al ragazzo, dormì beato per quasi l'intero viaggio!
Quei sedili lerci e puzzolenti del treno, sembravano essergli di gradimento.
Di tanto in tanto, allungava la mano sinistra sulla mia gamba, sapevo si trattasse di un gesto innocente. Lo lasciai fare, non volevo disturbarlo.
La madre, seduta di fronte a lui e con un piede incastrato nella mia anca, si svegliava solo per dar voce ad una gamba indolenzita o un ginocchio scricchiolante! Capii subito, che tra i due, la meno abituata ai viaggi era lei.
Aurelia, invece, sembrava essere legata a me mediante un filo invisibile.
Ad ogni mio movimento, corrispondeva un suo sussulto. Chiudeva gli occhi giusto per illudersi di stare riposando!
La sua mente, però, era sempre vigile. Doveva occuparsi di me, qualora avessi avuto bisogno d'aiuto.
Il treno si anticipò di cinque minuti, anche lui aveva compreso la mia irrequietezza!
Alle sette e cinquantacinque della Domenica mattina, arrivammo in stazione. Finalmente ero a Torino, non potevo crederci!
Aurelia lesse nel mio volto agitazione.
"Stai calma"- mi disse- mentre ci avviavamo all'uscita e salutavamo i nostri compagni di viaggio.
Scese dal treno, ebbi paura che si fossero dimenticati di venirci a prendere!
"In fondo, Matteo, è appena stato dimesso! Chissà quante cose avranno da fare!"-pensai-
Intanto, con lo sguardo, cercavo di farmi spazio tra la folla della stazione.
Dovevo incrociare il volto di Giacinto, il padre di Matteo, sarebbe toccata a lui la prima accoglienza!
Aurelia mi rassicurò. Il treno era in anticipo, questione di minuti e qualcuno sarebbe arrivato. Mi prese per il braccio, e pian piano, ci avviammo verso il bar.
Ad un certo punto, mi parve che un volto familiare, mi stesse sorridendo da lontano. Era il signor Giacinto!
ECCOLO!-esclamai- tirando un sospiro di sollievo.
Ci salutammo, e gli presentai Aurelia.
Superati i convenevoli e "rotto il ghiaccio", volle offrirci la colazione.
Io presi un caffè macchiato ed un cornetto vuoto, che dividetti con Aurelia. Non aveva molto appetito!
Quella sosta al bar, fu rigenerante!
Ora, ero pronta!
Ci incamminammo verso l'esterno della stazione, salimmo in macchina.
Durante il tragitto, fu mia premura aggiornarmi sulle condizioni di salute di Matty.
Tra un'informazione e l'altra, il padre, con estrema abilità e cortesia volle farci "da Cicerone".
Torino, bellissima città!
La nostra destinazione, però, era Avigliana.
Campagna, lontano dal caos della metropoli e molto più salutare per Matteo. Dopo circa venti minuti di viaggio- in auto- arrivammo. Stavolta per fermarci!
Almeno per qualche giorno.
La prima cosa che catturò la mia attenzione, fu la bellezza di quella casa.
Accogliente sin da subito, persino dall'esterno!
Sarà stata la giornata di sole, o la felicità di essere lì, non lo so. La sensazione che ebbi, fu quella di sentirmi viva!
Ero nel posto giusto, al momento giusto. Non mi capitava da tempo!
Sull'uscio della porta di casa, trovammo ad accoglierci, la famiglia!
La signora Maria- la mamma-.
Fabio- il fratello- e la sua fidanzata, Serena.
Entrammo in casa!
Matteo, era nella sua camera, ormai lontano pochi passi.
Varcai la porta di quella stanza quasi a fatica, improvvisamente avvertii una strana sensazione.
Ebbi paura! Il timore più grande era quello di non riuscire ad essere all'altezza, di non
farcela a custodire quella sofferenza.
Fu l'azzurro di quelle pareti a darmi forza, mi ricordai del paradiso!
Mentre mi avvicinavo al letto, sentivo il rumore del respiratore intensificarsi sempre più. Quel "puff", era una pugnalata allo stomaco, l'ho odiato sin dal principio.
Giunta a lui, l'agitazione che poco prima mi stava tormentando, svanì di colpo.
Di fronte a me, due occhi profondi come il mare e colmi di commozione.
Nel suo sorriso riconobbi la mia gioia. Fui felice.
Il primo gesto che feci, fu quello di carezzargli il volto, quasi a volermi rendere conto di quello che stava accadendo, della verità che stavo vivendo.
Mi sedetti accanto a lui, lo guardavo senza riuscire a proferire parola. Al mio fianco Aurelia, mi teneva la mano, fu lei a presentarsi. Io non potevo, non ero abbastanza lucida.
Con la sua voce flebile, come quella di un bambino, mi chiese: " Come è andato il viaggio?"
"Sei felice di essere qui?"
Non feci in tempo a rispondere. Fummo interrotti dal campanello, era la dottoressa, veniva per il solito controllo quotidiano.
Io approfittai per allontanarmi, dovevo riprendermi! Troppa emozione.
Uscii dalla stanza anche per il rispetto di quella famiglia, così unita e serena, nonostante il dolore.
Tornata, trovai la dottoressa ancora lì, constatava l'evidente difficoltà di Matteo!
Dalla sua bocca avrei voluto sentire parole che gridassero il positivo, invece, c'era solo da sperare che la situazione non precipitasse nuovamente.
Quella donna, però, s'accorse che c'era qualcosa di diverso. Di nuovo!
Con il sorriso stampato sulla faccia, gli disse:
"Ti vedo contento oggi, come mai?"
Io lo guardai da lontano, gli sorrisi.
La signora Maria, volle soddisfare la mera curiosità della dottoressa, e disse:
"È felice! Proprio stamattina sono arrivate le amiche da Caserta"
Mi guardò, sorrise!
A quel punto, la dottoressa -che ancora non si era presentata-lo fece. Ribattè:
"Bene! A Matteo, serve anche questo."
Salutò tutti, e augurandoci buona permanenza, andò via.
Accompagnata la dottoressa alla porta, tutti si spostarono in cucina, compresa Aurelia!
Finalmente eravamo da soli!
Senza dire una parola, mi chinai sulla sua fronte, gli diedi un bacio e dissi:
"Sono felice! Ti voglio bene."
Era la verità! Mentre lo dicevo, piangevo e ringraziavo il Cielo. Era ancora con me!
Non mi hanno mai spaventato quelle ossa scheletriche, le ho sempre amate, tanto quanto quell'anima pura che nascondevano.
Ho sempre pensato, che è il modo in cui si vive, a fare la differenza.
Se Matteo, non avesse conosciuto la sofferenza così da vicino, non avrebbe mai saputo leggere nel cuore degli'altri con così tanta naturalezza.
Certo, se non esistesse la distrofia muscolare saremmo tutti più felici, ma non è così!
È stato lui stesso a mostrarmi cosa vuol dire amare la vita, anche quando è lei stessa a negarsi a te!...
... Intanto era giunta l'ora di pranzo! Matteo doveva alzarsi dal letto, e sistemarsi in carrozzina.
Uscii anche stavolta! Chiamai Aurelia e mi spostai in salotto.
Fu in quel frangente che potetti scambiare qualche parola con Fabio e Serena, ci eravamo solo salutati!
Arrivato Matteo, ci fu lo scambio dei regali! Non si trattò del Natale in anticipo, solo puro piacere di donarsi reciprocamente qualcosa di fisico, qualcosa che potesse restare! Anche quando sarei tornata a casa.
Ci accomodammo a tavola, il mio piatto era stato sistemato di fianco al suo frullato di verdure, godetti anche di quel momento.
Avrei voluto imboccarlo, viste la sue grosse difficoltà nel deglutire, evitai. Avevo paura di farlo soffocare.
A tavola, parlammo del più e del meno, argomenti leggeri. Il Signor Giacinto, originario della Puglia, manifestava la sua nostalgia di quei luoghi. Lo raccontava proprio a me, che pur vivendoci, non amo particolarmente il Sud Italia.
A pranzo terminato, io e Aurelia, ci rendemmo conto di essere sul punto di crollare. Approfittammo del fatto che Matteo volesse guardare la partita, (anche lui Juventino) per andarci a riposare un'oretta.
Sintonizzai la sveglia, per paura di degenerare in un sonno tanto profondo, da non avere la forza di svegliarmi. Purtroppo, la staccai prima del tempo, ero troppo euforica per riuscire a chiudere occhio.
Scesa giù, mi diressi subito in camera di Matteo. Ovviamente, era tornato a letto!
Gli chiesi : "Com'è andata la partita?"
Lui, con fierezza nello sguardo, mi rispose:
"Abbiamo vinto! Sei contenta?"
Io, pur non essendo tifosa di nessuna squadra ma anti-juventina per partito preso, risposi:
"Forza Napoli!"
Per un attimo mi venne da pensare a quei due, i tifosi che avevo incontrato proprio quella notte!
Mi venne da sorridere, immaginai come sarebbe stato il loro viaggio di ritorno a Latina!
Probabilmente, stavolta, avrebbero russato di meno!
Matteo, vedendomi sorridere senza nessun motivo apparente, mi chiese :
"A cosa pensi?"
Gli raccontai tutto, ero consapevole che non l'avrei annoiato, neppure parlandogli di una sciocchezza simile.
L'unica cosa che gli interessa davvero, è vivere attraverso i miei racconti.
Ama il fatto che io trascini, nel mio piccolo, un pezzo di vita in quella stanza...
... Durante il racconto, mi divertivo a giocare con il pizzetto, lo adoro.
Si lasciò attorcigliare quel po' di barba per ore, non gli dava fastidio nulla di quello che facevo!
Ad un certo punto, con un po' di timidezza, mi disse:
"Ti va di tenermi la mano?"
Io, commossa, gli risposi:
"Certo, tesoro mio"
Infilai la mia mano sotto le coperte, cercai la sua!
Quando la trovai, mi resi conto di quanto tempo fosse trascorso dall'ultima volta, me lo raccontava quella mano. Era ancora più consumata, dal tempo, dalla malattia!
Gliela tenni stretta per ore, mentre lo coccolavo come si fa con i bambini.
In fondo, insieme, siamo proprio questo:Due bambini che si tengono per mano!
Due bambini che non hanno nessuna voglia di crescere, perché sanno che gli adulti non li capirebbero...
...
In quelle ore, ci costruimmo la nostra intimità. Fatta di gesti, sguardi, e poche parole!
Ogni tanto, il signor Giacinto, ci "richiamava all'ordine!".
Matteo doveva prendere le medicine, e cercare di bere.
Dopo aver trascorso l'intero pomeriggio così, si fece coraggio e mi disse:
"Mi dai un bacio?"
Io, ad un respiro di distanza da lui, risposi:
"Lo sai, che non amo fare questo genere di cose, soprattutto su richiesta! Credo nella spontaneità!"
Lui sorrise, e un po' dispiaciuto, accettò la mia scelta!
Poco più tardi, mi resi conto, che la mia era stata solo paura di soffrire! Di farlo soffrire.
Non ebbi il coraggio di soffocare il mio istinto, lo accontentai! Mi accontentai!
Subito dopo guardai quegl'occhi, brillavano di luce propria! Io mi ci persi, affondai ma non chiesi aiuto!
Capii realmente cosa volesse dire lui, quando con semplicità mi ripeteva:
"Se sono ancora vivo, lo devo a te!"
Intesi meglio di cosa parlasse la dottoressa, quando mi disse che Matteo aveva bisogno anche di me!
È il sentimento che dà la forza!
Quando vuoi bene a qualcuno, e il tuo amore è ricambiato, hai tutte le armi necessarie per combattere al meglio la battaglia!
Ero lì da poche ore, e mi accorsi che grazie a quel sentimento ero tornata a vivere.
Non persi tempo a cercare di definirlo, non avrebbe avuto senso.
Lo concepisco ai miei occhi, come qualcosa di etereo, di profondo.
Non c'è desiderio, né frivolezza a legarci, ma solo cuore.
Quella sera andammo a letto entrambi con l'agrodolce nei sogni!
Da una parte le nostre confessioni, dall'altra lui, che non era riuscito a cenere.
Erano le ventidue, quando me ne salii in camera, mentre ci preparavamo per la notte, io e Aurelia ci raccontammo le nostre impressioni!
Bilancio positivo, per entrambe!
L'ha abbracciai, ringraziandola per la possibilità che mi aveva dato!
Lei, non volle sentirsi responsabile! Aveva compreso, che la forza di quel sorriso, era vita. Sia per me che per lei, e l'indomani, ci sarebbe stato ancora amore di cui nutrirsi.
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