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Occhi scuri, occhi chiari
Quand'ero piccolo qualcuno, non ricordo chi ma non ha importanza, mi disse che le persone con gli occhi chiari erano più cattive di quelle con gli occhi scuri, e che era meglio non fidarsene troppo. La cosa mi sembrava avere una sua logica, pensando agli occhi dei galli e dei rapaci in particolare, e ci credetti fino all'adolescenza, diffidando perfino di mio padre e di mia sorella.
Tante cose si credono da bambini, e più sono assurde ed innaturali e più ci si crede. Ci si crede a tal punto che poi qualcosa resta anche quando l'evidenza ci ravvede, magari un timore inconscio che si fatica persino a confessare a chicchessia, ma c'è, rimane.
Ma io ero tranquillo perchè li avevo scuri, come mia madre e mio fratello che erano le persone più buone della terra, mentre mia sorella, che li aveva azzurro chiari e per di più ingranditi da spesse lenti da miope, era una vera "peperina" e mio padre, occhi grigio ghiaccio, pur non essendo cattivo era però piuttosto nervoso ed irascibile.
L'equivoco resistette a lungo, sopratutto perchè avevamo un bagno stretto, lungo e così male illuminato che non c'era verso di vedersi il colore degli occhi. Allo specchio i miei erano scuri e ne ero più che contento.
Anche in base a questo assunto, credo, fui un bambino molto buono e poi un ragazzo gentile, obbediente, coscienzioso e altruista. Come da insegnamento dei miei genitori e della società di allora, perbenista e conformante. Fino alla foto del mio primo documento d'identità.
Avevo tredici anni e la fototessera, in bianco e nero ma realizzata in studio con luci adeguate, dimostrava inequivocabilmente che le mie iridi (con pupille a spillo) erano molto più chiare sia dei miei capelli che del maglione che indossavo.
Dallo studio fotografico corsi subito a casa, presi uno specchio, andai in cortile e restai di stucco. Un paio di occhi azzurri mi fissavano stupiti e non particolarmente benevoli, mi parve allora: gli occhi di un altro.
Un altro che ero io ma anche no, perchè mi ci volle del tempo ad abituarmi all'idea. Avevo capelli castano chiari e incarnato bianchissimo, quindi non c'era niente di strano in ciò, ma tredici anni eran tanti, eran tutta una vita e poi, quando tornavo in bagno, i miei occhi ridiventavano, se non proprio neri, almeno un d'verde molto molto scuro, per effetto, allora lo intesi finalmente, della penombra.
Ma tant'è, dell'evidenza prima o poi si prende atto e infine ci si fa anche l'abitudine.
Il fatto è che assieme al colore degli occhi cambiò anche la mia indole. Mi scoprii, un po' alla volta, sempre meno paziente e sempre meno ubbidiente. Certo, volevo ancora essere buono, questo si, ma a patto che anche gli altri lo fossero con me. Altrimenti...
Altrimenti, siccome avevo quei maledetti occhi chiari, mi sentivo autorizzato, se non proprio obbligato, a reagire.
E il guaio era che, essendo per età, complessione fisica e ritardo nello sviluppo, indiscutibilmente il più piccolo della compagnia, le mie reazioni, per essere efficaci, dovevano essere esagerate e imprevedibili. E così furono.
Ricordo una partita di pallone durante la quale, steso da uno che tanto per cambiare era molto più aitante di me, reagii aggressivamente, rimediando peraltro solo un altro spintone che mi atterrò ancora più violentemente di prima. Presi allora da terra un sasso, grosso come una mela, uno di quelli che punteggiavano i nostri campetti di allora e davano alle nostre ginocchia le forme più bitorzolute, e glielo stampai in fronte, lasciandolo a sua volta steso e sanguinante, soccorso dagli altri ragazzi.
Fuggii. A gambe levate, spaventato dalla gravità del mio stesso gesto e dall'entità del danno arrecato. Fuggii fin che mi bastò il fiato e in seguito rimasi "alla macchia" per quasi una settimana, evitando accuratamente tutti i posti in cui avrei potuto incontrare quell'altro.
Ma non poteva durare e non durò. Alla fine ci reincontrammo e lui aveva ancora un vistoso cerotto appena sopra l'occhio che lo rendeva ancora più truce, ma mi accorsi quasi subito, istintivamente, che era lui ad aver paura di me e non più il contrario.
Ma certo! Come mai non ci avevo pensato prima? Lui aveva gli occhi scuri, io li avevo chiari!
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1 recensioni:
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- Racconto ben impostato, dalla tematica insolita, scritto in maniera agile. Da sistemare all'inizio un poco la punteggiatura. Mi sebra ci siano periodi un po' lunghi ( all'inizio). Attraverso questo tema del colore degli occhi, tu riesci a tratteggiare alcuni momenti della tua infanzia e del carattere anche d chi ti viveva vicino; si avverte in maniera nemmeno tanto velata che hai nostalgia di quei tempi. L'infanzia e la prima adoloscenza sono una cosa preziosa non solo per i futuri ricordi ma anche perchè " ci impasta". Ti dò otto come voto OK? ( scusa ma sono esigentina!!
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