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Lo spaventapasseri triste
C'era una volta un bellissimo paese chiamato Pacilia, su cui regnavano saggiamente un re e la regina, sua adorata sposa.
Si trattava di un meraviglioso reame, con immense terre ricche e fertili, per buona parte coltivate con passione da un contadino insieme ai suoi numerosi figli, parenti e amici che, in cambio di tali amorevoli cure, donava buoni frutti, assicurando sostentamento e benessere a tutti gli abitanti del regno, ciascuno a sua volta dedito al proprio lavoro.
In questo regno esisteva però un campo, molto esteso e ben curato, fitto di vegetazione e rifornito di ogni ben di Dio che non veniva coltivato a beneficio della comunità, la quale era già abbondantemente approvvigionata, ma fungeva semplicemente, per volontà dei sovrani stessi, da dimora per una grande varietà di animali, che in essa vi trovava cibo e rifugio.
Tra di essi spiccavano in gran quantità ogni tipo di uccellini, amati più di tutti dai sovrani perchè con il loro melodioso e piacevole cinguettio allietavano le giornate del re nel corso delle lunghe passeggiate, nonchè degli altri abitanti intenti ad assolvere alle proprie mansioni nei territori limitrofi.
Un triste giorno il re si ammalò e poiché necessitava di un lungo periodo di riposo e di cure fuori dal suo regno, e non volendo la regina per nessun motivo lasciarlo partire senza di lei, fu costretto a chiamare suo fratello minore affinchè lo sostituisse nel governo del suo regno.
Al contrario del re, la cui bontà era rinomata anche fuori i confini del suo regno, il fratello era un uomo dall'animo piuttosto cattivo e fin da subito fece sentire il peso del suo tirannico potere, impartendo ordini a destra e a manca, stabilendo nuove regole, imponendo e cambiando nel corso del suo regno tante di quelle cose che non sempre, nello sconvolgimento generale, anzi quasi mai, furono gradite dai suoi sudditi.
Per prima cosa chiamò il contadino e gli ordinò di tagliare tutti gli alberi del bosco, soprattutto quelli che da anni fungevano da dimora per gli animali che lì vi abitavano da sempre, compresi gli amati uccellini, i preferiti del sovrano, e di coltivare tutti i campi a grano e altri cereali.
Quando il contadino ebbe terminato il suo lavoro, il vicerè lo richiamò ordinandogli di scacciare tutti gli animali dal reame, con l'avvertimento che se non l'avesse fatto, ne avrebbe pagato a caro prezzo le amare conseguenze.
Il contadino era molto rammaricato, non aveva il coraggio di far del male ai poveri animali che da anni avevano sempre vissuto in pace, senza mai dare il minimo disturbo alla popolazione del luogo.
Così, cercò in tutti i modi di trovare la soluzione più adatta a risolvere il problema nel modo più indolore possibile, ma per quanti rimedi si ingegnasse di trovare, nessuno sembrava sortire gli effetti sperati.
Intanto il tempo passava e dopo la semina, nel campo in cui gli uccellini solevano preferibilmente svolazzare, spuntarono le prime piantine che il caldo sole contribuì a far maturare in bionde e fulgide spighe di grano.
Quel grande mare dorato attirò naturalmente gli uccellini, ghiottissimi dei panciuti e succulenti chicchi di grano.
Purtroppo il vicerè, venuto a conoscenza di quel che succedeva ai suoi campi di grano andò su tutte le furie e minacciò di morte il contadino se non avesse provveduto nel giro di due settimane a scacciare gli uccellini che infestavano i suoi campi, anche a costo di porvi rimedio egli stesso con drastiche conseguenze.
Il contadino era veramente disperato, non sapeva proprio che pesci pigliare, aveva provato di tutto e vedeva ormai profilarsi all'orizzonte un funesto destino, quando alla fine ebbe un'illuminazione.
Corse nel fienile e presi degli abiti dismessi iniziò a riempirli di
paglia per far assumere loro una forma umana ma dall'aspetto terribile,
in modo da spaventare gli uccellini e farli fuggire.
Lo spaventapasseri realizzato dalle amorevoli mani del contadino aveva sì un aspetto terribile ma il cuore tenero come il burro e quando fu piantato in mezzo al campo di grano, cominciò a sentirsi molto triste, solo e desideroso di compagnia.
I giorni passavano e lo spaventapasseri finì per apprezzare e amare la compagnia di quelle dolci creature che nonostante lo tenessero ad una certa distanza perchè impaurite dal suo aspetto, non si allontanavano dal campo.
Un giorno accadde un fatto insolito che cambiò non solo la vita dello spaventapasseri ma di tutti gli uccellini : un passerotto che non aveva ancora imparato molto bene l'arte del volo, ai suoi primi e impacciati tentativi cadde goffamente proprio tra le braccia dello spaventapasseri che lo accolse amorevolmente, tenendolo al caldo tra la sua paglia e accudendolo con tenerezza.
Questo gesto suscitò un grande effetto sugli altri uccellini che cominciarono a fidarsi dello spaventapasseri e ad avvicinarsi a lui sempre di più.
Nacque una mutua e grande amicizia tra loro: gli uccellini rallegravano le giornate dello spaventapasseri e lui in cambio dava loro riparo e conforto.
Accadde che un giorno il malvagio vicerè, quasi allo scadere dell'ultimatum dato al contadino, passeggiando per il regno passasse accanto al campo di grano.
Vide che, purtroppo, gli uccellini non solo non erano fuggiti via, ma stavano addirittura in compagnia dello spaventapasseri.
Infuriato, si diresse verso la stalla da cui prese un'ascia e, rosso in viso, abbattè con precisi e poderosi colpi il povero spaventapasseri, mettendolo a testa in giù e deciso a darlo alle fiamme.
Il vicerè malvagio stava per attuare il suo piano criminoso quando il cielo improvvisamente si oscurò.
Una grossa nube scura e minacciosa si avvicinava sempre più rischiando di abbattersi su di lui, che ben presto capì di cosa si trattasse: era un nugolo di ali svolazzanti, amici dello spaventapasseri, decisi a salvarlo ad ogni costo.
Il vicerè fu buttato a terra e in men che non si dica ciascun uccellino prese nel suo becco ogni filo di paglia che dava corpo e sostanza allo spaventapasseri e lo portò in un luogo sicuro, non lontano dal regno, dove tutti insieme lo ricostruirono e ne fecero la loro definitiva e confortevole dimora.
Fu così che il re, ristabilito, potè riprendere il comando del suo regno e non avendo più bisogno dei servigi del fratello questi se ne tornò nei suoi domini, con buona pace di tutti che mal tolleravano il suo dispotico governo.
Dal canto suo, il contadino ebbe salva la vita, ricevendo un encomio speciale da parte del re oltre che la gratitudine eterna dei suoi amici pennuti che con lo spaventapasseri vissero da quel giorno felici e contenti.
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l'autore Fernando Piazza ha riportato queste note sull'opera
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