Se dev'esser l'Apocalisse, ebbene, sia.
Se quanto costruito, vissuto, realizzato, vede il proprio percorso assumere una traiettoria circolare, se quella traiettoria vede combaciare il punto d'inizio e il punto finale, che avvenga.
Se ogni compimento è scritto che debba adempiere ad un'ultima estrema prova, nella quale quanto appreso, inglobato, debba essere espresso, catartico, in una nemesi... sia.
Sia quanto previsto, sia tutto, ma sia nuovo. Abbia la Fine un'essenza inedita, entro la quale si realizzi una giustizia dalla veste purificatrice, non una condanna intrisa di cieca distruzione.
Se dev'essere Apocalisse, sia.
Siano i venti, sia la pioggia, siano i moti della terra.
Se dev'esser la fine, che lo sia, lo sia davvero e in maniera totale...
Ma a crollare siano i palazzi dell'iniquità, fino ad esser ridotti a cumuli di macerie che compiangono il loro vuoto, senzienti. A scoppiare siano le cattedrali dell'indifferenza, testimoni passive della vita e del suo scorrimento, erose dalla loro stessa natura, immobile.
Dinanzi ad esse vengano distrutti i monumenti alla paura, eretti nei secoli bui e sopravvissuti nelle ere a venire. Strumenti di controllo dal carattere apparentemente eterno.
Ad esser divelta sia la maschera della mediocrità, che possa essa venire spazzata via da una corrente così forte e impetuosa da non lasciare nulla al il suo passaggio.
Siano le fiamme ardenti della verità, per una volta, ad avere la meglio sul lento scorrere delle acque delle false credenze, sulle quali interi popoli hanno lasciato cullare i propri intenti credendoli al sicuro, senza accorgersi di seppellirli in una bara trasparente.
Possano liquefarsi i metalli del pianeta, che compongono le sbarre delle prigioni della mente.
Si perda ogni riferimento nell'oblio di ricordi perduti, accada pure, purchè quell'oblio sia abbastanza grande da accogliere ogni più piccola sfumatura dei retaggi, per sempre.
Cada pure la maledetta scure della punizione che pende su ogni capo, affinchè siano smembrati i corpi dei peccati, della corruzione, delle ambiguità.
Che le lacrime scendano, allo scadere del tempo.
Possa il dolore avvolgere ogni razzismo, definitivamente.
Possano bruciare le mani forti delle violenze e quelle deboli delle compiacenze.
Un odore acre di morte avvolga tutto questo, denso e persistente, sino ad arrivare alle radici di ciò che un tempo si riteneva essere la conoscenza.
Sia poi il silenzio, un silenzio solenne e totale, a coprire ogni cosa... così assoluto da sembrare impossibile.
Possa esso avere vita davvero, per poter ascoltare, in quei pochi baluardi templari rimasti, le voci nuove e inascoltate che mai hanno avuto modo o ragione di esser diramate.
Esploda dunque ogni pensiero ribelle, ricacciato per anni negli abissi dell'abitudine, si raccordi ogni felice intento di sogni bramati e non realizzati.
Gioisca e irrompa, in ogni sorda particella d'aria, la coscienza pura dei bei momenti non vissuti.
Possan davvero esser messi insieme, un mattone dopo l'altro, le mura del realizzabile. Che poggino pure sui cadaveri dell'impossibile, protesi in un ultimo disperato istinto di sopravvivenza, avvinghiati stretti alle mani dell'irrealizzabile, morente.
Che l'urlo inumano della libertà risuoni in ogni deserto, a coprire i residui lamenti della costrizione, per sempre.
Venga messo tutto in fila, di fronte all'ultimo spettacolo.
Sia tutto quanto e quanto altro ancora...
... ma sia ora.