racconti » Racconti brevi » Un'insolita disavventura in tempo di crisi
Un'insolita disavventura in tempo di crisi
In periodi di crisi economica, a un giovane in cerca d'impiego capita di accettare i lavori più strani. Per la verità lui non era poi tanto giovane, essendo già entrato nella trentina, mestieri consueti non era convinto di averne mai svolti e quell'attività in fondo non era neppure così strana, in apparenza. Giorgio Cancelli lavorava per un mobilificio, ramo vendite. Normale, no? Se però si chiedevano delucidazioni sulle sue mansioni, la faccenda cominciava a farsi maggiormente singolare. Il lavoro consisteva nel trovare clienti prossimi al matrimonio e costretti ad acquistare interi ambienti, per instradarli in un grande mobilificio all'ingrosso, aperto al pubblico ma col divieto di smerciare mobili singoli. Ovviamente era pagato a provvigione: su ogni ambiente - cucina, salotto o camera da letto - poi effettivamente venduto, introitava una percentuale.
Aveva iniziato chiedendo ad amici e conoscenti di fornirgli nominativi e indirizzi di tutte le coppie a loro note, non importa se in procinto di sposarsi oppure no. Partiva quindi per i suoi giri verso le ore dei pasti e, ammesso di riuscire a farsi aprire la porta, cercava di convincere gli ipotetici sposi a prendere appuntamento per recarsi senza impegno, con o senza di lui, nell'ingrosso, ubicato in un'altra regione. Fondamentale inoltre, che si dicessero interessati oppure no, era ottenere da loro altri nominativi di fidanzati. Si trattava insomma di scocciare più persone possibile a casa loro, nelle ore di riposo, sperando che qualcuno abboccasse. Comunque Giorgio aveva visitato il magazzino di persona e la produzione offerta gli era parsa valida.
Purtroppo dopo le prime quattro settimane di attività e le decine e decine di persone contattate - e il più delle volte per nulla intenzionate a unirsi in matrimonio o a convivere, almeno a sentir loro - di ambienti non ne aveva ancora venduti, mentre il tempo e la benzina impiegati per visitare i potenziali clienti iniziavano a farsi considerevoli, per non parlare dell'imbarazzo provato ogni volta.
"Puoi guadagnare un sacco di soldi ragazzo mio." - Ripeteva sempre il boss locale, un bellimbusto alto e piacente, azzimato e vanitoso, quasi suo coetaneo. - "Io sono partito dal nulla come te e guarda cosa mi posso permettere adesso: sai quanto le ho pagate 'ste scarpe? Quattrocento euri." Concludeva togliendosi un'elegantissima calzatura da passeggio e sbattendola con forza sul tavolo.
"Non posso mica prendere la gente per il collo e costringerla." Rispondeva lui, a disagio.
"Tutto sta a costruirsi un vasto parco nominativi e poi tocca a te dimostrare la tua bravitù."
Diceva proprio così, bravitù, non bravura. Se si trattasse di una forma dialettale o di ignoranza del superiore Giorgio non lo avrebbe potuto precisare con certezza, ma considerando anche gli euro indebitamente pluralizzati propendeva decisamente per la seconda ipotesi.
Insomma, per farla breve un giorno fu inviato in missione ad Altare, sonnacchiosa, fredda e caliginosa località dell'immediato entroterra, priva di attrattive, a parte forse il museo del vetro, collocato in una magnifica villa liberty. Avrebbe visitato tutti i negozi e i bar del paese, facendosi passare per un inviato della Mondadori editore, in procinto di lanciare una nuova rivista di arredamento rivolta principalmente agli sposini e ai fidanzati e perciò alla ricerca di nominativi a cui spedire il primo numero in omaggio. Si vergognava però a morte dello stratagemma e proprio non capiva come si fosse fatto convincere a una tale scempiaggine. Inoltre, come sempre gli accadeva quando inconsciamente contestava una propria decisione, la notte precedente all'escursione fu colto dal ricorrente, realistico incubo in cui un maniaco sequestrava e assassinava prima la sua compagna e poi lui, quando erano entrambi più giovani.
Tuttavia quel mattino si alzò assonnato ma puntuale, fece una rapida doccia e si acconciò da lavoratore serio, evitando cioè di sfoggiare le solite borchie, il piercing al naso, le t-shirt rockettare, le giubbe di pelle nera e i lisci capelli neri e lunghissimi, fin oltre metà schiena, ma per fortuna sottili, e che quindi in tali occasioni poteva avvolgere a crocchia senza farne intuire le reali misure. Il tranquillo, brevilineo ma armonioso Giorgio Cancelli, infatti, suonava il basso - a cinque corde! - in una heavy metal band e mai avrebbe rinunciato all'amato look di scena, oltretutto assai apprezzato dalla fidanzata storica. Un saluto alla madre, una sessantasettenne con disturbi psichici - il padre purtroppo non lo aveva mai conosciuto - e uscì.
Intorno alle nove parcheggiava già ad Altare. L'ultima volta che ci aveva messo piede era stato per assistere, anni prima, a un concerto di Elio e le storie Tese. "Eccoci qui a celebrare una bella messa in musica." Aveva ironizzato il cantante dopo essere salito sul palco, poco fuori dell'abitato. Già allora la località era avvolta dalla bruma e pure in questa limpida ma gelida mattinata, subito prima di entrare in paese, Giorgio si era inaspettatamente trovato di fronte a un muro di nebbia, peraltro in via di rarefazione. Quel dannato borgo non gli era mai piaciuto, lo aveva sempre trovato lugubre.
Dopo aver girovagato per una ventina di minuti per le vie e le piazze, osservato di sottecchi dai passanti, senza sapersi decidere ad affrontare il motivo della visita, era entrato col batticuore dal tabaccaio e aveva sciorinato alla commessa l'intero discorsetto studiato il giorno precedente in ufficio col superiore. Quindi era entrato in un negozio di tessuti, dal panettiere e infine, dopo aver errabondato altri cinque minuti, incerto sulla meta successiva, si era deciso per un bar latteria. E il risultato? Nominativi ottenuti: zero. Risposte diffidenti: tante. "Mah, non so, non conosco futuri sposi." "Una rivista, eh, beh, mi spiace, non conosco nessuno che legge." "Boh, non saprei, io non m'impiccio mai di quello che fanno i miei clienti." "Per i fidanzati? Ma chi vuole che si sposi al giorno d'oggi." "Qual è il vero motivo per cui vuole questi nomi e indirizzi, scusi?"
"Ma glielo ho detto, solo per inviargli gratis il primo numero della rivista." Aveva risposto all'autrice di quest'ultima domanda.
"Me ne faccia vedere una copia, allora." Aveva insistito quella, sempre più diffidente.
"Non è ancora uscita, il primo numero apparirà in edicola a marzo, è una promozione."
Commercianti e clienti lo ascoltavano e lo guardavano con sospetto crescente e in sua presenza sembravano divenire stranamente nervosi, come se avessero qualcosa da nascondere. Si era aspettato delle difficoltà, ma l'impresa si stava rivelando ancora più complicata del previsto.
Uscito dal bar latteria vagò senza meta, incerto sul da farsi. Si vergognava di tornare a mani vuote e neppure gli andava di rientrare già a casa, ma il paese lo metteva sempre più disagio. A suo parere chiaramente qualcosa non andava, lì. Era solo una sua sensazione o davvero tutti quei paesani, riuniti in strada a crocchi senza che si capisse cosa facessero, si voltavano sempre più ostentatamente a fissarlo, come se fosse stato un alieno? D'istinto gli veniva da portarsi le mani alla testa, ma corna non gliene erano spuntate e i capelli parevano ancora a posto. Ma, e allora?
D'accordo, decise, facendo spallucce, già rassegnato, proverò ancora un negozio e se va male di nuovo me ne vado. Stava percorrendo, ancora incerto sull'obiettivo, un lato della piazza principale di Altare, quando un fuoristrada dei carabinieri sbucò da un arteria all'estremo opposto e sterzò bruscamente, puntando dritto su di lui.
"Cosa fa in giro per Altare?" Lo apostrofò il funzionario al volante, sporgendosi dal finestrino con espressione torva.
Giorgio cominciò, sorpreso e preoccupato, a balbettare qualche frase di circostanza.
"Intanto favorisca i documenti, prego." Aggiunse dopo un po' il collega, scendendo dall'auto.
Dovette quindi fornire accurate spiegazioni sul perché si trovava lì a raccontare tutte quelle panzane sulla rivista di arredamento, indicare nome e sede della ditta per cui lavorava e chi fosse il direttore dell'ufficio. A quanto pareva sia la titolare della tabaccheria sia la proprietaria del negozio di tessuti si erano insospettite del suo comportamento e avevano chiamato il 112. Era ancora intento a fornire spiegazioni, convinto di star dimostrando la propria serietà e onestà, quando fu interrotto e minacciato dai due uomini in divisa.
"Va bene, abbiamo capito, ora però vada via e non metta più piede nella nostra città." Disse l'uno.
"E guarda che non scherziamo, ci ricorderemo della tua faccia, se qualcuno ci segnala di nuovo la tua presenza e ti troviamo, ti facciamo passare un brutto quarto d'ora. Non farti più vedere qui." Aggiunse, passando spiacevolmente al tu, l'altro, il cui volto vagamente animalesco metteva paura.
Giorgio obbedì senza indugio.
Quello stesso pomeriggio, in ufficio, raccontò la disavventura in cui era incorso al superiore che, con sua somma irritazione, parve trovarla assai divertente. Terminata l'esposizione dei fatti presentò le proprie dimissioni. Era stufo di quel lavoro, spiegò, non ci era portato. Gli scocciava disturbare le persone nella privacy del focolare domestico. Quanto poi agli avvenimenti del mattino, potevano garantirgli mille volte che l'accaduto era irripetibile, tanto ne aveva comunque abbastanza. Ciò detto si accomiatò.
Alleluia, non ne potevo più e poi un lavoro decente prima o poi lo dovrò ben trovare, no? Meditò con un sospiro di sollievo uscendo dall'ufficio. Non voleva più sentir parlare di vendita di mobili o di sposi per il resto della vita.
A quel punto pensava che tutto fosse finito, invece durante la notte dormì perfino peggio della volta precedente. Ma a svegliarlo di continuo in un bagno di sudore stavolta era un incubo del tutto inedito. Nel sogno continuava ad aggirarsi tra le vie nebbiose di Altare, i cui abitanti lo fissavano minacciosi e, quando lui cercava di giustificare la sua presenza, all'improvviso prendevano a trasformarsi sotto i suoi occhi. In vampiri? Orchi? Zombi? Licantropi? Cosa esattamente divenissero non faceva in tempo a capirlo, perché a quel punto stava già fuggendo terrorizzato, chioma al vento, con alle spalle il rimbombare dei passi pesanti degli inseguitori e quando stava ormai per essere raggiunto si svegliava di soprassalto.
Sogni, solo stupidi sogni, ripeteva ogni volta a sé stesso per rassicurarsi. Non poteva però evitare la sgradevole impressione che la sua psiche avesse captato qualcosa che a livello conscio gli sfuggiva. Era una sciocchezza, certo, tuttavia... E poi essere stato diffidato così, per una tale inezia, per giunta ampiamente spiegata, gli pareva davvero troppo assurdo e spiacevole da digerire. In estate la sua band avrebbe dovuto aprire il concerto dei Lacuna Coil al locale rock festival, un'occasione irripetibile. Non che prendesse sul serio le minacce, eh, capiva che non avevano il diritto di vietargli l'ingresso, ma col cavolo che avrebbe rimesso piede ad Altare, decise. Di quel postaccio non ne voleva più sapere. Per una volta i ragazzi avrebbero dovuto fare a meno del loro storico e valente bassista.
1234
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
1 recensioni:
- CARI LETTORI, segnalo L'USCITA del NUOVO ROMANZO in VOLUME di MASSIMO BIANCO intitolato "CAPELLI - dentro la mente di un serial killer". RUPE MUTEVOLE EDIZIONI, 330 pagine 15 euro più 2-3 di spese spedizione. Collana "LA QUIETE E L'INQUIETUDINE". Può essere ordinato sul web in siti specializzati come BOL. it (Mondadori), IBS o, per chi non ha carta di credito, su reteimprese. it/rupemutevoleedizioni o tramite la catena libraria del LIBRACCIO. Un grazie a chi lo vorrà acquistare.
- Bene, grazie Virgi, sono contento che tu abbia apprezzato!
- Bello, mi è piaciuto! Mi sembra quasi d'immaginare il datore di lavoro, il classico "contadino arricchito", che siccome hai soldi vuole fare la persona fine risultando invece rozzo come è. Realista e inquietante la descrizione del paesino, mentre leggevo mi sentivo lì. Ovviamente è ben scritto, come sempre
- Bene arrivato! Per te che ami gli autobiografici... ebbene sì, questo è autobiografico al 90x100. il personaggio è fittizio (anche se vagamente ispirato a una persona autentica di Savona) ma la storia che gli è capitata è tutta mia, a parte qualche eccesso nel creare l'atmosfera, non di recente, come dice il titolo, però, ma diversi anni fa. Lieto che ti sia piaciuta, anch eperchè da un esperto di autobiografici i complimenti valgono doppio. Ma non mettertici anche tu a imbarazzarmi con i paragoni con Buzzati!
P. S.: 50 su cento che la faccina al posto della parentesi qui apparirà pure a me, capita spesso.
Anonimo il 29/01/2012 20:11
Mannaggia... la faccina è un chiusa la parentesi... vabbè...
Anonimo il 29/01/2012 20:09
A me piace la ricerca... in tutti i campi. Ecco allora che vado a vedere se esiste questo Altare. Sì, provincia di Savona, la porta della Val Bormida. Qui ho un primo sospetto che ci sia qualcosa di autobiografico. Poi invece mi trae in inganno il padre, mai conosciuto( mentre l'autore ha un padre che si occupa di psichiatria o giù di lì ma comunque potrebbe essere un escamotage... capelli lunghi, ci sta... e poi, come capita a me in certe descrizioni, scritto troppo preciso, dettagliato, puntuale per non avere almeno una parte di verità.
Comunque piaciuto molto... e che sia scritto bene, anzi benissimo alla Dino Buzzati che per me è stato davvero grandissimo, non ci pive. tra i preferiti... ciaociao
Anonimo il 29/01/2012 18:45
Ah... ma questo me l'ero perso... ero all'Elba, sulla rotta della Concordia( davvero!)... ora me lo gusto e poi ti dirò. ciaociao
- E veniamo a Raffale Arena: paragonarmi nientemeno che a Dino Buzzati è un grandissmo onore per me. Io adoro Buzzati e inserisco "Il deserto dei Tartari" e i "Sessanta racconti" tra le mie opere preferite in assoluto. Credo che mai nessuno in Italia sia stato capace di scrivere racconti brevi del suo livello (e neppure io, ovviamente) e anche in ambito internazionale ha pochi eguali, ammesso che ne abbia davvero. Ciao e grazie
- Vi ringrazio, Marcello e Fernando per il vostro commento. Gli altaresi spero che non me ne vorranno per come li ho presentati, ma chi vive in un paesino è spesso portato a diffidare istintivamente degli estranei. Giorgio avrebbe dovuto aprtecipare al concerto, dici, Marcello. Beh, in fondo il concerto distava sei mesi dalla sua disavventura, e in questi sei mesi avrebbe di sicuro avuto tempo di meditarci su e cambaire idea - io d'altronde ci sono tornato ad Altare, anche se non saprei dire dopo quanto tempo. Ciao a tutti e due.
- Non è dunque vero quel che si dice sulla realtà che spesso supera la fantasia? Nemmeno stavolta fa eccezione. Bel racconto, Massimo. Altrochè se non è interessante. Pure se avessi raccontato per filo e per segno i fatti come si sono realmente svolti, il risultato non sarebbe cambiato perchè la tua dote narrativa avrebbe sopperito alla "banalità" dell'episodio... Ho trovato parecchi elementi che mi hanno divertito e fatto riflettere... Impagabile il rozzo datore di lavoro con le sue storpiature linguistiche, come incredibili sono 'sti strani abitanti di Altare che sembrano davvero alieni, o usciti dalla fantasia di un fumettista di storie alla Dylan Dog... Semmai dovessi capitare da quelle parti, terrò a mente la tua avventura
- Un racconto incredibile e divertente. Bella la descrizione del protagonista nei panni del bassista. (A cinque corde). Penso, però, che sarebbe dovuto tornare nel paese in occasione del concerto, per mostrarsi nella sua veste più vera! Ciao.
- ... quindi, a furia di ripetere a vuoto la spiegazione (ah quanti difetti ha PR) forse non ho più espresso bene il concetto: incredibile ma vero, quella volta fui davvero diffidato a rimettere piede ad Altare! Ciao.
- Ennesimo tentativo di spiegazione x Mariateresa Morry (speriamo che stavolta appaia):
In realtà questo racconto è quasi interamente autobiografico, anche se l'ho attribuito a un personaggio fittizio (non ho mai suonato il basso in una heavy matal band, giuro) e mi sono divertito a inserire un'atmosfera di mistero, perchè temo sempre che la mia vita non sia abbastanza interessante da essere raccontata, non ho quindi vouto deragliare dai fatti e perciò fors eil finale pare affrettato. In effetti sembra incredibile, ma la frase pronunicata dal 1' carabiniere è vera, la rocordo come se l'avessi sentita ieri, quella del 2' carabiniere l'ho però esagerata a fini narrativi. Saluti
- Grazie Bianca Moretti, Mariateresa Morry e Smeraldoeneve (il cui volto ha sostituito la vecchia immagine a fumetti, vedo con interesse) per i vostri commenti e il vostro apprezzamento
Anonimo il 21/01/2012 16:48
Mi unisco agli altri lettori per ribadire che l'autore attraverso i suoi scritti mi procura forti emozioni. Complimenti quindi all'autore
- Ho trovato il racconto intriso di intelligente humor e ho sorriso spesso. Ottima la lingua italiana, non c'è una sbavatura nemmeno a cercarla a peso d'oro. Molto bene descritti i personaggi anche nella loro azione. Mipermetto però di dire che ho trovato un poco frettolosa la fine, una sproporzione narrativa tra incipit, parte centrale ed epilogo. Nella realtà poi le forze dell'ordine non possono certo ingiungere e diffidare una persona di non entrare più in un paese o città con la disinvoltura che tu dici... ma in immaginazione tutto è permesso!! Comunque ribadisco i miei complimenti: TU SAI SCRIVERE!!
- I postulanti sono avvertiti:se mai quel paesino dovesse esistere davvero farebbero meglio a starne alla larga...
Vampiri? zombies? alieni? La mancanza di certezze, di prospettive e di stabilità per un giovane è terribile di questi tempi e a giudicare dagli incubi che il protagonista del racconto fa c'è poco da stare tranquilli!!! Simpatica e gradevole narrazione, anche un po' inquietante...
- Grazie! Si illudono, proprio così!
- Racconto scorrevole e interessante.
Molti ragazzi fanno lavori che alla fine non arricchiscono la propria professionalità. A volte si illudono di far successo in breve tempo... si illudono.
Le scorciatoie sono in discesa e favoriscono i ruzzoloni. Per il successo ci vuole sacrificio, creatività e competenza.
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0