D: Fai bene a non rispondermi a prenderti tutto il tempo che ti serve per pensare, per riflettere, per vivere e decidere come, se e quando godere. Non ti metterò mai nessuna fretta, mai nessun tormento per la tua anima. Voglio che se apri gli occhi tu possa vedere solo me, inevitabilmente me, inesorabilmente me. Voglio che tu possa decidere se questo sogno diventi realtà e quando, o no il quando lo deciderò io, solo io, inevitabilmente io! Voglio che tu mi prenda le mani e ti abbandoni a questa nenia che sono le mie parole e decida quindi di cullartici dentro, completamente, di entrarci dentro, a piene mani e a pieno corpo. Ma prima vorrei che tu provassi ad entrare nella mia mente.
U: Ma come faccio, come potrei mai essere nella tua mente, dentro la tua testa, tu che non ti fermi mai, nemmeno un secondo e i tuoi attimi possono durare in eterno. Non ne ho la capacità, la caparbietà e, se devo essere sincero, mi fa paura questo pensiero. Entrare, ritrovarmi da solo, al buio, al freddo ed aspettare che tu arrivi e che mi prenda le mani per condurmi verso i tuoi spazi più reconditi, più angusti, solo per farmi spaventare, per farmi tremare di paura davanti ad una vastità che posso solo immaginare.
D: Ma dovresti solo lasciarti andare, dovresti solo fidarti di me e perderti nei miei pensieri, tra le mie mani, tra il mio seno.
U: Non ci riuscirei, avrei paura, paura dell'immenso che mi circonda e avrei freddo troppo freddo da poter rimanere lì fermo, a terra, per sempre.
D: Avresti paura di morire?
U: Si, se devo essere sincero.
D: E tu pensi che io possa farti morire di freddo, in una notte buia e tempestosa, senza cercare di salvarti, tu pensi che dentro di me ci sia tutto questo freddo, tutta questa notte buia?! Ti sbagli giovane amico, la tua tenera età parla per te e i tuoi timori reconditi affondano radici in un terreno ormai troppo fertile e la tua fantasia non riesce a fermare questa corsa, anche se lo vorrebbe. Sei attratto da me, ma allo stesso tempo ti neghi, mi neghi, cerci di respingere la bramosia del tuo slancio nei confronti del mio essere più nascosto. Solo il mio odore ti eccita, solo la presenza di me ti compenetra a tal punto che qualsiasi cosa sembra sterile, piatta, priva di vita. Il mio profumo, che arriva e riempie ogni angolo delle tue narici, entra dentro va a bussare ad antichi portoni di legno ormai scuro, per i troppi anni trascorsi in balia di vento, pioggia, neve e sole. Portoni scuri, alti e fieri come giovani soldati, sembrano così forti da togliere il fiato e così austeri da far pensare che sia impossibile aprirli, ma basta poco, credimi, una carezza, un abbraccio, un bacio ed essi si spalancheranno. Questo è quello che ti aspetterebbe se solo tu non avessi così tanta paura di me e di quello che io rappresento.
U: Ma cosa rappresenti tu? Chi sei Tu?
D: Io sono la Vita, quella con la V maiuscola, che bussa una volta sola alla tua porta e non è detto poi che se tu le aprissi le porte lei ritornerebbe ancora a bussare. La Vita è così, è effimera e quindi fugge, ama giocare, adora i giri di pensieri e di parole che possano portare ad un dunque ad una manifestazione del proprio io più inesorabile e più profondo. Sono la Vita che da bambina diventa donna e che ha quindi la goliardica e profonda capacità di ridere o di piangere, di gemere o di urlare.
U: Continuo a non capire, faccio fatica a lasciarmi andare a questo moto perpetuo di pensieri che si accavallano, si scavalcano, e si sovrastano costantemente. Temo che il muro diventi sempre più alto e che prima o poi io possa cadere da esso, verso il pavimento e rimanerci attaccato in una pozza di rosso purpureo liquido in cui l'odore nauseabondo farebbe fermare qualsivoglia essere vivente.
D: Sei troppo incline alla paura, allo sgomento, allo scostamento tra il piacere, l'essere desiderato e il desiderare. Non aneli a ciò che non hai, pensi che quello che non hai non puoi averlo e basta e non provi nemmeno a prendertelo. Ti spaventano i tuoi stessi sussulti dell'animo le tue stesse forti emozioni, che sono lì, latenti pronte a liberarsi e a scatenare tutte le loro forze senza più voglia di essere contenute, placate, fermate, immobilizzate. E si perché tu sei l'immobilismo della vita stessa che si siede e attende che qualcosa succeda ma che non riesce più a prendersi quello che le appartiene: la gioia di poter essere se stessi sempre e ovunque, qui o altrove.